La trama (con parole mie): Omar, giovane inglese di origini mediorientali, ha deciso di abbracciare la jihad con tre compagni, tra i quali spicca l'anglosassone convertito all'Islam Barry.
Prima di organizzare un piano da realizzare nella terra della Regina, Omar decide di recarsi, grazie agli agganci di uno zio, in un campo d'addestramento afghano con l'amico Waj, per tornare preparato alla guerra contro l'imperialismo.
L'esperienza non va come i due avevano previsto, e una volta rientrati a Londra, i nostri improbabili attentatori cercheranno di elaborare un piano che possa portare la gloria di una morte da martiri tutti i componenti dell'improvvisata cellula.
Attenzione: quello che avete di fronte è, ad oggi, il film più coraggioso uscito nel corso di questo duemilaunidici.
Christopher Morris, talento proveniente dalla tv britannica, confeziona una delle satire più terribili mai realizzate a proposito di un tema divenuto particolarmente sensibile a partire dall'undici settembre, una commedia nerissima in grado di stendere con la sua ironia al vetriolo e divenire, nel contempo, uno dei ritratti più drammatici mai passati sullo schermo dei giovani attentatori - o aspiranti tali -.
La stessa raccolta di cortometraggi dedicati all'undici settembre, o lavori come Paradise now avevano cercato, negli anni passati, di fotografare il percorso interiore di un kamikaze nel corso del suo avvicinamento al giorno più importante della sua vita, quello in cui troverà la morte.
Morris, senza preoccuparsi troppo di stile o virtuosismi della macchina da presa, si concentra sui protagonisti di questa storia, mettendo a fuoco le dinamiche della loro amicizia, i loro legami e limiti, fino a mutarli in veri e propri simboli: dal colto ed istruito Omar, il più deciso eppure drammaticamente conscio di quello che attende il gruppo all'irresistibile, ignorante, manipolabile Waj, passando attraverso l'ossessione violenta di Barry ed i più influenzabili e limitati Faisal e Hassan, pare quasi che Morris, grazie allo specchio per allodole del nonsense e del grottesco, riesca ad attrarre ed indurre alla riflessione ogni tipologia di pubblico, mostrando le radici di una dinamica drammatica e terribile, che sfrutta l'intelligenza di pochi per manipolare le informazioni destinate a molti e creare un vero e proprio esercito di soldati disposti a tutto - fino, per l'appunto, a sacrificare volontariamente la propria vita - per far proseguire la lotta con la promessa di una ricompensa da consumare nella vita oltre la morte.
Vi suona già sentita, questa fregnaccia? Immagino.
Del resto, in differenti epoche, l'hanno sfruttata praticamente tutte le religioni.
Un'opera, dunque, amara e sconvolgente, mascherata benissimo - a tratti, pare quasi di vedere un lavoro di Wright - da commedia che si guadagna posizioni preziose all'interno della mia personale classifica legata alle uscite in sala di quest'anno, in barba ad opere ben più note, meglio distribuite - agghiacciante il sottotitolo italiano, ancora una volta - e confezionate ad hoc.
Il climax della parte finale, in incredibile equilibrio tra risate alla Monty Phyton e dramma da pugno nello stomaco, fa letteralmente esplodere tutti i semi lasciati germogliare dal regista nel corso della quasi ora e mezza precedente, in cui l'umorismo tipicamente british - in bilico tra Nathan e Shaun - porta davanti agli occhi lo spettatore il grande dramma di cui il film si prende carico prima di accendere la miccia del colpo decisivo e stenderlo nell'amara presa di coscienza di Omar nel corso dell'ultima scena.
Come se nel più cosmopolita e grande dei pianeti gli uomini vissuti nella semplicità - o dovremmo dire mediocrità? - saranno sempre costretti ad abbozzare, anche nelle loro imprese più grandi ed ambiziose.
Una parabola sul terrorismo che diviene una parabola sulla vita, che consuma fino all'ultimo le esistenze di questi cinque buoni a nulla dalle intenzioni innocue - !?!? - e lascia lo spettatore svuotato di fronte ai titoli di coda, indeciso se farsi una risata o rimanere ad assaporare in silenzio il prezzo dell'epoca in cui viviamo, erede di secoli di plagi e lavaggi del cervello cultural-religiosi.
E in modo da non appesantire troppo l'approccio a questa sorprendente perla, vi dico soltanto che Faisal, il corvo e la pecora e gli incredibili giochi di parole di Omar - compresa la versione alternativa de Il re leone raccontata al figlio - valgono da soli la visione.
Per non parlare di Waj, personaggio di culto dell'anno.
Morris, al contrario dei suoi protagonisti, ha centrato il bersaglio grosso.
Forse il suo non sarà un Cinema per tutti, o adatto ad un approccio approssimativo come quello della distribuzione italiana, eppure Four lions è, al momento, una delle visioni più importanti dell'anno.
Andate e guardatene tutti.
O vi mando un kamikaze a casa.
MrFord
"Beyond all reason
beyond all my hopes
the call of duty
another war zone
(makes me moan).
Kamikaze - you can't touch me, kamikaze -."
PJ Harvey - "Kamikaze" -
Magazine Cinema
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