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Francesco Balsamo: Parlare con le cose

Da Narcyso

Francesco Balsamo, TRE BEI MODI DI SFRUTTARE L’ARIA, Edizioni Forme libere, 2013

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Occorre partire da una dichiarazione di poetica che termina col dire: “è questa la comprensione dell’abitudine”, p. 109.
L’abitudine è, per esempio, “riposare leggeri dentro un braccio / o una gamba”; oppure: “scaldarsi in un cerchio di sole / da soli”; “essere indifesi come una spalla / esposta a tutti i pesi”: un vademecum, dunque, per attraversare a piccoli passi la vita tra la percezione di un dentro accogliente e custode e un fuori conturbante dove ogni sogno può infrangersi.
Eppure, tutto, sommariamente o con sforzo, è occasione di rappresentazione, di dizione, nell’ultimo aspetto di formula riassuntiva, di viatico per la comprensione del mondo:

abbiamo il mare appena fuori casa
e tutto è lontano e vicino
e siamo e non siamo sicuri,

ma pensa a tutto il mare,
basta trattenere il respiro -

sempre oggi, oggi sempre
terra terra del mai -
qui tutti insieme facciamo una brezza

p. 104

E’ viatico per la comprensione di se stessi, dentro e fuori le mura della casa, osservando i fatti minimi della giornata, ciò che avviene persino nel corpo degli oggetti, nel loro modo sghembo ma anche ordinatissimo di stare nello spazio, di osservarci, persino, se noi li sappiamo guardare, cercare i loro occhi, le loro orecchie, il naso, la pelle. Può capitare che le cose si muovano, per esempio, senza che noi ce ne accorgiamo, e si muovono dentro di noi, vicinissime ai nostri impercettibili smottamenti.
Ecco: questo vuol dire ascoltare e vedere, intuire che ogni cosa abita, è abitata, ci abita, e noi siamo dentro e fuori contemporaneamente.
È innegabile la dimensione di ricerca di questi testi partendo da sottrazioni – che sono cause di esercizi, di sguardi appuntiti e immediati -. Come è innegabile che la luce abiti le cose, in quanto ogni cosa è colorata e i colori non sono mai realtà oggettivamente pensate, o risolte, ma occasioni dello sguardo, e quindi del sentimento.
Come in Paul Klee, la dimensione coloristica è emanazione delle forme e la parola che dà il titolo al quadro, lo completa, lo chiarisce e lo dichiara, così, qui, la parola intende completarsi attraverso la funzione della cornice che racchiude le piccole esperienze, ma come mondi in cui accade il Tutto. Il Tutto del tempo e dello spazio che si declina nel quotidiano e lo trasmuta nell’altra forma, quella di una improvvisa, colorata e semplice visione; sempre che i nostri occhi sappiano e vogliano credere che la vita ci abita e che noi ne siamo spesso, gli attori presuntuosi.

Sebastiano Aglieco

Boon, agosto 2013

***

dedicato a quei miracoli
detti fra noi,
quelli di cui avremo cura -

dedicato a qualcuno
che si dedica a qualcun altro,
al montacarichi delle cose insieme -

dedicato al momento indovinato insieme

-

al momento che vive la mia vita
l’ha costruita nella sua

al momento vivo la sua vita
che ho costruito nella mia

***

noi prendiamo
il piombo
all’anima
lo facciamo
scendere
in una
poesia
ecco
questa ha un naso di pesce

p. 55

***

una poesia,
l’amo di una direzione -

il piombo dell’inaspettato,
il polo di un nodo.

una poesia,
compasso del no
per il cerchio del sì

p. 56

***

la casa ben piegata,
le cose ancor prima delle cose,
la vita fino alle ossa

tra la misericordia ghiacciata dei muri
e la comprensione del pavimento,
che regge tutto senza che nulla lo sfiori -

solo chi morde le pietre
sente il batticuore dell’aria

p. 39

***

il cielo
curvo
su una candela
adesso ha
l’età di una candela
e la candela ha
un suo odore di diluvio

p. 53

***

e ciascuno in sé
ha una strada, premuta nell’abbraccio

o solo nell’abbraccio alcuni hanno una strada

e si guardano intorno sicuri
e vanno avanti e indietro,

o hanno una mappa di vie traverse,

e quasi senza intenzione
si separano dal mondo

e lasciano il posto al resto

p. 82

***

ognuno ha una sua mappa dell’abbraccio
una strada premuta come un sasso
la scintilla di una luce spenta
la speranza di un lampione

la tenerezza dei tetti
accanto ai tetti

p. 84

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