La Montagna Pistoiese è uno di quei territori che va approfondito, un paesaggio che va raccontato. Si fa presto a dire che è semplicemente la strada che porta da Pistoia all’Abetone, perché a ben guardare lungo il percorso si possono incontrare tante distrazioni e tante deviazioni dalla via principale. La strada, tra l’altro, è la S.S. 66. E si fa presto a fare della facile ironia pensando alla Route 66. No, non è la stessa cosa, ma è ugualmente una bella via da percorrere: un alternarsi incessante di paesi e di boschi, un paesaggio montano che in questa stagione assume un fascino tutto particolare.
L’osservatorio astronomico di Gavinana – Montagna Pistoiese
Questa è la stagione delle castagne e delle foglie che cadono e che prima di volare per terra si colorano di giallo, di rosso e di bruno. In inglese viene chiamato fall foliage, e devo ammettere che personalmente sono molto sensibile a cogliere le varie sfumature di colore, a vedere come la singola foglia si riverbera contro l’azzurro del cielo, e rimango incantata a pensare che la stagione più bigia dell’anno in realtà è la più colorata. Un’auto che ci sorpassa in folle corsa alza un mulinello di foglie variopinte che vivacizza l’asfalto grigio davanti a noi. Grazie, pirata della strada, per questo spettacolo.
La Ghiacciaia della Madonnina de Le Piastre – Montagna Pistoiese
Ogni curva di questa strada potrebbe raccontare capitoli di storia, recente e passata. Non per niente il territorio è organizzato nell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, che preserva, tutela e valorizza il patrimonio naturale ma anche culturale di questa terra. Incontriamo, per esempio, lungo il percorso, affacciata proprio alla strada, una ghiacciaia, chiamata la Ghiacciaia della Madonnina, in località Le Piastre: una grande struttura circolare in pietra col tetto troncoconico, fu costruita apposta per conservare il ghiaccio tratto dalle acque del fiume Reno che scorre qui accanto. Il paese stesso de Le Piastre, fu costruito apposta in funzione dell’ “industria” del ghiaccio, nella seconda metà del Settecento. Oggi, delle circa 100 ghiacciaie della zona, ne sopravvivono più poche, e questa della Madonnina è la meglio conservata.
Andando avanti, sfioriamo invece un capitolo della storia recente: a Campo Tizzoro sono ancora ben visibili i capannoni della SMI, Società Metallurgica Italiana che qui per quasi tutto il Novecento fornì munizioni all’esercito italiano. Costruita nel 1910, potete immaginare quanto lavoro abbia avuto dapprima durante la I Guerra Mondiale e poi in epoca fascista e durante la II Guerra Mondiale. Non esisteva il paese di Campo Tizzoro finché non vi fu impiantata la fabbrica. Negli anni ’30 vi furono realizzati i rifugi antiaerei: ovviamente era considerato un obiettivo strategico in caso di guerra e come tale si dovette organizzare. Oggi quei rifugi sono musealizzati e visitabili. La fabbrica ha chiuso i battenti nel 2006.
Proseguendo la nostra salita verso San Marcello Pistoiese, ma senza avere in realtà una meta precisa, ci siamo fatti tentare dalle varie deviazioni che si incontrano lungo il percorso. La prima tentazione/deviazione è stata una bella villa in rovina in vendita al Passo dell’Oppio. Abbiamo accostato la macchina e ci siamo fatti stregare dalle mura cadenti nel paesaggio di rami semispogli e foglie secche; abbiamo poi rivolto lo sguardo al panorama, particolarmente ampio e arioso, e abbiamo pensato bene di proseguire in direzione di Maresca.
Paesino tranquillo, più grande di quello che ci si aspetterebbe per un entroterra così lontano dalla città. Essendo ora di pranzo cerchiamo un posto per mangiare, ma tra ristoranti chiusi per ferie, chiusi per turno settimanale e introvabili (il rischio di muoversi un lunedì di novembre in effetti è questo), ce ne andiamo via affamati e un po’ dispiaciuti.
Riprendendo la via per San Marcello Pistoiese, eccoci alla seconda deviazione: puntiamo infatti verso Gavinana, paesino lievemente in altura rispetto a Maresca, e con una storia che ci si rivela non appena arriviamo in piazza. Qui, infatti, campeggia fiera e vittoriosa una statua equestre che si staglia contro l’azzurro del cielo. Il prode cavaliere è Francesco Ferrucci.
Narra la Storia che ci fu un momento nella vita di Firenze in cui i Medici furono cacciati e fu costituita la Repubblica Fiorentina. Essa non ebbe vita facile e resistette fino a che, nel 1530, non fu attaccata addirittura dalle truppe imperiali del famoso re Carlo V il quale, insieme al papa, sosteneva il ritorno della famiglia Medici. Campione delle libertà fiorentine contro l’ingerenza dell’Impero e il ritorno dei Medici fu Francesco Ferrucci che, a capo dell’esercito della Repubblica, combattè valorosamente e riportò notevoli vittorie in più occasioni (a Volterra, per esempio). Ma nel corso della Battaglia di Gavinana, sul luogo in cui oggi sorge la sua statua, fu ferito, fatto prigioniero e infine ucciso. Il suo assassino fu il comandante dell’esercito nemico Fabrizio Maramaldo, che si accanì su di lui per fargli pagare le varie umiliazioni subite nelle battaglie precedenti: pare che a Maramaldo Francesco Ferrucci in fin di vita abbia rivolto la famosa frase “Vile, tu uccidi un uomo morto”, frase che tutti conoscono, ma che se chiedi chi l’ha detta nessuno lo sa mai. Ebbene, la pronunciò Francesco Ferrucci, che così cadde, nel luogo dell’attuale piazza di Gavinana. Qui è celebrato quasi come un santo; in età risorgimentale, poi egli divenne emblema del sentimento di orgoglio nazionale, tanto che viene citato nell’Inno di Mameli, come orgogliosamente ci mostra la proprietaria del Ristorante Franceschi, sulla piazza di Gavinana, nel quale, finalmente, pranziamo.
Il paese di Gavinana è davvero piccino: la piazza, la chiesa e poche case strette le une alle altre. Un vero borghetto di montagna più proiettato sul bosco di castagni che altro. Se vogliamo raccogliere castagne, ci consigliano, dobbiamo salire verso l’Osservatorio Astronomico: lì troveremo pane per i nostri denti.
Il bosco vicino a Gavinana
E così facciamo. Nel primo pomeriggio il nostro fuoriprogramma prevede di infilarci nel bosco a raccogliere castagne. Arriviamo fino all’osservatorio (che è visitabile su prenotazione: leggete qui), in posizione panoramica eccezionale, dopodiché ci inoltriamo nel bosco, stregati dai magici colori del fall foliage, felici come bambini nel calpestare lo spesso tappeto di foglie secche che si è già formato in questa prima metà di autunno.
Un simpatico orso di legno ci accoglie sul limitare del bosco
Raccogliamo castagne senza essere attrezzati: io mi rovino le mani a cercare di aprire i ricci che pungono con cattiveria per difendere il loro prezioso frutto. Ma è un gioco così bello e io mi sento una bambina: e mi rivedo bambina, quando andavo nella pineta dietro casa mia in Liguria con mia sorella, mia mamma e mio papà, e mentre loro raccoglievano gli asparagi e il finocchietto selvatico, io e mia sorella raccoglievamo fiori, margheritine e anemoni.
Restiamo nel bosco finché non ci sorprende il tramonto. Dall’ultimo raggio di sole che filtra tra gli alberi e l’imbrunire è un attimo, e noi arriviamo, finalmente, a San Marcello Pistoiese quando ormai è buio. Facciamo un breve giro: vediamo la chiesa e il palazzo comunale, e qualche negozietto nelle vie laterali. L’insegna di un hotel laggiù in fondo sembra essere rimasta la stessa dagli anni ’30.
Torniamo verso Pistoia che è ormai notte, tutto nero intorno a noi. Negli occhi però abbiamo ancora i colori del bosco e del cielo. E la notte, quando chiudo gli occhi per dormire, mi sembra ancora di camminare tra i castagni, e posso vedere ancora le foglie secche nel bosco, e sentirle frusciare e scricchiolare sotto i miei piedi…
La montagna pistoiese in autunno