Di solito si ha un’idea molto romantica di come possa essere fotografare matrimoni, in località esotiche.
Ma al di là di quest’ideale c’è una realtà diversa, che comporta effettivamente impegni molto pratici.
Fotografare matrimoni a tempo pieno è un lavoro duro e faticoso, senza contare i voli internazionali su base settimanale, necessari a coprire i matrimoni senza perdere l’occasione di fare lezioni e seminari in tutto il mondo.
Ma cosa spinge alcuni di noi a immergersi in questo mondo, che richiede un grande impegno e lunghi spostamenti?
Sotto le fotografie che vedrai in questo articolo si snoda una linea narrativa e c’è l’impronta di un individuo che ha ridefinito completamente il significato della fotografia di matrimoni in posti lontani.
Jonas Peterson – Vincitore del premio per la Fotografia di Matrimoni in luoghi lontani
A un certo punto della mia carriera è arrivato un momento di svolta: si è verificato una notte ben precisa, di molti anni fa.
Quel momento ha dato il via a un cambio monumentale nel mio lavoro e nella mia prospettiva e posso attribuirlo a un singolo fotografo.
Era tardi e stavo sfogliando alcune fotografie, ammirando gli artisti talentuosi che le avevano scattate. Poi è successo. Ho visto la prima fotografia che mi abbia mai commosso.
Mi sono soffermato a guardare meglio la foto e sono rimasto senza parole, come se i pianeti si fossero improvvisamente allineati. La narrativa della fotografia, la prospettiva da cui stavo guardando e la tonalità dell’immagine di fronte a me hanno cambiato il modo in cui avrei guardato alla fotografia di matrimoni da lì in poi, per sempre.
L’uomo che ha creato quell’immagine è Jonas Peterson.
Sono passati anni e, in questo lasso di tempo, ho continuato a seguire i suoi lavori fotografici e i suoi workshop, che tiene un po’ in ogni parte del mondo.
Durante questo periodo mi ha sempre stupito che l’unico interesse che sembra suscitare Peterson in internet graviti intorno ai suoi lavori di fotoritocco e alla sua attrezzatura.
In ogni fotografia che crea, la sua firma, la sua presenza, si sentono forte e chiaro. Mi sono, quindi, preso la responsabilità di aprire un dialogo con Peterson per conoscere l’uomo dietro le fotografie che hanno inciso sulle vite di tantissime coppie e artisti che a lui si stanno ispirando.
La partenza
Sostanzialmente, è tutta la vita che Peterson racconta storie.
Ha studiato arte drammatica e teatro prima di entrare, negli anni ’90, nel mondo della pubblicità, come scrittore. Ha lavorato quasi dieci anni per alcune delle migliori agenzie pubblicitarie del mondo, ha vinto numerosi premi e, ironicamente, nel frattempo ha iniziato ad annoiarsi moltissimo.
“Ho sempre voluto condividere storie emotive e stavo lavorando per marche mondiali, vendendo oggetti alle persone”, racconta Peterson.
Quando è uscito dal mondo della pubblicità, nel 2008, ha sentito l’esigenza di tornare al vero nucleo delle cose e si è preso del tempo per trovare intorno a sè quel che l’aveva sempre affascinato: le storie.
“In quel periodo molte persone che conoscevo si stavano sposando e, siccome mi ero occupato per tanti anni di fotografia, ho iniziato a interessarmi alle storie raccontate dai fotografi di matrimoni. Sono rimasto colpito dal loro scarso livello e da come raccontassero male le storie delle persone ritratte”, afferma.
Le fotografie sembravano raccontare una storia completamente diversa dal matrimonio reale. Così, verso la fine del 2008, ha deciso di fare il suo primo servizio fotografico di un matrimonio, per raccontare la storia che sentiva di dovere raccontare.
Nonostante non si aspettasse la grandissima risposta positiva che ha suscitato, Peterson si è adattato rapidamente e da allora ha proseguito lungo questo folle percorso.
“Diciotto mesi dopo aver fatto il mio primo servizio per un matrimonio, American Photo mi ha inserito nella sua lista dei ‘Dieci Migliori Fotografi di Matrimoni del Mondo’, insieme a persone che avevano fatto questo mestiere per più di vent’anni. È stata, e lo è ancora, una cosa completamente folle.“
Il decollo
Peterson non si aspettava neanche una minima parte del successo che ha ottenuto.
Era uscito dalla pubblicità per fuggire dalla ricerca del successo. Per lui, la fotografia di matrimoni era un modo di raccontare storie senza preoccuparsi di diventare il migliore al mondo.
Quando si è reso conto di stare realizzando qualcosa di interessante, la parte competitiva della sua mente è entrata in gioco e lo ha spinto a vedere se potesse fare la differenza nel selvaggio mondo della fotografia di matrimoni.
Creativamente non si sente arrivato, e forse non ci si sentirà mai. Ci sono sempre nuove cose da imparare e perfezionare.
Cosa ha imparato, quindi, fin’ora? Ad accettare la sua voce creativa.
“Non penso che il problema sia trovare la tua voce creativa, secondo me si tratta più di accettare quella che già possiedi dentro di te”, spiega.
Cavalcando quest’onda ha iniziato quasi subito a estendere i suoi lavori su scala internazionale. È sembrato naturale spingersi verso l’estero.
Mantenere l’altitudine e la discesa
Una delle cose che Peterson sottolinea sul suo sito, e che ammiro moltissimo, è come arrivi a un matrimonio serbando in sè un “senso di ingenuità”.
Il suo obiettivo è quello di raccontare la storia dei protagonisti del matrimonio, invece che crearla. Per farlo, ascolta senza avere un piano predeterminato di cose da fare.
“Lascio che siano le persone e la loro storia a guidarmi, è solo quando arrivo a casa che prendo gli elementi che mi sono stati dati e metto insieme la storia”, mi racconta.
Dopo aver finito di fotografare il suo primo matrimonio, nel 2008, era molto eccitato. Sapeva quello che voleva fare ed era certo che sarebbe riuscito a ottenerlo. Il resto era in mano al destino.
“Quando a metà del pomeriggio ho finito le memory card ho iniziato a sentirmi male.“
Con tutto questo immediato successo e i riconoscimenti ottenuti ovunque, è giunto al bilancio della sua vita personale e professionale.
Peterson ci tiene a spiegare quanto sia stato difficile. Ha raggiunto il suo livello di successo materiale al costo di sacrifici immensi, e fa notare che i fotografi di matrimoni in destinazioni esotiche vengono celebrati come eroi, ma non è tutto oro quel che luccica.
“Per ogni scatto con l’abito e gli elefanti sullo sfondo ci sono infiniti venerdì sera passati da solo in un hotel da qualche parte del mondo, senza le persone che ami. Devi chiederti se sei disposto a passare metà dell’anno in viaggio da solo o se vuoi iniziare a costruire una rete lavorativa in un posto in cui tu possa passare più tempo con le persone che significano molto per te”.
Essendo anche io un padre, concordo completamente con lui quando afferma che la paternità influenzi fortemente il legame emotivo che si crea con le persone che fotografi.
Per quanto riguarda la paternità e gli effetti che ha sui suoi lavori, la sua sensazione è che tutta l’arte emerga da un luogo profondo dentro di sè, carico di nostalgia.
Tendiamo a creare le cose che mancano nella nostra vita e lui ha sempre cercato l’amore e la connessione con gli altri.
“Ho avuto un rapporto sempre abbastanza distaccato con mio padre e, per questo, nelle mie relazioni penso di aver sempre cercato connessioni più profonde. I miei due figli mi hanno dato una base forte, ma credo che le mie creazioni vengano da un altro luogo, da quel buco nel mio cuore.“
Peterson crede che ci sia una forte connessione anche con i luoghi e con la natura. La sua sensazione è che la connessione non sia solo tra due persone: essa è il tempo, il luogo e tutto il resto. Se gli evoca emozioni, la accoglierà e la impiegherà nella sua storia.
La sosta
Negli anni Peterson ha insegnato in innumerevoli workshop, notando che molti fotografi in un senso o nell’altro si sentono persi.
“Ci facciamo intrappolare dalle cose da fare, dai preset, dai software, dagli obiettivi, dall’attrezzatura e un milione di altre cose e tendiamo a dimenticare le persone che ci siamo prefissati di ritrarre”, afferma Peterson.
Ha raccontato storie per così tanto tempo da prendere la decisione di dare anche agli altri degli strumenti semplici, ma potenti, per raccontare nuove storie cariche di emozioni, mostrando nel contempo alle persone il potere delle storie in tutti gli aspetti della vita.
“Connettiti con le persone e la tua vita migliorerà, il tuo business crescerà. Senza connessioni, nulla ha senso”.
Nei suoi workshop spiega come raggiungere quest’obiettivo, esprimendo anche l’importanza di scoprire che tipo di storie vuoi raccontare. La sua sensazione è che, una volta che trovi il nucleo, ogni cosa andrà a posto da sola.
Si vede a raccontare storie per il resto della sua vita, anche se sarà improbabile che tra 10 anni stia ancora raccontando storie di matrimoni.
Non vuole fissare obiettivi per il futuro, perché la vita l’ha già sorpreso troppe volte.
“Se dieci anni fa mi avessi detto che oggi sarei stato un fotografo internazionale di matrimoni, me la sarei fatta sotto dal ridere.”
Quando ci prepariamo per fotografiare un matrimonio o qualsiasi altro evento importante nella vita di qualcuno, sembra tutto molto semplice.
Indipendentemente da come arriviamo al risultato finale, è raro che ci sentiamo soddisfatti al 100% con quello che riusciamo a produrre. Personalmente, penso che questa sensazione di incompletezza giunga da un luogo sfumato tra i sogni e la realtà.
I miei risultati non sono quasi mai all’altezza di quel che vorrei, eppure continuo a lavorare al ritmo di 50 prenotazioni all’anno, con la consapevolezza che il mio lavoro ha un impatto fortissimo sulle vite delle coppie che mi scelgono.
Peterson racconta una storia tutto sommato semplice: trova il nocciolo di quello che stai cercando di dire e porta in superficie la storia con sincerità, cercando di essere sempre presente.
Dimenticati dell’attrezzatura, dei preset, del posto in cui ti trovi. Guarda quello che c’è direttamente di fronte a te e inizia a creare la storia che vedi.
Puoi seguire Jonas Peterson su Facebook e Instagram.
Articolo di PAUL ROBERT BERMAN, liberamente tradotto dall’originale: https://fstoppers.com/documentary/destination-wedding-photographer-jonas-peterson-and-art-story-telling-70541