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Francesco Danieli e il barocco leccese tra fasti e linguaggi sacri

Creato il 12 marzo 2014 da Cultura Salentina

Francesco Danieli e il barocco leccese tra fasti e linguaggi sacri

12 marzo 2014 di Vincenzo D'Aurelio

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L’arte figurativa barocca, specialmente nel leccese e in ambito architettonico-scultoreo, è celebre per l’abbondanza dei motivi esornativi. L’esuberanza degli ornamenti, la loro complessità e la coesistenza di motivi naturali, sacri e mitologici, donano alle fabbriche barocche un inciso tono di sfarzosità e di opulenza al punto che non sempre è stato oggetto di buone critiche.

Nell’ambito dell’edilizia e della pittura sacra, però, il barocco sorprende se interpretato in chiave iconologica poiché l’analisi iconografica pone i fondamenti storici per la comprensione di un vero e proprio linguaggio figurato volto a manifestare specifici aspetti della magnificenza divina. Il barocco, principalmente per le chiese del Salento, è sinonimico di controriforma e pertanto l’arte diventa uno stilema volto a incoraggiare l’uomo a vivere Dio in ogni suo aspetto.   In sintesi, dunque, il barocco è leggibile nella pietra come in una sorta di catechesi, in un dipinto come interpretazione artistica della Salvezza da conseguirsi attraverso l’ascesi dello spirito.

È questa l’illuminata e affascinante lettura del barocco leccese che Francesco Danieli (1981), iconologo e storico di Galàtone (Le) già noto in campo internazionale per i suoi studi sull’arte e la fede nell’Italia tridentina, espone nel suo ultimo libro dal titolo Fasti e linguaggi sacri. Il barocco leccese tra riforma e controriforma, (Edizioni Grifo, Lecce 2014). Un’opera voluminosa corredata da un ampio repertorio fotografico e bibliografico che, malgrado la complessità dello studio, permette una lettura attenta facilitata ancor più da un’esposizione semplice e fluente. Da uno studio intriso di Teologia, rimandi alle Sacre Scritture e agli Apocrifi passando per agiografie, documenti d’archivio e storia locale, ci si aspetterebbe un’opera, per così dire, “di nicchia” e invece Francesco Danieli mostra uno studio snello e organico, prudente e conciso dov’è necessario.

Attraverso la lettura iconologica l’autore svela il mondo dei valori simbolici contenuti nell’opera di tipo barocco. Affiorano in tal modo, ad esempio, elementi di mariologia e di cristologia ma essi non rimangono isolati nel contesto meramente dottrinale ma fanno da humus al contesto sociale del momento e del luogo in cui tale opera appare. Egli, difatti, associa al barocco leccese l’immagine di una Chiesa fortemente impegnata nell’attuazione delle direttive conciliari tridentine e perciò il complesso simbolico e allegorico scalpellato su un altare o su un frontone, come le pennellate sopra una tela, diventa testimonianza di uno spaccato socio-antropologico che può essere descritto e narrato. Danieli, pertanto, riesce perfettamente nell’intento di cogliere nel barocco leccese non solo le qualità apparenti ma anche il suo significato intrinseco, il suo messaggio velato, il valore simbolico delle forme nelle quali è imprigionato il senso più profondo e più intimo di una Chiesa, testimone di Cristo, che cerca l’uomo e ne implora la salvezza, il perdono e la redenzione.

Lo studio di Francesco Danieli irradia di nuova luce il barocco leccese e al contempo gli dona un’anima capace di trasformare un’opera da testimonianza diretta della storia a testimonianza indiretta dell’Uomo.


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