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Forum economico turco-arabo: verso una fiducia reciproca

Creato il 08 maggio 2013 da Istanbulavrupa

Forum economico turco-arabo: verso una fiducia reciproca( appena pubblicato su Develop.med dell'Istituto Paralleli)

"Dobbiamo ripristinare le connessioni del passato, dobbiamo tornare a conoscerci". Nelle parole del ministro degli esteri Ahmet Davutoğlu sono condensati la visione e il piano d'azione del Forum economico turco-arabo che - ormai giunto all'ottava edizione - si è tenuto a Istanbul il 4 e 5 aprile 2013. Creato nel 2005 dal gruppo editoriale Al-Iktissiad Wal-Aamal, rappresenta un momento di confronto politico e un'occasione per contatti imprenditoriali.

Il Medio Oriente è diventato uno dei capisaldi della politica estera economica della Turchia, costantemente alla ricerca di sbocchi per le sue esportazioni e soprattutto di investimenti per sostenere il suo boom economico e il completamento della sua modernizzazione (tra gli sponsor privati della manifestazione ci sono soprattutto banche d'affari e aziende attive nel comparto infrastrutturale e nell'edilizia di lusso). I temi trattati, col coinvolgimento anche di banchieri e amministratori delegati di grandi aziende, la "nuova fase" del partenariato turco-arabo, l'integrazione dei mercati finanziari regionali, la finanza islamica, gli investimenti in Turchia, le opportunità offerte dall'Istanbul Financial Centre in corso di costruzione.

Il capo della diplomazia di Ankara ha parlato durante la seconda giornata del forum, in una sessione dedicata alla "Turchia e il mondo arabo". Secondo la sua analisi, la fase attuale è semplicemente il ritorno a un passato - quello dell'era delle "grandi civiltà" - fatto di integrazione e connessioni, spezzate dall'era moderna delle sfere di influenza coloniale e del bipolarismo. La Turchia, col suo nuovo approccio di politica estera, cerca di facilitare questo ritorno al passato in versione globalizzata, anche col sostegno degli uomini d'affari: "le persone non s'incontrano nelle stanze chiuse, ma al mercato", spazio delle transazioni economiche, ma tradizionalmente anche delle interazioni sociali.

Davutoğlu ha elencato gli strumenti attivati: dialogo politico di livello strategico, meccanismi per gli scambi culturali orientati alla valorizzazione della diversità (rigettando invece il settarismo e l'approccio etnico), massima integrazione economica attraverso la creazione di aree di libero scambio e l'abolizione dei visti. L'esempio, che però non ha fatto, è sempre quello di Shamgen, l'accordo con Siria, Giordania e Libano per la libera circolazione delle persone e delle merci tra i quattro paesi, al momento sospeso a causa della congiuntura politica. Il ministro degli esteri del Qatar, Khalid Bin Mohammad Al Attiyah, ha approvato ed è andato oltre: "Non mi basta poter circolare liberamente dal mio paese all'Egitto, voglio poterlo fare su di un'automobile prodotta in Egitto".

Ha invitato pertanto gli stati arabi a lavorare insieme - già da adesso - per il futuro della Siria: "insieme possiamo assicurare il cambiamento". Ha soprattutto auspicato un ulteriore salto qualitativo nei rapporti tra la Turchia e il Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc, nell'acronimo inglese), proprio grazie alla collaborazione nella crisi siriana. Ha ribadito"ma non contro l'Iran", perché secondo Davutoğlu "è necessario lavorare anche con l'Iran", convinto che il regime delle sanzioni "impedisce l'apertura, i contatti reciproci, la modernizzazione". Ha però sottolineato come l'Iran, dal canto suo, debba "fare attenzione a non essere percepito nella regione come una minaccia". Su questo punto Al Attiyah ha dissentito: "A progettare il futuro della Siria devono essere - insieme - Turchia, Egitto e paesi del Gcc, escludendo l'Iran".

In ogni caso, per conseguire una stabilità di lungo periodo nella regione non basterà cacciare Assad e ricostruire un paese distrutto dalla guerra civile. E' alla questione palestinese che va data "una soluzione equa". "Confini del 1967, piena sovranità e Gerusalemme Est come capitale in una regione libera da armi di distruzione di massa" (libera anche da quelle di Israele, ovviamente). "No all'equilibrio del terrore, sì all'equilibrio della pace e della fiducia reciproca", questa la formula riassuntiva di un applauditissimo Davutoğlu a cui ha fatto eco l'ex Segretario generale della Lega araba, Amre Moussa: "La Turchia sta svolgendo un ruolo cruciale nell'aiutare i palestinesi a ottenere i propri diritti".

Il giorno prima, il forum era stato aperto dal vice primo ministro responsabile dell'economia (ed ex titolare del dicastero), Ali Babacan, che ha parlato a una foltissima platea di politici, diplomatici, businessmen. In quell'occasione ha espresso idee vicine a quelle di Davutoğlu, rammaricandosi del volume molto limitato dell'interscambio inter-regionale, ma esprimendo fiducia per un suo rapido incremento grazie al "libero movimento di beni, persone, capitali, energia e idee", fortemente voluto dalla Turchia. Dopotutto, esiste un elevatissimo potenziale inespresso che trae origine dai legami culturali, religiosi e linguistici del passato.

Quel che è più importante, "le interdipendenze create attraverso il commercio aiuteranno a costruire la stabilità e la sicurezza in tutta la regione". Il presidente delle camere di commercio turche (Tobb), Rifat Hisarcıklıoğlu, ha invece sottolineato i passi in avanti già fatti nei rapporti tra Turchia e mondo arabo: nell'ultimo decennio, infatti, l'interscambio è più che decuplicato in proprio valore, fino a raggiungere i 50 miliardi di dollari lo scorso anno; mentre è quadruplicato, nello stesso periodo, il numero dei turisti arabi in Turchia (anche approfittando del mese sacro di Ramadan, che in questa fase cade d'estate).

Nella seconda e conclusiva giornata, l'intervento più incisivo è stato quello del ministro delle finanze turco Mehmet Şimşek, che ha elencato e analizzato i nodi da affrontare e sciogliere in una "transizione di successo" verso la democrazia e la prosperità: assicurare la stabilità macroeconomica, diversificare l'economia, creare nuovi posti di lavoro, incrementare la flessibilità dei mercati, ridurre il peso dell'economia sommersa, inglobare sempre più tecnologia nelle produzioni e nelle esportazioni, offrire formazione di qualità, migliorare la legislazione specifica, investire nelle infrastrutture, ridurre la povertà, impegnarsi in progetti di integrazione regionale.

Mehmet Şimşek stima che nell'immediato futuro "la crescita rimarrà sotto il potenziale e sotto il trend", a causa dell'alto livello del debito e della disoccupazione dei paesi delle "primavere arabe" (in Turchia, si preferisce però parlare di "risveglio arabo") e delle misure di austerità dell'area dell'euro. Ha poi offerto come esempio quanto fatto nella transizione della Turchia verso la democrazia e il benessere: stabilità politica, riforme democratiche, disciplina fiscale (riduzione drastica del debito, dei deficit, dell'inflazione), diversificazione dell'economia, esportazioni, creazione di nuovi posti di lavoro (nel settore privato, più che in quello pubblico), progetti infrastrutturali per connettere tutto il paese ai mercati, riduzione della povertà non attraverso sussidi generalizzati ma attraverso una spesa sociale mirata. Gli altri due partecipanti al panel - il ministro egiziano degli investimenti, il ministro dell'economia e dello sviluppo della Mauritania - hanno dato l'impressione di voler seguire i suoi consigli.


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