Un lungo dialogo tra autore e lettore, una riflessione attenta e appassionata sulla letteratura del racconto e sui suoi principali protagonisti, una dichiarazione d’amore alla scrittura e, non ultima, alla lettura. A pesca nelle pozze più profonde di Paolo Cognetti è un libro destinato a fare breccia nei cuori di chi vi si accosta, di chi sfoglia le sue pagine e vi trova echi di letture passate, illuminazioni di ciò che era rimasto in sospeso, spunti di riflessione e titoli e autori tutti da scoprire. E infine è un ritorno a un personaggio molto amato e a un mondo, quello del Cognetti scrittore, in cui immergersi è sempre un piacere.
A pesca nelle pozze più profonde
Autore: Paolo CognettiAnno: 2015Editore: Minimum FaxPagine: 130ISBN 9788875215941
“A un certo punto del mio apprendistato mi misi in testa che, se volevo diventare un bravo scrittore di racconti, dovevo imparare a pescare.”In A Pesca nelle pozze più profonde, Cognetti ci accompagna lungo le sue considerazioni sugli scrittori che ama e che in qualche modo hanno segnato e influenzato il suo modo di essere scrittore, allo stesso invitandoci a una meditazione sui processi di lettura e di scrittura che ci contraddistinguono e ci legano ai libri che amiamo. Sulle sue pagine prendono vita le storie di autori come Hemingway, Carver, Munro, Salinger e molti altri mentre si susseguono tematiche e argomenti ricorrenti nel corso della storia del racconto, che ci permettono di guardarlo dall’interno, di misurarlo, di capire (o almeno provarci) un genere letterario quasi sempre considerato minore ma che invece rivela profondità inaspettate e spesso superiori al romanzo.
“Non è che ogni racconto scritto sia un problema risolto, […] ma è almeno uno studio del problema, un tempo speso a riflettere e interrogarsi”“Il racconto è un punto di domanda. Il romanzo ha l’ambizione di rispondere, di contenere tutto […] costruendo per noi una casa in cui abitare: alla fine chiuderemo a porta su un luogo che ci ha accolti per un po’ di tempo e che conosciamo bene. Il racconto è piuttosto una finestra sulla casa di qualcun altro.”Ogni aspetto del genere viene messo in evidenza e raccontato, attraverso splendide metafore come quella della pesca, che ritroviamo nel titolo, o della finestra o della casa, elementi che identificano e rendono intellegibili le potenzialità che il racconto possiede. Il discorso prende forma e acquisisce voci: non solo quella di Cognetti, a metà strada tra colui che conosce la materia e il neofita che si appassiona pagina dopo pagina, ma anche quella dei suoi autori preferiti, che vengono chiamati in causa per esemplificare, chiarire concetti ed espressioni, nonché per emozionare e creare suggestioni, creare quella biblioteca tra l’ideale e l’indispensabile per coloro che vogliono apprezzare il racconto nelle sue molteplici sfumature. Ecco allora Carver parlare del racconto come “something glimpsed”, qualcosa di intravisto, una finestra che dà sulla casa di qualcun altro; Hemingway fare della memoria raccontata la mappa del nostro stare al mondo e l’origine della nostra provenienza; Foster Wallace parlare di incontro e di solitudine e di come il racconto e la scrittura siano l’antidoto e il mezzo perché il confronto dell’autore con se stesso sia possibile.
“Un antidoto contro la solitudine – era così he David Foster Wallace definiva la scrittura. Un racconto non è solo la stria di un incontro: è un incontro esso stesso”Ogni capitolo di A pesca nelle pozze più profonde è un’immersione non solo nelle riflessioni dell’autore, ma in mondi diversi e unici, un viaggio articolato ed emozionante nelle vite, nei vizi, nelle abitudini e nelle paure dei loro personaggi. Se li conosci, scoprirai aspetti nuovi e del tutto inaspettati, particolari che erano sfuggiti durante la lettura o che ti appariranno sotto una luce del tutto nuova. Se non li conosci, avrai una gran voglia di conoscerli tutti al più presto.
“Per cominciare a mettere una parola dopo l’altra, seguirle e vedere dove ti portano, devi essere capace di fartene meravigliare”Tra gli autori presenti, Cognetti non dimentica due scrittrici che di sicuro hanno qualcosa da dire sull’argomento e dedica loro alcuni dei passi più belli del suo libro. Da un parte troviamo Alice Munro che, attraverso uno dei suoi racconti più noti, “Quello che si ricorda”, ci mostra come il racconto sia esplorazione, conquista e scoperta di un processo che altri non è che la scrittura, custode di segreti che solo la lettura sa rivelare, affermazione del principio per cui “scrivere non è costruire una casa: è visitarla, abitarci dentro”. Dall’altra c’è Grace Paley, che sosteneva di avere cose più importanti da fare e così poco tempo per dedicarsi all’arte che è invece lunga, una delle figura meno conosciute e più interessanti di cui Cognetti ci racconta. Una scrittrice donna, figlia di immigrati, cresciuta nella condizione di chi solitamente viene messo a tacere e che proprio per questo, ben coscia di avere invece una voce da far valere, nelle sue tre raccolte di racconta trasforma la scrittura nell’atto di prendere parola e dare voce a chi ha qualcosa da dire e non riesce mai a dirla, ma soprattutto rende il racconto quell’orecchio predisposto ad ascoltare queste voci e a riportare tutto su carta. “Ascoltare è responsabilità dello scrittore” diceva ed è così che la Paley nei suoi racconti si fa portavoce di personaggi spesso costretti al silenzio, consapevole che sono le nostre storie e chi le ascolta a certificare la nostra esistenza e identità. Non è un caso, allora, che le sue siano soprattutto protagoniste donne: “Scrivere di donne è un atto polittico, diceva. Ascoltare chi non viene ascoltato da nessuno: ecco cos’è politico”.
Dopo aver parlato degli autori che hanno segnato la sua scrittura e il suo modo di stare al mondo e averci ispirato lungo un percorso ricco di stimoli e spunti per comprendere meglio la vita, la scrittura e l’arte tutt’altro che semplice di scrivere racconti, Cognetti dedica la terza e ultima parte del libro alla sua di arte e a quel personaggio a cui deve la sua fortuna e che lui, ancor prima dei suoi lettori, non può smettere di amare. Nel presentare i cinque racconti inediti incentrati su Sofia (protagonista di Sofia di veste sempre di nero) Cognetti sembra quasi mettere a nudo il suo animo di scrittore e quello che per lui rappresenta Sofia, l’amore per l’America che entrambi condividono e che ben si è manifestato nei capitoli precedenti, nonché una certa idea di racconto, ormai chiara anche a noi lettori, come poesia, voce, finestra, orecchio, contenitore, identità che dà il senso ultimo e globale al suo pensiero, alla sua arte e e al racconto in genere. Inutile dire che incontrare ancora Sofia è un piacere dolceamaro, un regalo inaspettato e gradito, la perfetta incoronazione di un libro da amare senza condizioni.
È sempre difficile parlare di un libro che lascia il segno e finiamo per amare: sembra sempre che manchino le parole o di non trovare mai quelle giuste. Perché questo accade con A pesca nelle pozze più profonde, un viaggio di formazione, letteraria e non solo, suggestivo e ricco di sorprese, un libro che traccia in modo inconfondibile coloro che ne intraprendono la lettura, un titolo che dovrebbe essere presente in tutte le librerie di lettori e aspiranti scrittori, per poterlo sfogliare e leggere e sottolineare ancora e ancora. E allora smetto di cercare parole e ci metto un punto qui, ché davvero non c’è più bisogno di alcuna presentazione, ma solo del desiderio di andare a pesca con Cognetti per riconquistare “la potenza e la bellezza perdute”.