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Frammenti Milanesi/5 - Biblioteche

Creato il 07 luglio 2010 da Mapo
Frammenti Milanesi/5 - Biblioteche"Ma che cazzo c'entro io? E' dalla tua parte che bisogna sbloccare il carrello dei libri". L'urlo, poiché di questo si tratta, risuona nello spazio vuoto del grande salone che ospita il "front-desk" (inglesismo utile a far sembrare migliore qualcosa che in realtà non lo è) per gli utenti della biblioteca.Si, perchè le parole che avete appena letto poc'anzi non sono quelle di un muratore bergamasco che si è appena rovesciato una carriola di mattoni sul piede, bensì quelle di un dipendente della Sormani, storica biblioteca ubicata a pochi passi dal Duomo e punto di riferimento nevralgico di tutto il sistema bibliotecario milanese.
L'ambiente dove mi trovo ha un arredamento scarno, con due grossi sportelli in legno posti uno di fronte all'altro, stile banca o ufficio postale anni 50. Dipendenti dalle competenze letterarie quanto meno sospette, per tacer dell'abbigliamento, sono separati dall'esterno (verrebbe da dire "rinchiusi") da spessi vetri, interrotti solo ad altezza viso da un foro che consente loro di comunicare (quantomeno di provarci) e, forse, anche di respirare.Avvicinandomi mi viene quasi voglia di chiedere un biglietto kilometrico per Treviglio, poi torno in me e presento il foglietto (con una modernissma carta carbone applicata sul retro) con scritto il titolo del libro che voglio, l'autore, la collocazione, il numero di tessera, nome e cognome "in stampatello" e una firma. Il tutto moltiplicato x 3. Sapete com'è, mi piace leggere!
Alle mie spalle 3 grosse finestre fanno entrare insieme alla luce, ondate di caldo che va a depositarsi ubbidiente, secondo i principi della fisica, a qualche centimetro dall'alto soffitto. L'aria condizionata o è guasta o non è mai esistita. Sulla parete di fronte c'è il portone d'ingresso della sala lettura. All'interno liceali scociate fingono di leggere o studiare e si esercitano in improbabili esercizi di matematica resi ancora più difficili dalla sudata calura di questo pomeriggio di inizio luglio.A proposito: fa caldo e come in una pubblicità estiva qualsiasi mi trovo insieme ad una mezza dozzina di compagni d'avventura ad attendere il mio turno per la consegna dei libri che ho chiesto. Da buon italiano impaziente e accaldato comincio a farmi aria con qualunque cosa mi capiti a tiro, producendo ben più calore di quello che riesca ad attenuare, con buona pace di quello stronzissimo principio della termodinamica che, insieme allo smog, rende le giornate estive a Milano qualcosa di inenarrabile.Intorno è tutto un ondeggiare ostinato di volantini di mostre, quotidiani, libercoli e persino interi volumi nel vano tentativo di muovere un filo d'aria (o di far decollare la biblioteca, questo non l'ho capito).
Provo a prendere di nuovo coscienza del fatto di essere un'accettabile esemplare all'apice della catena evolutiva (partendo dal brodo primordiale e con qualche approssimazione, s'intende) e decido per immobilità. Evito qualsiasi movimento che non sia respirare o roteare gli occhi per guardarmi intorno ed osservare il panorama. Mi trovo a riflettere su come l'impianto burocratico del nostro statico stato statalista da nessuna parte come in questi luoghi esalti le sue ininvidiabili peculiarità.Prendere un libro alla Sormani può sembrare cosa facile, ma lo è solo in apparenza. Prima di tutto serve una tessera (l'ennesima). Ne ho ottenuta una non senza fatica ieri, ovviamente ad uno sportello diverso, con una coda diversa e dopo aver atteso che l'operatore davanti a me elencasse al telefono a qualche dis-occupato tutte le biblioteche della provincia di Milano dove si trovava il libro X dell'autore Y, poi il libro A dell'autore B, infine il libro C dell'autore A (titoli e autori sono di fantasia, s'intende). Il tutto guardandomi negli occhi e bisbigliando ad intervalli regolari una frase con intento distensivo ma in realtà perfetta per accrescere l'ansia: "abbia pazienza, sa, il telefono ha sempre la precedenza". Una volta compilata agilmente una decina di moduli e atteso un paio di timbri ecco che mi arriva spedita nel portafoglio la tessera della biblioteca Sormani.Ovviamente con la banda magnetica, mica si scherza! E, ovviamente, diversa da quella delle biblioteche rionali, in armonico accordo con i principi cardine dell'economia globalizzata.
"Marolli".
L'appello dell'ex-carcerato (e non sono certo dell'"ex") addetto alla distribuzione dei libri mi coglie impreparato. E, forse, detto tra noi, non ho tutti i torti dato che non si tratta del mio cognome. Tuttavia nessuno risponde e così, al secondo "Marolli" (questa volta ho sentito bene), mi avvicino allo sportello timidamente, sentendomi quasi in colpa di chiamarmi in un altro modo. E dire che l'ho scritto in stampatello! E le lettere sbagliate sono ben 2, che su 7 è una discreta percentuale.
Ripeto il mio nome corretto al soggetto che mi osserva dietro il vetro. Fa una smorfia, mi guarda in faccia, poi guarda la tessera, poi di nuovo la faccia (curioso, dato che non c'è nessuna foto!) e infine mi consegna il libro, al singolare. Provo a far notare che ne ho chiesti tre e ottengo in cambio un "gli altri arrivano".Torno alla mia postazione dall'altra parte della stanza, seduto in questo bagno di sudore ad osservare il transito. La popolazione è quella che ti aspetti da una biblioteca, eppure sempre interessante: signore con gli abiti a fiori e occhiali dalle montature pesanti, stile "è vero, sono in pensione ma son più giovanile di te" che leggono il giornale (probabilmente il terzo della giornata); ragazzi giovani con i pantaloni che arrivano alle ginocchia che lasciano intravedere mutandoni bianchi, per pura fortuna puliti, venuti qui a cuccare, fare una ricerca o anche solo giocare con l'Iphone lontano da sguardi inquisitori dei genitori, o semplicemente a fare una sauna gratis e signori di mezza età, che si potrebbe etichettare comunisti anche da qualche km di distanza con improbabili libri di drammaturghi russi rilegati in pelle sottobraccio.
"Mareli"
Sorvolo sul nome e torno allo sportello, è la volta del secondo libro. Conosco la prassi. Consegno per l'ennesima volta la tessera, prendo il libro, lo infilo nella borsa e torno al posto.
Nell'attesa comincio a sfogliare la mia guida sui Balcani, meta del prossimo viaggio estivo. Mi trovo a leggere la storia tormentata di questa regione ai bordi d'Europa tra nomi di dittatori e scrittori albanesi impronunciabili. Presto poca attenzione, il caldo si intrufola tra i pensieri sciogliendoli in mille rivoli improbabili.Una goccia di sudore mi cala sulla fronte. L'impassibilità che mi ero imposto diventa una maschera insostenibile. Cerco nella borsa e trovo "MilanoMese", l'agenda mensile di tutti gli appuntamenti pseudoculturali del capoluogo lombardo. Lo spessore sembra sufficiente e il peso sembra ottimale. Fortuna che luglio è un mese pieno di avvenimenti per i milanesi che rimangono in città. Comincio a oscillarmelo davanti alla faccia, come una nobildonna ottocentesca all'opera, ma con un po' di impazienza in più.
I minuti passano, l'attesa si fa via via sempre più estenuante, insostenibile.Dall'altra parte del vetro una delle dipendenti beve a canna da una bottiglietta d'acqua, che immagino freschissima.Sento di odiarla.Vorrei mettermi a urlare,quando...
"Morelli"

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