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Forse un giro a Lourdes….

Creato il 20 luglio 2011 da Silvanascricci @silvanascricci

Prendo spunto da questo post della Ragazza con la Valigia per dichiarare che la prima citata fanciulla ha contagiato il resto della famiglia.

Non contenta di tutti i suoi acciacchi (diciamo pure dovuti all’età) ha pensato bene di fare una macumba che portasse la famiglia a farle compagnia.

Venerdì scorso mi trovavo tranquillamente a lavorare quando sento squillare il cellulare, la fotina, il nome sul display e la suoneria di Bella Ciao dei Modena City Ramblers mi dicono che è il mio gentil consorte a chiamarmi.

Rispondo con il solito “ciao Ciccio” e dall’altra parte sento un istante di silenzio ed una voce impacciata, nonchè femminile, che mi dice: “Mi scusi è la signora Silvana?” un poco stupita, e già pensando all’insolito diversivo di una probabile amante di mio marito, rispondo: “Sì”.

L’anonima vocina dall’altra parte mi fa: “Non si preoccupi, sono la signora Tal dei Tali, volevo avvisarla che suo marito è al pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore, forse è un problema cardiaco, ma non si preoccupi, però se può venire qui il prima possibile….”

Già il “non si preoccupi…è un problema cardiaco” è un ossimoro, poi che diavolo ci fa mio marito al pronto soccorso della concorrenza? questo è uno sleale colpo basso!

Però, senza troppo filosofeggiare, mi fiondo a prendere un taxi e dopo 10′ sono al PS.

Vado alla portineria e chiedo dove è stato parcheggiato mio marito, l’infermiera mi dice: “Deve passare al triage”; al che rispondo che non sono io che devo farmi visitare, ma sto solo cercando una persona.

Quella ripete: “Deve passare al triage”.

Siccome sono una che si muove bene negli ospedali ed ho una faccia di tolla da paura osservo da dove escono gli infermieri e mi fiondo dentro con una spericolata manovra contro mano schivando per un soffio il frontale con le porte automatiche.

Si vede che ho una faccia da addetta ai lavori perchè gli infermieri mi guardano ma non fanno un plissè nè profferiscono verbo alcuno.

Sono dentro e vedo mio marito, bianco come uno straccio, sdraiato su una barella.

Gli vado vicino e gli dico: “Ehi, ciccio, sono arrivata”.

Quello mi guarda, smarrito, e mi dice: “Ah sei qua, ma non serviva che venissi”.

E che cazzo, se non serviva che venissi che cosa mi hanno chiamata a fare?!?

Ma pensando a tutta la situazione, ai precedenti ed al fatto che gli uomini sono moribondi già per un raffredore, desisto dal pronunciare l’obiezione che mi era salita alle labbra e con fare soave gli rispondo: “Ma no guarda, non ti preoccupare, è meglio che sia qua anch’io”.

Facendomi raccontare quanto è accaduto scopro che, mentre era in laboratorio a lavorare, è sbiancato ed è caduto come una pera cotta, dritto sul pavimento senza, per fortuna, trovare ostacoli appuntiti ed angoliformi nel suo percorso; calcolando la mole che ha il mio consorte il botto deve essere stato di qualche centinaio di decibel e devono averlo sentito in tutto lo stabile.

Dopo le visite, gli esami e le flebo, e tenuto in osservazione svariate ore abbiamo scoperto che non aveva avuto nessun attacco cardiaco era semplicemente svenuto perchè aveva fatto, in una decina di minuti, 4-5 escursioni termiche dai 10/15 gradi del laboratorio ai 40/45 del piazzale del parcheggio dell’ospedale e viceversa, la pressione sanguigna si era ribellata a tale trattamento e per vendicarsi era scesa a 40 su 80.

Devo dire, però, che è stata una vendetta perfettamente riuscita.

Passati sabato, domenica e lunedì cominciavo a sentirmi una mosca bianca.

Mia figlia con un dolorino nuovo ogni giorno da aggiungersi a quelli vecchi e stagionati, mio marito stramazzato per terra era riuscito a mobilitare tutta l’area laboratoristica, ed io… ed io… niente?

Così deve aver lavorato il mio subconscio e martedì mattina si è messo in azione.

Mentre camminavo per via Murri il mio inconscio ha pensato fosse il momento giusto e mi ha convinto che il gradino del marciapiede fosse molto più basso di quanto avevo calcolato e mi ci ha fatto inciampare.

Siccome ho un inconscio ipertrofico ha fatto le cose in grande ed io, per non dargliela vinta, altrettanto.

Per non cadere ho “nuotato” nell’aria per qualche secondo, ho girato e rigirato il mio esile corpo fino al contorsionismo, ho fatto volare la borsa ed il computer sulle scale della banca difronte, poi sono caduta.

Mi spiace non ci fosse qualche telecamera a riprendermi perchè devono essere stati volo e caduta artitstici, una specie di tuffo carpiato con doppio avvitamento all’indietro.

Una giuria olimpica mi avrebbe dato tutti dieci per la difficoltà e tutti dieci per l’esecuzione, tutti dieci tranne il germanico che mi avrebbe dato uno striminzito otto per tutto quello che ho sempre detto sui tedeschi.

Aiutata da passanti molto gentili, disponibili ed anche un po’ preoccupati mi rimetto in piedi convinta di non avere subito molti danni, escoriazioni a parte, e riprendo la strada per il lavoro.

Arrivata in ospedale disinfetto le ferite ed applico i cerotti del caso.

In tarda mattinata comincio a sentire un male porco al fianco e vedo in diretta la nascita di un livido di proporzioni di una super nova; ovvio c’era da immaginarselo, vorrà dire che metterò un vesito viola, sì che possa intonarsi alle nuance del livido, successivamente passerò agli abiti giallo-verdi, sempre per restare ton sur ton.

Al pomeriggio la cosa si complica.

Il polso comincia a pulsarmi e a martellare come un carpentiere intento ad abbattere un muro di cemento armato, inoltre comincia a gonfiarsi paurosamente ed ho fatto appena in tempo a togliermi l’anello onde evitare di dover passare direttamente alla sega elettrica per sfilarlo.

Beh, penso, sono già in ospedale (vedi la fortuna di fare certi mestieri), quasi, quasi faccio un salto al pronto soccorso ortopedico fin che sono qui, qui che conosco tutti, che poi, tanto, non è niente (mi danno una pomata e via) così evito di andare, magari di notte, al PS della concorrenza.

Vedete come sono aziendalista io, che Brunetta mi fa una mezza sega a me… tzè!

Veni, vidi, vici! ecco il mio motto, pensavo mentre giungevo al pronto soccorso.

Col cavolo: venni al pronto soccorso, vidi le lastre, vinsi una cartonatura.

Distorsione del polso con incrinatura dello scafoide.

Però non ho fatto venire mio marito al pronto soccorso.



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