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Forse era un troll… e invece era un #epicfail

Creato il 12 giugno 2015 da Abattoir

Mai toccare la Sicilia ai siciliani
Solo noi siciliani abbiamo il “diritto” e il “dovere” di indignarci per quello che non funziona, di parlar male di questa madre-matrigna che ci prende a calci e fa di tutto per cacciarci via. Siamo fatti così, che volete farci. Eppure una cosa è certa: i siciliani possono anche lasciare la propria terra, ma in fondo la porteranno sempre con loro. Magari non ci tornerebbero (almeno molti dicono così), ma è pur sempre un porto sicuro dove si vuole sempre tornare.
Ma guai se a spalare fango sulla Sicilia è qualcuno che della Sicilia non sa niente. Che si riempie la bocca della parola “mafia” e ci gioca come se fosse uno scherzo, qualcosa su cui fare ironia. Guai se lo fa chi non ha idea di cosa significhi mafia, chi ignora cosa voglia dire vivere gli anni post-stragi, chi non ha vissuto gli anni della lotta alla mafia, chi non ha vissuto le lezioni sulla legalità, gli anni dell’indignazione. Perché in fondo la Sicilia vuole rinascere, ma è l’ignoranza che dà pedate e ci ricaccia lì, in fondo allo stivale…

Perché la mafia oggi non è quello che vogliono far credere le fiction del momento. Palermo e la Sicilia non sono fatte di boss seduti al bar del paesello mafioso, con la coppola in testa e la lupara sulle spalle. Non siamo più negli anni ’60. E avere un’idea così falsata e irreale della Sicilia è da stupidi, superficiali e ignoranti. Né più e né meno.

La mafia esiste, sarebbe da folli dire che non c’è. Ma la mafia è ovunque e in primis nella mentalità della gente, non solo siciliana.

Il caso: ed è subito flame
Una sera qualcuno decide di chiedere consiglio sui social su dove poter passare le vacanze coi figli in Sicilia. I siciliani, notoriamente orgogliosi di mostrare ai “nordici” le bellezze innumerevoli della loro terra, prontamente rispondono. Ma che succede se quella persona esterna la volontà di fare il giro dei paesini mafiosi e di volersi fare un selfie coi boss?
Siamo nell’era dei social, ed è subito #flame. Un manipolo di guerriglieri parte all’attacco (compresa me) cercando di fare notare che l’uscita della persona era tutt’altro che felice e molti le o gli hanno fatto notare che poteva passare le sue vacanze altrove se l’idea della Sicilia era legata ad un cliché figlio del Padrino.

Ma lei (o lui) che fa? Chiede forse scusa per la gaffe? Beh, se fosse stato un professionista del web come recita la sua bio, saprebbe molto bene che davanti una “epic fail” l’unica cosa sensata da fare è ammettere di aver sbagliato e chiedere scusa. Ma che succede se la persona in questione continua con il carico da 90 offendendo i siciliani e tacciandoli di avere una scarsa ironia? Gli si scatena contro un’orda di social media, siciliani e non.

Girovagando tra i social scopro che la suddetta persona non è nuova a questo genere di uscite, pare che il suo sport preferito sia sparare a zero su tutti. Senza se e senza ma.

Io non ti do visibilità
Ecco perché ho deciso di non fare il suo nome. E non mi venite a dire che si tratta di omertà. Si tratta di strategia. Di importanza mediatica ne ha avuta già troppa.
Vorrei però fare una riflessione sul suo modo di abitare i social. Da quello che ho potuto osservare sta costruendo la sua identità digitale seguendo i meccanismi della viralità, ma al contrario: quando vuoi crearti uno stuolo di likers lo fai toccando dei nervi scoperti e ti inserisci nel sentimento di una community. Invece questa persona che fa? Prende i nervi scoperti e ci ficca dentro le dita, li prende in giro senza alcuna pietà e senza alcun rispetto.

Gente come questa è destinata ad avere un seguito? Un seguito di haters sicuramente. Una persona che ha il “fegato” di prendersi gioco in modo così irriverente delle ferite sanguinanti di una terra così bella e maledetta come la Sicilia, non merita neppure che se ne parli, nemmeno nel male.

Poco dopo ho la conferma che di social non ne capisce un fico secco: tutti quelli che hanno risposto a tono alle sue risposte scostanti e superficiali sono stati bloccati. Peccato che le voci circolano e molti contatti (siciliani e non) hanno tolto il follow alla persona, fatto gli screen e condiviso tutto quello che è uscito dalle sue dita.

Spero che la prossima volta ci penserà due volte prima di fare certe affermazioni con questa leggerezza, come se la mafia fosse uno scherzo. E rispondo alla suddetta persona che chiede se la combattiamo con la stessa forza: rispondo che la lotta alla mafia è anche contro il luogo comune e quindi rispondendo a lei stiamo già combattendo la mafia. Perché la mafia vive soprattutto di ignoranza. E purtroppo mi rendo conto, vivendo al Nord, che spesso è quella immagine decadente che hanno le persone della Sicilia, anche di media cultura: ci immaginano con la lupara in spalla, la coppola e con le madri vestite di nero sedute su una sedia davanti una casa con le persiane; pensano che giriamo con giubbotti antiproiettile per schivare le pallottole. La nostra non è una terra facile, ma non è nemmeno questo. La Sicilia è fatta di brave persone che lottano per vivere e costruire un futuro per i propri figli e di persone, come me, costrette per lavoro ad abbandonarla ma che sperano un giorno di tornare…


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