Ero anche io lì ad aspettare l’elezione del nuovo Papa. Non in piazza a San Pietro, questo no. Ed è stato un peccato. Stavo a Roma la settimana prima, giusto in tempo per vedere montato un grande palco traboccante di telecamere e fili e teli per riparare l’elettronica dalla pioggia. Fosse stato quello il giorno, e una talpa in Vaticano mi avesse informato della prossima fumata bianca, sarei rimasto con gli altri, coi turisti e i Romani, sotto l’acqua, sotto al balcone, forse sotto all’ombrello perché detesto la pioggia quando bagna, e poi avrei vagabondato un po’ per Roma e dormito in stazione, che mi è sempre piaciuto dato che la malasorte non mi obbliga a farlo. Abbiamo cenato e aspettato e la comunicazione non arrivava mai. Ero emozionato. Che c’è di male? Tanti lo erano. Ed ero molto curioso. Maya voleva giocare ma papà stava aspettando il Papa alla televisione, quindi non si smuoveva da lì. Fino a che hanno acceso una luce, hanno spostato le tende ed è uscito un vecchio cardinale. Habemus Papam. Mi giravano in testa i nomi: Scola, Dolan e due o tre improbabili che non ricordo già più. Sì, mi ero preparato anche due o tre improbabili. L’Argentino no. Quando il responsabile della comunicazione ha finito di leggere mi sono chiesto chi fosse il Papa. Non avevo capito. Forse non l’aveva detto. Eppure in latino ero bravo. Al che compare la cartolina preparata della redazione. L’arcivescovo di Buenos Aiers. Pochi chilometri e ci saltava fuori il Papa brasiliano. Beh, che faccio? Aspetto. Non l’avevo mai sentito parlare. Pensando all’Argentina, ho immaginato che già ci fossero i fucili carichi con le ombre nere: il Papa della connivenza col male, il Papa che non ha fatto questo quand’era prete, il Papa massone, amico dei dittatori, il Papa che non va bene perché “era”. Così è stato. Notizie vere? False? Medie? Non so. Nei prossimi tempi avrò modo di studiare un poco e farmi un’idea del passato di Bergoglio, anche se il mio interesse – perdonatemi – è a quello che farà. L’approccio tenuto verso di noi che lo aspettavamo? Ma io sono un sentimentale e ho sbavato immobile perché non si vedesse. Mi hanno commosso quel “buonasera”, la sua croce di ferro (che non è un onore militare), i paramenti ridotti all’osso, il fare bonario, umile e umano. Umanità e dolcezza, sì. Ha chiesto la nostra benedizione e io mi sono unito agli altri. Maya voleva giocare al lupo, che consiste a me coperto da un panno rosso che ululo e cerco di sbranarla e lei che scappa, ma papà stava pregando dieci secondi con altri 5.000.000 per il Papa, che avesse pazienza, piccola mia. Poi è arrivato il resto, le cose che fanno notizia, in una Chiesa rivestita d’oro: il conto pagato di tasca sua, il bus con gli altri, la scorta ridotta al minimo. Certo, tutti noi chiediamo molto altro, anche se i primi passi sono stati giusti e ad effetto, dato che non ci siamo abituati, almeno non ai sommi vertici ecclesiali. Chi crocifigge la Chiesa lo crocifiggerà qualunque cosa faccia. È facile crocifiggere l’azione degli uomini e le loro contraddizioni. Pesa di più un prete agghindato di masserie che non San Francesco e questo non è neanche santo, oltre ad essere ancora vivo. Anzi, chi se ne importa di San Francesco? Noi dobbiamo crucifige e basta. È pur vero che se non si può spiegare l’ateismo con le contraddizioni e gli errori madornali della Chiesa, chi è meno disposto a legare con un qualche Dio può pensare che il Vangelo valga ben poco se i molti suoi ministri così male lo incarnano nella propria vita. Oppure che sia troppo per incarnarlo anche solo nella punteggiatura all’interno di qualunque vita umana. Certo, molti lo incarnano bene, fin troppo, e allora li dicono invasati. Non è colpa solo dei consacrati, preti o suore o vescovi che siano. Sarebbe una bella violenza scaricare su di loro il peso della mancata testimonianza. La Chiesa è di tutti quelli che sono innamorati del Vangelo e ogni falso amante è responsabile uguale. La Chiesa è di tutti quelli che hanno trovato nel Vangelo un tesoro. Se trovo un tesoro che non si esaurisce, che faccio? Come minimo ne parlo con la mamma e il babbo. Io da mia figlia lo pretenderei come minimo. «O, sapete che ho trovato un tesoro?» dico. E loro: «Dove?». Venite e vedete, bisognerebbe dire. E poi si va dagli amici: «O, ragazzi, c’ho un tesoro, c’ho il mondo in mano. Vi posso raccontare?». Ancora meglio sarebbe se gli amici, la mamma e il babbo ti vedessero luccicare negli occhi le monete. Mentre mangi, mentre dormi, mentre stai per i fatti tuoi. Che direbbero? Direbbero: «O, che ti è successo, che mi sembri così luccicante?». È che ho trovato il tesoro. Preti e vescovi e suore sono solo uomini e donne che hanno deciso di rischiare un po’ più di tanti mettendoci la faccia, scrivendo a bei caratteri che il tesoro l’hanno trovato e che questa è la mappa. Crucifige. Ma la Chiesa è soprattutto degli altri, della gente comune che s’innamora del Vangelo perché lì vi trova le leggi del cuore. Per il resto, il Papa è senz’altro quello che ci mette di più la faccia. Aspettiamo delle risposte, sì. Io sono felice che abbia tutti quegli anni sul groppone, perché magari ha fretta di cominciare a darle. Aiuteranno chi crede nella mappa del tesoro, ma saranno comunque un chiodo in più per chi ha già un tesoro sotto il proprio cuscino. Francamente, me ne infischio. Io spero in tante rivoluzioni. Una al giorno. Mi basterebbe che fossero attuate nella vita della Chiesa, cioè in casa mia, cuccia del cane inclusa, tutte le rivoluzioni inscritte nel Vangelo. Ma che cosa dico tutte? Una. A scelta. Si apre a caso. E nel portare il Vangelo in casa mia l’impegno di Papa Francesco conta poco, visto che non sa neanche dove abito. Mi piacerebbe che le rivoluzioni fossero tirare fuori, là, e partorite. Il Vangelo ha nei poveri – materiali e di spirito – le proprie primizie. Non è la miseria. È la povertà dove non manca nulla è c’è anche un bicchiere di nocino, alla fine del pasto. Però la Chiesa ricca no. Sarebbe la Chiesa lontana da Dio. Lo dice Lui, mica io. Poi la sua misericordia è infinita, ma è fondamentale che si cerchi di non farLo soffrire così tanto e di non allontanare tutti quei piccoli, noi per primi, che vorrebbero vedere l’impegno alla coerenza. Anche per la poca coerenza di tutti noi – laici e consacrati – uno s’interroga: «Cavolo. Non è che magari questi qua hanno poi davvero trovato un tesoro sotto il cuscino, fatto di mi godo la vita e me ne sbatto e accumulo montagne d’oro? Che ce n’è anche per me?». È naturale che vederti con sette case e la boria nel volto porti a credere quale sia il tesoro che fa battere il tuo cuore. Allora ben venga Francesco come ideale a cui affidarsi. Aspettiamoci tanto, che il minimo di decenza non è mai stato predicato da Gesù. Non aspettiamoci quello che nel Vangelo non c’è o non può essere dedotto senza forzature. Ci salterebbe fuori altro. Tradurre il Vangelo nella propria vita è fondamentale, consapevoli che ogni traduzione si discosta dall’originale; forzare la traduzione ai nostri comodi o aggiungere qua e là pezzetti diversi per vendere, è un’altra cosa. Mi chiedo anche, tuttavia: se il Vangelo l’avesse scritto chi non lo ama e lo ritiene una pagliacciata, magari correggendo qua, mettendo questo là, insomma, una bella carta costituzionale votata a maggioranza, dopo ci giocherebbe sopra la sua vita? Forse sì. È istintivo giocare la propria vita sui personalismi. Mal che vada, se cambia la maggioranza, si rivota la carta costituzionale. Un Vangelo che sa di latte fresco. Da consumarsi entro 72 ore previa bollitura per estirparlo dai batteri, metti che ci sia stata di mezzo una mastite.
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