È una fotografia che fa stringere il cuore, che più e meglio di tante parole parla di vita e di morte, di ricchezza e di povertà, di mondi agli antipodi che si toccano in quelle due mani, quella di un bambino consumato dalla fame e quella di un missionario.
L’ha scattata nell’aprile del 1980 il fotografo inglese Mike Wells nel distretto di Karamoja in Uganda, una regione caratterizzata dal clima più secco del paese che provoca siccità e carestie. La carestia di quell’anno in Uganda, tra le peggiori della storia, provocò la morte del 21% della popolazione e del 60% dei bambini. È stata superata probabilmente solo da quella finlandese del 1696 che uccise un terzo degli abitanti di quel paese.
Una volta realizzata l’immagine, Wells la inviò all’agenzia per la pubblicazione, ma restò inedita per cinque mesi. Dopo di che la stessa agenzia la mandò a concorrere al World Press Photo Award senza l’approvazione del fotografo che vinse il premio ma dichiarò di vergognarsi per averlo conquistato con una immagine di un bambino che moriva di fame.
Sono passati oltre trent’anni, ma in Uganda e in particolare in Karamoja la situazione non è assolutamente migliorata: carestie, siccità e violenza tra le quattro minoranze etniche persistono e i suoi abitanti continuano a vivere e morire drammaticamente.
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