di Giovanni Agnoloni
Fotografare un balletto: mostra di Marco Chiarantini
La recente mostra personale del fotografo Marco Chiarantini allo storico Caffè Letterario delle Giubbe Rosse, a Firenze, ha avuto per tema il mondo del balletto, trasmettendo suggestioni di “tempi andati”, di teatri lontani e appartenenti a un mondo in qualche modo finito, ma ricche di una “ritualità artistica” che sembra innata nei movimenti dei ballerini raffigurati.
Siamo lieti di offrire una selezione di queste immagini, tratte dalla pagina facebook dell’artista, al quale colgo l’occasione per rivolgere alcune domande, partendo da cosa significa fotografare un balletto.
1. Perché il balletto, Marco?
Ho scelto il tema del balletto perché mi piace il movimento e perché, allo stesso tempo, trovo molta grazia nei movimenti dei ballerini. In questa mostra, tuttavia, non mi interessava mettere tanto in risalto queste qualità, quanto evidenziare la diversità di lavoro che c’è tra la fotografia digitale elaborata e quella analogica.
2. Come vivi la dimensione del digitale, in un mondo che – anche in ambito fotografico – di analogico (con tutti i pregi di quella dimensione artistica) non ha quasi più nulla?
Le foto analogiche sono datate 1996 e la mia prima personale risale al 1999. L’uso del bianco e nero è dovuto nel primo caso al fatto che, all’epoca, non esistevano pellicole sensibili a colori e l’uso della pellicola in b/n era d’obbligo.
Per me la fotografia digitale è il massimo, perché con essa ho la possibilità di esprimere al meglio il mio lato artistico. La mia mostra più recente, prima di questa, era del 2011.
3. Ci sono artisti visuali – anche al di fuori della fotografia – a cui ti ispiri, in modo particolare, nel tuo lavoro?
In realtà, no, non mi ispiro a nessuno, e nelle mie foto cerco sempre di esprimere qualcosa di originale.
4. Quali i tuoi progetti per il futuro?
Per il futuro ci sto pensando ad altre mostre e nuovi locali dove portare sia nuove che vecchie fotografie.
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