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Per fortuna mia ci sono i cineasti scandinavi e danesi. Io amo profondamente e in modo viscerale, il loro modo di rovinarti anche le migliori giornate. Masochismo, eh!
Forza Maggiore, chiaramente, appartiene alla categoria. Prima di cominciare un avvertimento: non è un banalissimo e scontatissimo film contro la famiglia e il matrimonio. Vi piacerebbe, ma è la lettura più immediata e fuorviante, tipica della società dei e delle singles anche in coppia, ma vi dico: non è questo.
Sicché, o caro il mio saccente e petulante occhialuto, svelaci il segreto. Di che parla?
Cominciamo dall'inizio. Una apparente allegra famiglia svedese ( ma tu sai che non esistono persone felici in Svezia, quindi sai che capiterà a loro qualcosa) passa un periodo di vacanza in montagna. Sciano, passano un po' di tempo insieme, poiché il padre è sempre impegnato con il lavoro. Già qui partiamo male. Il tempo da passare insieme è fondamentale, sopratutto con i figlioli e infatti l'uomo è abbastanza impacciato e la donna si accorge che non sarà proprio la vacanza dei loro desideri. Sai quelle piccole fratture nel rapporto, taciute, quelle che desideriamo non vedere. Ecco, quelle! Tornano a galla prima o poi e son dolori. La famiglia in ogni caso sta cercando faticosamente un equilibrio interno. Nell'albergo trovano una connazionale : una di quelle che seguono i rituali borghesi dell'individualismo sentimentale e sessuale, anche se sei sposata. Che io sono io e l'utero me lo gestisco come un'azienda, un supermercato. Nella più totale solitudine, ma convinta di essere felicissima e moderna . La parola chiave: moderna. Donna che cambia partner stancamente, come sono tristi le sue serate di sperma e vino, e l'ottusità di creder che il suo comportamento vada benissimo per le figlie ( loro sono felici, dirà a un certo punto ma è una sua convinzione campata in aria) a questa compagnia allegra si uniranno un amico di famiglia con la sua giovanissima amante.
Quindi già l'introduzione ti fa notare come ci si ritrovi in pieno film nordico. Aspetti solo la tragedia. E non ti preoccupare che arriva.
Una valanga. Di quelle causate (per non so quale motivo) quelle che dovrebbero esser controllate e invece non ci riescono del tutto. Il padre fino all'ultimo ( anche quando è chiara la situazione di pericolo) sminuisce il problema, fino a quando la neve sovrasta la terrazza dove stanno mangiando la colazione. Lui scappa . Riscrivo: scappa. Lasciando figli e moglie in una situazione di pericolo mortale. Che per fortuna non avviene. Nessuno si fa male.
Da quel momento scatta la progressiva disgregazione della famiglia, quello che era sepolto viene a galla. L'uomo non vuole prendersi le sue responsabilità, che sarebbe ammettere la sua fuga. Si nasconde dietro a tanti non ricordo, cerca di evitare un chiarimento con la moglie. La donna è l'unica che cerca di mantenere un equilibrio (molto fragile) sia sulla famiglia, che sul fatto appena successo.
Lei è la nostra guida verso il tema centrale: come ci comporteremmo noi? Scapperemmo o no? Facile essere eroi in sala, ma nella realtà? E chi l'ha detto che la codardia non sia un fatto naturale? La sopravvivenza atto estremo di individualismo o gesto umanissimo, che dovremmo comprendere. Anche se quel gesto significasse l'abbandono della famiglia , dei nostri figli?
L'incapacità di conoscersi e di comunicare con gli altri ci porta a fare scelte certamente naturali, ma non per questo giuste. Questo tema è presente nella pellicola. Se pensassi solo a te ( sia quando scappi dalla valanga sia quando ritenendoti donna libera non tieni conto dei sentimenti altrui e ti affanni alla ricerca di una fragile felicità di pochi minuti) la situazione ti sfuggirebbe di mano facilmente. Gli altri esistono nonostante tutto e ti chiedono una spiegazione dalla quale non puoi né nasconderti né fuggire. Perché questo servirebbe solo a creare ulteriori distanze.
Il protagonista fa proprio questo. D'altronde come biasimarlo. Nella società occidentale conta solo l'Io che deve esser libero e indipendente dai legami sentimentali, dalla condivisione, empatia, da tante cose. Importa solo l'individuo e la sua felicità materiale ed istantanea. I personaggi di codesta pellicola soffrono tutti di questa malattia dell'anima. Tutti.
L'unica che cerca di far qualcosa è la moglie .Sbagliando, non riuscendo a governare la situazione, ma cerca .Lei ha compreso che la nostra vita è una lunga strada fatta di responsabilità e scelte , e queste presumono un impegno e un "sacrificio" verso i quali non possiamo far finta di nulla e scappare. Lo spiega benissimo al marito e alla loro amica ( bellissimo il dialogo tra le due, dove viene fuori il nulla assoluto delle fragili libertà entrate nel vivere e pensare quotidiano, quindi nemmeno ribelli e rivoluzionarie,ma pateticamente borghesi) invano.
A questi personaggi soli, smarriti, immaturi si associa la coppia formata da un amico della coppia e la sua nuova compagna, una ragazza molto più giovane di lui. Proprio lo sfogo amarissimo della moglie del protagonista , scatenerà una lunga riflessione sul loro rapporto. Lasciando emergere contrasti e insicurezze. Anche i tentativi dell'amico di dar una mano alla famiglia in crisi si mostreranno errati e frenati da quella che potrebbe sembrare timidezza o imbarazzo, in sostanza è solo : non saper dialogare, aprirsi, agli altri,
Un film di grande potenza morale, con personaggi veri più della vita, un'opera amara e profonda. Una di quelle pellicole che spingono a riflettere sulle nostre debolezze, non permettendoci di raccontare frottole prima di tutto a noi e poi agli altri.
Imperdibile
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