Vedi la risposta del ministro in questo post.
E’ noto a tutti (spero) che non ho fatto i salti di gioia per
l’alleanza interna tra renziani e franceschiani (e ne avrei di cose da dire sul tema), ma ero anche tra quelli che riteneva che il Franceschini scrittore (al ministero) sarebbe stato migliore del Franceschini capobastone. Non lo ho mai letto, ma buoni lettori mi dicono che sia bravo. In passato è stato anche recensito dal buon Civati, per dire.
Eppure nel ruolo di ministro Franceschini a mio avviso ha gia’ fatto due passi falsi. Quello sulla cosiddetta “Copia privata” (una follia solo per far contenta la Siae che certo non aiuta la diffusione della cultura) e l’ultimo, assai piu’ grave perche’ profondamente simbolico, con il bando ministeriale che chiede (avete capito bene “chiede” e non “offre”) lavoro non retribuito con la beffa delle spese a carico (link).
Ora il tema non e’ la crisi e quindi la necessita’ per chiunque di lavorare e di essere retribuiti che e’ un aspetto persino superficiale e banale della questione.
Il tema vero e’ il paradosso per cui in campagna elettorale tutti affermano che la cultura non e’ un costo ma puo’ essere un business, anzi “IL” business del sistema Italia tranne poi non voler dedicare al settore risorse ed investimenti o addirittura cercando risorse gratuite per tirare a campare senza costruire. Questo trovo che sia tristemente scandaloso.
La creativita’ va allevata. Coltivata. Da essa nascono idee, eventi, altra cultura, altra arte. Per allevare e coltivare la creativita’ bisogna che ci sia qualcuno che di questo ci campi. Bisogna che nessuno storca il naso leggendo questo e pensi, magari, al parassitismo. Se accade abbiamo un problema.
La gente che “produce” cultura va messa in condizioni di farlo. Alcuni non produrranno nulla o poco. Ma è dentro quel campo che ogni paese dovrebbe coltivare che i Paesi diventano grandi, evolvono, dibattono. Nei paesi normali si sa che quei denari sono spesi per il bene comune, alimentano l’intelligenza collettiva, generano valore, generano “traffico” mentale e fisico e quindi alimentano l’economia e fanno bene a tutti, anche a chi non distingue un Caravaggio da un Rembrandt o Mozart da Bach. (p.s. Il tema del Teatro Valle, per esempio, afferisce alla stessa dimensione. Concordo sul tema della legalita’ posto dal sindaco Marino e ritengo che il Teatro vada restituito alla citta’, ma capisco gli occupanti che non si fidano dello Stato e non lo considerano alla loro altezza nella produzione culturale, il che visto l’andazzo…….)
Un luogo vivo (cioè fatto di persone che con costanza e qualita’ ne alimentano il battito) e’ un luogo che si riempie di persone. Che consumano. Consumano cultura (pagano i biglietti) e il resto meno nobile ma di cui il Paese si nutre (alberghi, ristoranti, shopping, ecc).
Il fatto e’ che il nostro Paese e’ cosi’ disabituato ad investire per il futuro che ci sembra normale chiamare dei professionisti (e non dei dilettanti, che magari avrebbe anche senso “formativo”) a fare stage gratuiti (anzi in sostanza a pagamento e a carico dello stagista) col pensiero alla dimensione del giorno e non del decennio. Non era nel nostro programma la dimensione del giorno. Ed e’ paradossale che questa dimensione maledetta esca da questo governo.
Condivido le conclusioni della lettera che Michele Spellucci ha scritto al ministro, lettera che ha sortito l’effetto di far togliere il bando che però è rimasto attivo.
Non ci siamo.