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Su Imperfetta elisse una lettura delle Piccole Estensioni secondo Giacomo Cerrai
Non succede quasi mai di sentirsi colti quando qualcuno ha la bontà di occuparsi della tua poesia. Veramente non succede quasi mai che acume e spirito di gratuità convivano nell’analisi di un testo al punto da generare un sentimento di con-passione (intenso qui nel senso di sentire condiviso) che la lettura di quel testo dedicato, sa suscitare anche in chi legge senza conoscere la poetica di cui si sta parlando. Con le Estensioni mi è capitato già due volte, prima con la postfazione al libro scritta da Giorgio Bonacini e ora con questa nota di Giacomo Cerrai. Mi è capitato, e mi capita ora, che le parole sulla mia poesia scritta e licenziata diventino un’indicazione importantissima riguardo la direzione di quella che sto scrivendo ora, come se uno, due paia di occhi diversi prestati a uno stesso “campo” inevitabilmente colgano dell’altro mimetizzato sotto un panorama ormai troppo noto a chi lo ha abitato a lungo. Si sente molto precisamente quando un testo sulla poesia di un altro svolge inevitabilmente un compito che in un qualche imperscrutabile modo agirà fatalmente su tutto quanto il poi di quella poesia. Perché a ogni vero riconoscimento, almeno nel mio caso, segue una sorta di scomunica che aumenta l’urgenza di imparare a credere sempre un po’ di più a una differenza ulteriore rispetto a tutto quanto resta apparentemente immutato. Perciò sono immensamente grata a Giorgio Bonacini e Giacomo Cerrai, davvero.