"Prossima fermata: Porta Romana. Next stop: Porta Romana". E' una di quelle metro nuove: sedili ancora non logori dal tempo dal tempo e da migliaia di culi di pendolari che vi si strusciano, vagoni tutti uniti con lo sguardo che si perde quasi all'infinito, come trovarsi tra due specchi, e creano effetti nauseanti ad ogni curva e, soprattutto, una voce antipatica che, ogni 2 minuti circa, annuncia la fermata. In due lingue. Ma non è di questo che voglio brontolare.Esco dal vagone, ogni volta come un tappo di spumante sparato all'improvviso da un collo di bottiglia di signorotte impellicciate che si alzano in preda all'angoscia almeno 3 fermate prima della loro, piazzandosi marmoree davanti alla porta scorrevole.In un baleno sono davanti ad una lunga, altissima, scala. No, non una scala mobile. Faccio i primi gradini insieme agli altri pendolari che sono scesi con me. In sottofondo lo sferragliare della metropolitana che riparte. Accade che, più o meno invariabilmente, quando mi avvistano laggiù in fondo, i viaggiatori in cima alla scala che hanno da poco superato i tornelli in entrata, cominciano ad accelerare il passo. Sempre più veloce, mangiandosi i gradini a 2 alla volta o, a seconda della lunghezza delle gambe e della fifa di cadere, a passettini piccoli, uno alla volta, ma velocissimi. Gli sguardi disperati, i pacchi che tengono tra le mani sballottati di qua e di là, gli ombrelli grondanti che gettano gocce impazzite negli occhi dei vicini.Non capisco perchè lo facciano quando è lampante: hanno perso la metro!
