Ci siamo, il giro entra nel periodo decisivo e come sempre la terza settimana decide le sorti della corsa rosa.
La quindicesima tappa, la Cesane Torinese Galibier è una tappa storica ed eroica. Storica perchè dedicata alla memoria del Pirata Marco Pantani, infatti la tappa anche a causa del maltempo vede l’arrivo di fronte al monumento che i francesi hanno voluto dedicare al Pirata sul Galibier dove nel 1998 praticamente ha concluso la sua accoppiata Giro/Tour nello stesso anno. Eroica perchè i ciclisti sono arrivati sotto una fitta nevicata. La tappa è stata in dubbio fino all’ultimo. L’organizzazione si era riservata tutte le possibilità: annullamento, modifica del percorso e trasferimento in pullman per un tratto (stile Milano San Remo di quest’anno). Alla fine si è optato per una piccola modifica all’arrivo, anticipato di quattro chilomentri, gli ultimi del Galibier. I corridori di comune accordo hanno deciso di neutralizzare la prima parte di gara, percorsa ad andature cicloturistiche. La corsa praticamente è iniziata ai due chilometri dallo scollinamento del Moncenisio con gli scatti degli uomini interessati alla maglia azzurra del miglior scalatore. Così è partito l’attacco decisivo. Alla fine è arrivato un corridore di questa fuga, Visconti, alla sua prima vittoria di tappa al Giro. Gli uomini di classifica hanno aspettato le rampe finali del Galibier per dare spettacolo e cercare l’attacco. Come al solito ci ha pensato Nibali ad animare la corsa nel finale, ma forse è mancata un po di cattiveria al siciliano per fare la selezione come nei giorni scorsi. Infatti i primi sono arrivati tutti insieme e nulla è cambiato in classifica.
Lunedì è stato il secondo giorno di riposo del giro con la carovana che si è fermata in Francia in quanto anche la sedicesima tappa prevedeva la partenza oltralpe.
La sedicesima tappa, la Valloire Ivrea è una tappa di “media montagna”. Il percorso iniziale prevede la stessa strada fatta dai ciclisti la domenica ma in senso inverso, per tornare in Italia. Salite incentrate tutte all’inizio della tappa tranne l’Andrate, salita di seconda categoria, piazzata a circa 20 chilometri dal traguardo per favorire azioni dei “cacciatori di tappe”. Prima curiosità, il garibaldi fornito dagli organizzatori era sbagliato, in quanto questa salita era segnalata come di terza categoria. Parte subito la fuga di 22 corridori fra i quali spiccano la maglia azzurra Pirazzi, Di Luca, Rabottini, sorpresa del giro dell’anno scorso. Il gruppo non concede tanto spazio in quanto fra gli attaccanti di giornata ci sono anche Caruso e Kelderman che ancora hanno ambizioni di classifica. Quindi la fuga non guadagna tantissimo e viene ripresa sulla salita dell’Andrate. Qua iniziano a muoversi gli uomini di classifica, soprattutto Scarponi, Nibali e Uran. Però alla fine riescono a staccarsi in tre, Intxausti, Kangert uomo di fiducia e di fatica di Nibali e Niemiec luogotenente di Scarponi che arriveranno al traguardo in questo ordine con una ventina di secondi sul gruppo degli uomini di classifica. A questi tre si era aggiunto anche Gesink ma una foratura costringe l’olandese ad abbandonare prematuramente il sogno di vincere questa tappa. Dicevamo le scorse settimane che ogni tappa del giro, anche quella più banale, può riservare delle sorprese. Oggi ha conosciuto questa legge non scritta Santambrogio, apparso fra i più in forma nei giorni scorsi, che si stacca poco prima dell’ultima salita perdendo quasi due minuti e mezzo e qualche posizione in classifica generale e forse abbandonando definitivamente il sogno del podio. Nota di colore. Per noi mezzi nerd italiani Ivrea ha una valore simbolico particolare e ci ricorda quando “Cupertino era in provincia di Ivrea”.
La diciasettesima tappa, la Caravaggio Vicenza prevede un percorso quasi totalmente pianeggiante con uno strappo di cinque chilometri e mezzo e relativa discesa che può favorire un attacco dei cosidetti “finisseur”. Parte subito la fuga formata da quattro corridori ma il gruppo non lascia spazio e mantiene i fuggitivi a “bagno maria” fino ai -50km dal traguardo, quando il gruppo decide di andarli finalmente a prendere. Sull’ultima salita parte per primo Di Luca, forse con qualche anno in meno questa tappa l’avrebbe anche vinta. Il corridore abruzzese nulla può quando decide di muoversi anche Visconti che rinfrancato dalla vittoria sul Galibier sembra essere tornato il “cacciatore” di un tempo. Visconti, complice un gruppo che non riesce ad organizzare un inseguimento organico, resiste fino al traguardo e va a vincere la sua seconda tappa di questo giro e della carriera. Rimangono coperti gli uomini di classifica, con Nibali autoritario a controllare ogni piccolo movimento che lo possa infastidire.
La diciottesima tappa, la cronoscalata Mori Polsa, è la tappa che apre la tre giorni decisiva per le sorti di questa giro. 20 km di corsa da soli praticamente senza un metro di pianura. Alla vigilia sembrava una tappa fatta a posta per far recuperare del terreno a Evans, ma invece…. vince Nibali e ipoteca seriamente il Giro d’Italia 2013. Come dicevamo percorso non facile, infatti il vincitore ha impiegato 44 minuti e 29 secondi per coprire il percorso, gli altri sono arrivati con distacchi pesanti. Evans addirittura ha accusato un distacco di 2 minuti e 36 secondi. Ottimi, oltre a Nibali, lo spagnolo Sanchez arrivato secondo a 58 secondi e Caruso e Scarponi rispettivamente terzo e quarto con distacchi di circa 1 minuto e 20 secondi che permettono ai due corridori di recuperare terreno in classifica generale. Altra giornata no per Santambrogio, la sorpresa delle prime due settimane di giro che arriva appena davanti a Evans e dice addio ai sogni di podio. Dopo questa tappa Nibali ha un vantaggio di 4 minuti e 2 secondi su Evans, 4 e 12 su Uran e 5 e 14 su Scarponi. Sembra proprio che questi tre siano destinati a giocarsi gli altri due gradini del podio.
La diciannovesima tappa doveva essere la Ponte di Legno Val Martello, con il transito della carovana su due salite mitiche per la corsa in rosa, lo Stelvio con i suoi tornanti e il Gavia che tante vittime, a livello sportivo s’intende, ha mietuto nella sua storia. Giovedì, viste le avverse condizioni meteo, la giuria aveva deciso prima di modificare il percorso, eliminando i due valichi e sostituendoli con sue salite “più basse” il Tonale e il passo Castrin, che doveva essere affrontato per la prima volta nella storia del giro e poi annullando la tappa in quanto era presente la neve in quasi tutto il percorso ed affrontare in bicicletta 160 km in queste condizioni sarebbe stato troppo pericoloso. In questa giornata comunque c’è altro di cui parlare. Arriva la notizia del secondo positivo per doping al giro e questa volta è un pezzo da novanta, Danilo Di Luca. La positività risalirebbe agli ultimi giorni di Aprile, in un controllo a sorpresa prima della partenza del giro. A questo punto Di Luca, già squalificato in passato per doping, rischia la squalifica a vita dalle corse professionistiche. Nel resoconto delle passate tappe spesso ho citato Di Luca, apparso ringiovanito e volenteroso di essere protagonista almeno per una vittoria di tappa, e sinceramente mi sento preso in giro dal corridore abruzzese. Il doping deve uscire definitivamente da questo splendido sport. Vorrei proporre la radazione alla prima “colpa grave” e non più alla seconda come avviene adesso.
La ventesima tappa, la Silandro Tre Cime di Lavaredo prevedeva il passaggio dei corridori per il passo di Costalunga, con la spettacolare vista del lago di Carezza e del gruppo del Catinaccio, il passo San Pellegrino e il passo Giau, ma anche in questa tappa il mal tempo e la neve hanno “quasi” vinto. Quasi perchè a differenza del giorno precedente la tappa comunque si è svolta anche se i corridori, una volta arrivati a Bolzano, al posto di svoltare e prendere la Val d’Ega verso Costalunga, sono proseguiti dritti restando in valle per evitare la neve nella maggior parte del percorso e riprendere il tragitto originale solo a Cortina d’Ampezzo. Inizialmente si era pensato anche di spostare il traguardo in quanto le Tre Cime sono innevate e una tormenta di neve ha accompagnato i corridori per tutta l’ascesa. Ma il gruppo ha insistito per poter fare questa mitica salita del Giro, che viene ricordata per la vittoria del suo primo giro d’Italia di un certo Eddy Merckx, oltre che per centinaia di altre imprese. Corsa piatta fino alla salita finale con una fuga a 4, che non riesce a prendere troppo il largo. Ci pensa Nibali ad animare la corsa nelle ultime rampe delle Tre Cime. La maglia Rosa attacca in prima persona sotto una vera e propria tempesta di neve e riesce a staccare tutti. Alla fine arriverà con circa 10 secondi di vantaggio sul secondo, ma Nibali ha dato l’impressione di “fermarsi” nelle ultime centinaia di metri in quanto non aveva bisogno di andare a tutta. Dietro arriva un gruppetto di tre colombiani, Duarte, Uran che conquista il secondo posto nella generale e Betancur che praticamente conquista la maglia Bianca di miglior giovane della corsa. Più indietro gli altri con Scarponi che prova a staccare Evans per cercare di agguantare il terzo posto della generale ma non guadagna abbastanza. Alla fine di questa tappa la classifica generale recita Nibali in Rosa, secondo il colombiano Uran con un distacco di 4 minuti e 43 secondi, terzo il vecchio “cagnaccio” Evans a 5’52”, quarto il marchigiano Scarponi a 6’48 e quinto l’altro colombiano Betancur, che con l’azione di oggi guadagna alcune posizioni in classifica, a 7’28. Come si può vedere questi distacchi testimoniano di un giro dominato dallo Squalo dello Stretto che fa sua questa edizione del Giro, dopo essere arrivato terzo e secondo in passate edizioni, aver vinto una Vuelta e fatto terzo al Tour 2012. Pirazzi conquista la maglia Azzurra di miglior scalatore e Nibali indossa per la prima volta in questo giro anche la maglia Rossa della classifica a punti, con 11 punti di vantaggio su Cavendish, ma dato che l’ultima tappa è la classica passerella dei corridori con arrivo a Brescia scontato in volata, il britannico può solo perdere questa classifica.