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Fouad Laroui, lo scrittore marocchino che si credeva Shakespeare

Creato il 11 marzo 2013 da Chiarac @claire_com_

collLa settimana scorsa al Festival de la Fiction Française che si è ormai concluso (secondo me con un ottimo bilancio), è stata tutta per Fouad Laroui, venuto in Italia a presentare il suo libro L’esteta radicale (Del Vecchio Editore, 2013; traduzione dal francese di Cristina Vezzaro; pp. 145, 13 euro).

Alla presentazione di Roma, dove sono stata anche io, Laroui è stato introdotto da Samia Oursana, giornalista marocchina rappresentante delle 2g e da Paolo di Paolo, giovane scrittore italiano nonché lettore del libro. E il pubblico, numeroso e attento, presente nella sala del Centre culturel Saint-Louis di Roma, ha potuto conoscere un uomo estremamente brillante, colto, dal francese fluente, simpatico e pronto alla battuta. E infatti non sono mancati gli applausi e i momenti ironici.

Nato a Oujda in Marocco, Laroui frequenta l’università a Parigi dove studia ingegneria. Docente di econometria e scienze ambientali, vive ad Amsterdam e oggi insegna letteratura francese all’università: “perchè in Olanda le università godono di molta autonomia”. E anche e soprattutto perchè, da sempre, il suo sogno era quello quello di diventare scrittore. Come racconta in questo video, in realtà Laroui avrebbe voluto studiare storia, letteratura e filosofia, ma poiché era piuttosto bravo nelle materie scientifiche, il suo professore della scuola superiore lo aveva indirizzato verso gli studi tecnici.

Un momento della presentazione di giovedì

Un momento della presentazione di giovedì

Ma quando la passione chiama, non puoi resistergli e così Laroui ha cominciato a scrivere. Oggi è autore di numerosi racconti e romanzi e di un saggio sulla questione linguistica in Marocco (tra arabo classico, dialetto marocchino, francese e berbero era facile intuire che la questione si sarebbe tramutata in dramma) molto interessante: Le drame linguistique marocain, ed. Zellige 2011, di cui su ALMA blog si è scritto recentemente. Nel 2010 il suo Une année chez les Français è stato candidato al Premio Goncourt.

L’esteta radicale (il titolo originale in francese è: Le jour où Malika ne s’est pas mariée, pubblicato dalla parigina Julliard nel 2009), deve il titolo ad uno dei racconti che compongono questa raccolta di 8 instantanee del Marocco di oggi. Con uno stile fresco e lineare, alternando nel testo parole del dialetto marocchino, Laroui racconta un paese alle prese tra modernità e tradizione, senza cadere nella trappola della facile demolizione degli stereotipi, che si sprecano quando si ha a che fare con questo – forse abusato – binomio. Sono racconti che si lasciano leggere velocemente (ho letto finora i primi quattro), grazie all’uso di un linguaggio asciutto ma allo stesso tempo carico di ironia e di “tenerezza”, come ha sottolineato di Paolo, e che soprattutto invitano a riflettere: non solo sul Marocco contemporaneo, ma sul mondo di oggi.

La loro particolarità si rintraccia proprio nella vena tragicomica che li pervade tutti, per cui Laroui scherzosamente si è definito uno Shakespeare marocchino. Sono racconti in cui la tonalità comica si mescola e si alterna a quella drammatica, che l’autore definisce come nati dall’incontro tra Voltaire e…sua madre. Che quando la vita le presentava troppe difficoltà, si metteva a ridere perchè, come recita un detto popolare “il troppo dolore fa ridere”. Proprio come affermava Voltaire!

È impossibile non sorridere nel leggere come Laroui tratteggia il profilo del protagonista del primo racconto, il non più giovane maestro Abbas (con la pancetta, bassetto, lenti spesse) che vorrebbe sposare la giovane Malika, 16 anni, un futuro già programmato in Francia, che non ci pensa minimamente a legarsi ad un uomo più anziano di lei che la vorrebbe in casa a sfornare tanti pargoletti mentre lui insegna e scrive poesie in arabo classico.

Il tono del terzo racconto “Il giorno in cui Saddam fu impiccato” è invece totalmente diverso: a partire da un evento di rilevanza internazionale, la morte di Saddam Hussein, nella famiglia di Jafaar, marocchini berberi del Rif emigrati da anni in Olanda, si scatena una piccola tragedia perchè il padre sente che con la morte di Saddam, il mondo ha voluto umiliare tutti gli arabi. E si rinchiude su se stesso, lentamente e con disperazione.

Nel video che trovate qui di seguito, Paolo di Paolo, che durante la presentazione ha fatto del libro e dello stile di Laroui un’analisi appassionata e bellissima, legge un passo tratto da questo racconto e poi lo commenta.

Qui invece Laroui parla della letteratura della migrazione, categoria che gli sta un po’ stretta.

(Oggi abbiamo fatto un po’ un’indigestione di video. Ma mi piace pensare che chi non è stato presente all’incontro li possa trovare interessanti e utili, per meglio comprendere il libro e il suo autore. E perchè così mi pare di riuscire ad unire in una piccola comunità telematica tutti gli appassionati di letteratura. Visto che nel terzo millennio abbiamo la possibilità di diffondere con facilità la cultura, perchè non approfittarne?)


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