Love is the wizard of Oz, ThE HoUse Of Oops, New York
(foto di occhio di capra)
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Mi hai mandato questa foto insieme alle altre della tua nuova casa a New York. È una casa bellissima, con le pareti colorate e le stanze sospese, le bandierine da festa attaccate sui muri. Si chiama The House of Oops e io non ti ho chiesto perché. Una sera, mi hai detto, avete ospitato un circo e c’era un sacco di gente, i giocolieri e i mangiatori di fuoco. Non ho mai visto un circo in una casa e quando me l’hai raccontato avrei voluto essere con te.
Qualche volta ho scritto per te, perché ti voglio bene, perché ti guardavo e scrivo sempre dove guardo. Una volta abbiamo scritto insieme. È stato come spogliarsi a vicenda, e mi sembrava che il tuo corpo fosse più bello del mio, e a te sembrava che il mio fosse più bello del tuo. Ma non aveva importanza perché eravamo soltanto parole nude davanti a cui tutto il resto perde di significato.
Tu ricordi quando abbiamo scritto insieme?
Era inverno, era tardi, io mi ricordo tutto. Sono un mostro come Baudelaire, una specie di chimera orrenda. J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans. Mi pesano tutti sulla schiena, in fondo agli occhi, perché sono i ricordi delle cose che ho visto, delle parole che ho letto, delle parole che mi hanno scritto e di quelle che ho scritto. Mi pesa tutto l’amore messo a frutto e quello marcito, che è la maggior parte. Mi pesano tutti i complimenti e tutti gli abbandoni e tutte le ragioni inesistenti che hanno preceduto gli addii, e le mancate appartenenze. Mi pesano tutti i ritorni che non sono avvenuti, e le cose che non ho detto me le sogno ancora la notte, nei sogni diventano sabbia densa da cui riesco a liberarmi la bocca.
Ricordo la prima volta che ho visto il mago di Oz. Ero una bambina, stavo coi nonni. Era una mattina d’estate. Il libro non l’ho letto mai, non so perché. Il film era orrendo, mi sembrava bellissimo. Mi sono immedesimata subito nel leone. Mi piacevano i leoni, perché erano luminosi, coraggiosi, regali e fieri. Dicevo che erano i miei fratelli perché sono nata ad agosto. Il leone di Oz è senza coraggio. Anche io sentivo di non averne. Ero una bambina sensibile, non facevano che ripetermelo, ma non volevo essere sensibile, mi sentivo sbagliata, mi sembrava che la sensibilità avesse a che fare coi pianti, con la debolezza e con la paura. E io volevo essere un leone. E mi mancava qualcosa.
Dormivo con la luce accesa, lo faccio ancora. Devo distinguere le forme nella stanza altrimenti soffoco. Sarà una questione di sabbia, sarà una questione di vuoti. Non so che può succedere al buio, a me succede questo: che non vedo le cose che esistono e se non le vedo non esistono e se loro non esistono smetto di esistere anch’io e se smetto di esistere significa che sono morta, e io non voglio morire.
Lo so, è ridicolo, come tutte le paure.
Cerco di capire perché l’amore sia il mago di Oz. Tu l’hai capito perché? Credo che abbia a che fare con la questione dell’invisibile, che poi è quella che in qualche modo ci muove. Amiamo le cose che non vediamo, le desideriamo, le riconosciamo negli altri. Allora ci mettiamo a desiderare gli altri, o le cose degli altri e dimentichiamo chi siamo e dimentichiamo che esistiamo. E quando abbiamo già quello che desideriamo è come se non l’avessimo affatto, non lo vediamo e continuiamo a cercare, come fa il leone col suo coraggio. Che c’entra l’amore col mago di Oz, che dopotutto è un impostore, un uomo buono e un pessimo mago, e crede di essere un pessimo uomo e un ottimo mago, che c’entra questa cosa dell’invisibile, dell’errore, della finzione e della ricerca continua, della suggestione e del desiderio, che c’entra chiedersi che c’entri quando diventa chiaro che l’amore è il mago di Oz?