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Fragola al cinema: The Imitation Game

Da Strawberry @SabyFrag

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La storia di Alan Turing, uno dei padri dell’informatica oltre che grande matematico e uno dei più importanti crittografi britannici all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, ci viene raccontata in The Imitation Game, un biopic da forti accenti britannici e dalle interpretazioni intense, che cerca di dare forza e vigore alla figura di un uomo straordinario, il cui grande genio viene messo al servizio di una patria che purtroppo non saprà mostrargli la gratitudine meritata. Candidato a 5 Golden Globe, il film si avvale di un bravissimo Benedict Cumberbatch, in odore di Oscar e capace di dare alla figura di Turing tutto lo spessore e la tensione che il ruolo richiedeva, e una sempre talentuosa Keira Knightley nella parte dell’unica donna mai stata così vicina al genio. Un film che risponde con cura e commozione alla necessità di una vicenda che andava e va raccontata, ma che forse avrebbe potuto osare di più.

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Titolo: The Imitation Game
Regia: Morten Tyldum
Anno: 2014
Paese: USA - UK
Cast: Benedict Cumberbatch, Keira Knightley,
Matthew Goode, Charles Dance

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1941 Alan Turing arriva a Bletchley Park con un obiettivo: entrare a far parte del team di matematici, enigmisti e crittografi chiamati a prestar servizio dell’esercito inglese per decriptare il famoso Codice Enigma, il codice usato dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Quello che farà, però, andrà oltre ogni aspettativa: partendo da alcuni studi compiuti dall’'Ufficio Cifra polacco, Turing lavorerà per tutta la durata della guerra a una macchina capace di decriptare i messaggi tedeschi e dare all’esercito alleato il vantaggio di cui aveva bisogno. Non fu un’impresa facile e Turing trovò di versi ostacoli, tra i suoi colleghi e tra i gradi alti al comando, ma il matematico riuscì a realizzare una vera e propria impresa e, insieme alla macchina Bomba, fu creata una potente struttura di ricerca e decriptazione dei messaggi nemici, in un’atmosfera di massima segretezza che rivelò l’esistenza del centro e dell’aiuto di Turing e degli altri membri del team solo moltissimi anni dopo. Churchill, che amava le frasi ad effetto, dichiarò che senza  Turing e la sua macchina gli Inglesi avrebbero perso la guerra. Nonostante il grande contributo dato al suo Paese e al mondo intero, insieme ai suoi studi illuminanti per lo sviluppo delle scienze informatiche – Turing parlava e scriveva già nel 1950 di intelligenza artificiale e di macchine capaci di replicare il cervello umano – egli non ebbe il riconoscimento che si meritava, ma fu, anzi, trattato in modo ignobile. Nel 1952 Turing, in seguito alla denuncia di furto in casa sua, venne arrestato a causa della sua omosessualità, all’epoca considerata ancora un reato nel Regno Unito, e condannato alla castrazione chimica, un trattamento orribile che ne sconvolse il fisico e la mente. L’umiliazione subita, insieme alle vessazioni della terapia e la depressione che ne era scaturita, ebbero la meglio sul suo desiderio di andare avanti con gli studi nei campi in cui si era distinto. Nel 1954 Alan Turing si tolse la vita ingerendo una mela al cianuro, probabilmente un omaggio a Biancaneve, la sua favola preferita. Le scuse ufficiali del governo inglese arriveranno solo nel 2009, mentre la grazia postuma sarà elargita solo nel 2013.

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Il film parte dal momento dell’arresto e si sviluppa in un lungo flashback, il racconto che Turing fa al detective intervenuto in seguito alla denuncia di furto in casa del matematico e incuriosito dal mistero che quell’uomo, che dice di aver lavorato per l’esercito britannico, rappresenta. Turing racconta così la sua vita a Bletchley Park, i rapporti con i suoi colleghi, in particolare con lo scacchista e criptoanalista Hugh Alexander e quello con la giovane Joan Clarke. Racconterà anche della sua meravigliosa macchina, delle difficoltà incontrate al suo funzionamento, della gioia di vederla finalmente funzionare. Ultra, come viene chiamata nel film dai servizi segreti, è in realtà per Turing Christopher, un nome che permette al film di scavare ancora più a fondo e tornare indietro nel tempo della storia di Turing per parlare della sua omosessualità, utilizzando la commovente storia adolescenziale tra il giovane Alan e un compagno di collegio, Christopher appunto, prematuramente scomparso a causa di una terribile malattia.

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Il film ci dà una visione della vita di Turing molto commovente, puntando sull’impatto emotivo che le scene e le vicende raccontate generano nello spettatore, grazie anche al focus sulle relazioni umane che Turing aveva creato durante la sua vita. Alan Turing, infatti, ci viene presentato come una persona dalle difficili interazioni sociali, che trova conforto nella sua straordinaria intelligenza e che solo in poche occasioni condividerà le sue idee e il suo genio con le persone che riescono a scalfire la sua corazza. Non manca l’allusione al sentirsi diverso, in particolare nel flashback dedicato al Turing ragazzo che si rende conto di amare un compagno di scuola. Eppure l’omosessualità per Turing non sarà mai un problema, lo dimostrò al suo processo dove non fece assolutamente mistero delle proprie abitudini sessuali, e l’unico momento in cui sembra creargli difficoltà è quando decide di fidanzarsi con Joan, un atto che lui aveva compiuto con l’unico scopo di aiutare un’amica. Nel cercare di dare spazio più all’uomo che allo scienziato, nell’intento di ridare la dignità che spetta a un personaggio come Turing, il film corre sempre sul filo del rasoio e il pericolo è a volte quello di dare un’immagine edulcorata del matematico. Alan Turing è un uomo del suo tempo ma ha dalla sua un genio incredibile che gli permette di vedere le cose da una prospettiva inaccessibile ai più; nel film, però, questo modo di essere passa di tanto in tanto attraverso l’idea di Turing come quella di un nerd, un personaggio distaccato dalla realtà e dagli evidenti disagi nella socializzazione e nel rapportarsi con il mondo che lo circonda, con la conseguenza che purtroppo non sono mancati i momenti in cui ho rivisto sullo schermo modi e gesti che mi hanno ricordato più uno Sheldon Cooper o uno Sherlock dei nostri giorni, dato anche l’attore che lo interpreta, che un matematico dal notevole talento della prima meta del ‘900.

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La figura di Alan Turing è di quelle che portano con sé un carico di tematiche e di avvenimenti storici tutt’altro che facili da trattare. La bibliografia scritta da Andrew Hodges, Alan Turing: The Enigma, ha offerto agli sceneggiatori la base da cui partire per mettere su pellicola un personaggio complesso che vive uno dei periodi più controversi della storia umana. Al di là della tensione drammatica che il film e i talentuosi attori chiamati in scena sono in grado di creare, oltre all’indubbia emotività che una vita come quella di Turing e la consapevolezza del suo epilogo procurano nello spettatore, l’impressione è che a volte il film sia fin troppo didascalico, un’illustrazione degli eventi dalle tonalità delicate e placide, scene molto intense, ma tutto si tiene quasi sempre sulla superficie. C’è tanta carne sul fuoco, tra storia, geopolitica, convenzioni e ingiustizie sociali e innovazione tecnologica, eppure il film non riesce mai ad andare a fondo in nessuno dei temi presentati. In questo senso The Imitation Game si inscrive a un tipo di cinema molto britannico in cui ogni alterità o contrasto vengono assorbiti da un quadro scenico più grande che rimanda un’immagine di sicuro coinvolgente e convincente per lo spettatore, in cui nulla sembra mancare e che a conti fatti non dispiace affatto a chi si ritrova coinvolto nelle vicende, ma che non riesce a essere sufficientemente incisiva, neppure quando la storia raccontata pare richiederlo a gran voce.

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L’aspetto più interessante è probabilmente dato dagli attori protagonisti. Benedict Cumberbatch ci regala una delle sue migliori interpretazioni, conferendo al suo Alan Turing un vigore e uno spessore adatti a un film in cui tutto ruota attorno al protagonista e alla complessità di un personaggio così pieno di chiaroscuri e verità impenetrabili. Al di là di alcune scene deliberatamente fanservice – d’altronde come lo fa lui il “high functioning sociopath” non lo fa nessuno – Cumberbatch si conferma un ottimo interprete e perfetto nel ruolo, un’interpretazione ricca di sfumature e di grande intensità, anche nei momenti in cui non c’è bisogno della parola, efficace nella realizzazione dei tic, nei movimenti che accennano alla sindrome di Asperger di cui si pensa soffrisse il matematico, nella rigidità della sua postura e del modo in cui il suo corpo occupa lo spazio, conscio di una inadeguatezza nel suo stare nel mondo che mai lo abbandona. Una grande prova che di sicuro saprà premiarlo in questo 2015 con un riconoscimento importante (la candidatura al Golden Globe c’è già ed è tra i favoriti della serata). Brava anche la bella Keira Knightley nei panni di Joan Clarke, un personaggio che nel film ha un ruolo molto più importante di quanto lo fosse quello della vera Joan e che Keira rende la spalla perfetta per il nostro Turing/Cumberbatch. Da non dimenticare Matthew Goode, che interpreta molto bene il deciso, sicuro di sé e arrogante Hugh Alexander ed entra a pieno titolo nella lista degli uomini britannici da sogno di tutte noi spettatrici.

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The Imitation Game è un film dal grande impatto emotivo e dalle ottime interpretazioni, che cerca di rispondere alle necessità di una storia meritevole di essere raccontata in tutte le sue sfumature dopo anni di silenzio e riflettere sulla problematica accettazione del diverso all’interno di un tessuto sociale come il nostro, che spesso si rivela ipocrita e violento con l’altro. Una storia commovente e tragica, che sa a disturbare chi assiste alla visione del film, soprattutto con il suo triste e ingiusto epilogo, ma che manca di quell’incisività e di quell’approfondimento capaci di rendere davvero giustizia alla figura di Alan Turing e di scuotere lo spettatore nel profondo, spingendolo a riflettere su ciò che ha visto. The Imitation Game è un bel film da non perdere, un omaggio doveroso a uno dei matematici più importanti del mondo da vedere e comprendere, ma non ha quel coraggio che le sue intenzioni originarie sembrano richiedere e decide di scegliere la strada più semplice, più apprezzabile, ma forse meno efficace a veicolare il suo importante messaggio e l’incredibile figura che ne è protagonista.

Voto: 7

 

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"Sometimes it is the people who no one imagines anything of, who do the things that no one can imagine."


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