Il cancro al seno: uno degli peggiori incubi di ogni donna. Ancor più lo era negli anni Novanta quando la prevenzione era meno diffusa, le diagnosi arrivavano tardive, le terapie erano meno efficaci di oggi e gli interventi chirurgici si rivelavano devastanti.
Nel 1991 all’artista e modella Matuschka venne diagnosticato un tumore alla mammella per il quale subì la mastectomia completa. Dopo il trattamento decise di dedicarsi anima e corpo, è il caso di dirlo, alla diffusione delle conoscenze su questo tema. Come affermò: “Io ho perso una mammella, ma il mondo ha acquistato un’attivista”. E la sua attività fu straordinariamente efficace, come fu sottolineato dai dirigenti di diverse istituzioni e associazioni internazionali.
Numerose furono le iniziative che realizzò e sostenne, ma fu soprattutto l’autoritratto fotografico con la cicatrice della mastectomia in bella vista, pubblicato il 15 agosto 1993 sulla copertina del New York Times Magazine intitolato Beauty out of Damage che ottenne una risonanza internazionale.
L’immagine colpì i lettori, quasi li traumatizzò. Matuschka aveva sfidato un tabù legato al cancro: era una parola che non doveva essere pronunciata, si sostituiva con l’espressione “un brutto male”, figuriamoci se se ne potevano mostrare gli effetti devastanti sul corpo.
La fotografia rappresentò una svolta nel modo tradizionale di rappresentare e guardare la malattia e chi ne è colpito: è entrata nel nostro immaginario, facendo riflettere e provocando emozioni più di tanti discorsi e meglio di tante campagne.
Matuschka vinse con questo scatto numerosi premi sia fotografici che umanitari, incluso l’Humanitarian of the Year Award.
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