Magazine Cultura
Genere: romanzo
Paese: la scrittrice è italiana, ma il romanzo è ambientato tra il Sudafrica e la Namibia.
Zoe Du Plessis è un’afrikaner, discendente degli ugonotti francesi che alla fine del 1600, nel tentativo di scappare dalle persecuzioni religiose, si imbarcarono per la Colonia del Capo. Attraverso diari personali e memoria storica tramandata di generazione in generazione, riesce a ricostruire la storia di tutta la famiglia e di una maledizione xhosa che colpisce le primogenite Du Plessis. Ma Zoe è una scienziata, una paleoantropologa per la precisione, ed ovviamente non crede a queste cose, fino a quando l’uomo che ama non muore durante un tentativo di rapina nella pericolosissima Johannesburg, esattamente come è successo a molte sue ave. Forse per esorcizzare la perdita, decide di imbarcarsi per il deserto del Kalahari, in Namibia, dove per molti mesi cerca gli “scheletri di Adamo ed Eva”, convinta che la vita umana possa aver avuto origine a sud dello Zambesi, diversamente da quello che dicono le teorie più accreditate. Qui si incrocia con i boscimani, depositari di tradizioni e sapienze antichissime legate alla loro terra, ma anche con il senso di colpa afrikaner. La segregazione razziale è infatti finita, ma i discendenti dei coloni boeri sembrano ancora incerti del loro ruolo nel continente africano. Le loro relazioni interpersonali e sociali nella nuova democrazia sudafricana sono messe in ombra dal rimorso perenne di decenni di apartheid. Come precisa l’autrice, le strategie del marketing editoriale hanno trasformato quella che è una storia sudafricana in una “storia d’amore in Sudafrica”, ma il libro è molto più di questo. La storia d’amore, con uno scrittore sudafricano che ha pagato la sua opposizione al regime con la perdita di quello che aveva di più caro nella vita, ovviamente c’è, ma non è l’unico fattore che mantiene il ritmo del libro incalzante.
Si tratta di un romanzo che evoca in maniera dettagliata e poetica i maestosi paesaggi africani, che variano da quelli urbani di Johannesburg, fino ai deserti del Karoo e del Kalahari, estremamente solitari ma anche corroboranti, e ai vigneti del Finistère, rifugio per Zoe che proprio qui affonda le sue radici familiari. Con un romanzo ben documentato che travalica numerosi generi – romanzo del mistero, romanzo d’amore, romanzo giallo, romanzo storico – Arianna Dagnino ci presenta un paese, il Sudafrica, certamente difficile, in cui diverse culture convivono, ma non sempre pacificamente, in cui ci sono contraddizioni enormi e in cui bisogna sapersi mettere in relazione con la natura dirompente, a volte crudele dell’Africa australe.
Arianna Dagnino, giornalista e autrice di saggi, ha avuto l’idea - per così dire un po’ balzana nel panorama della letteratura italiana - di scrivere un romanzo ambientato in Sudafrica, anche forte degli anni che lei stessa ha vissuto nel paese di Nelson Mandela. Abbiamo quindi a che fare con un libro sudafricano filtrato da occhi italiani, anche se il filo che lega il romanzo all’Italia è piuttosto sottile. L’unico italiano, infatti, muore nel primo capitolo! Non facile forse da digerire ed apprezzare per i cultori della letteratura italiana, abituati a romanzi scritti e ambientati esclusivamente in Italia. Arianna Dagnino, infatti, sta conseguendo un dottorato sul “romanzo transculturale” alla University of South Australia e risiede attualmente ad Adelaide. Si definisce una nomade per vocazione (il suo sito è www.nomads.it), avendo vissuto a Londra, Mosca, Boston e Johannesburg, prima di approdare in Australia.
Piccola curiosità: nei ringraziamenti finali si nomina il "vicino" di Adelaide, J.M. Coetzee, che si è prestato a rivedere i termini e le espressioni in afrikaans contenuti nel libro!
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