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Francesco Domenico Guerrazzi

Creato il 14 gennaio 2013 da Patrizia Poli @tartina

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di Patrizia Poli

Avere in casa un libro di Francesco Domenico Guerrazzi (1804- 1873) voleva dire essere arrestati. Eppure, i suoi romanzi, animati da tensione patriottica risorgimentale e da spirito pessimistico, conobbero un enorme successo di popolo.

Il Guerrazzi venne alla luce nel 1804, nella vecchia Livorno, mentre in città dilagava l’epidemia di febbre gialla, la sua nascita non fu ben accolta dai genitori e questo lo immalinconì per tutta la vita, contribuendo a forgiare il suo carattere triste, solitario, vendicativo, attaccabrighe. Studiò presso i Barnabiti ma non amò la scuola, considerandola tetra, litigò col padre e fuggì da casa. Fu coinvolto in risse con gli ebrei ed espulso dall’università

Per tutta la sua esistenza, fece avanti e indietro dal carcere, sempre per motivi politici, subì processi, condanne e il confino. Fervente mazziniano affiliato alla Giovane Italia e ardente repubblicano, ebbe gran parte nei moti del 48, diventando persino dittatore per quindici giorni, durante la rivoluzione toscana. Fu incarcerato nel Forte della Stella insieme a Carlo Bini, con cui aveva fondato l’Indicatore Livornese, poi soppresso dal regime. Teorico della rivoluzione, ma anche piuttosto realista in politica, vide sempre disattese le sue aspirazioni, sviluppando una crescente amarezza e disillusione. Solo l’educazione dei nipoti lo distolse, in parte, dal suo impegno.

Oltre che alla politica attiva, si dedicò anche alla scrittura, intesa sempre come veicolo d’idee risorgimentali e civili. Conobbe Byron e la sua poetica, soprattutto quella degli inizi, ne fu influenzata.

I suoi testi più famosi sono “L’Assedio di Firenze”, “La Beatrice Cenci” e “La Battaglia di Benevento”, si può dire che con lui nacque il romanzo storico risorgimentale.

Nella sua fantasia esuberante e violenta”, spiega il Cappuccio, “nel suo gusto del truce, del macabro, dell’orrendo, nei modi stessi dell’espressione convulsa ed enfatica, si rispecchiano, più forse che in nessuno degli altri scrittori italiani dell’Ottocento, certi aspetti estremi del romanticismo europeo, da Byron a Victor Hugo”.

Ciò non toglie che i suoi romanzi andavano a ruba nonostante il prezzo elevatissimo. Passavano di mano in mano, e piacevano per gli ideali ma anche per il sensazionalismo, a onta di quella che il Sapegno definisce “turgida oratoria tribunizia”. Anche Carducci fu un ammiratore del Guerrazzi, che difese la tradizione linguistica italiana, fu di orientamento classicista e non disdegnò nemmeno tratti umoristici. Il successo si attenuò nella seconda metà dell’ottocento, con l’affermarsi del positivismo.

Guerrazzi visse gli ultimi anni alla “Cinquantina”, una fattoria presso Cecina, dove si prese cura dei nipoti fino alla sua morte, avvenuta nel 1873.


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