Francesco Maria Tipaldi, Luca Minola, IL SENTIMENTO DEI VITELLI, Edb edizioni 2012
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Nell’essere scelti, dunque, giá dalle prime prove, da un registro che mette in gioco il turgore e la lotta frontale, per cui si é subito sconfitti o subito vincitori, si ha come conseguenza che non ci si puó imparentare alla morte prematura e al distacco – francesco/ maria cantare si deve al contrario/non avrai nostalgia, né tantomeno/avrai ricordi – p 18.
Che cosa puó rimanere, allora, di una vita che, per non conoscere le stigmate del dolore, rinunci al ricordo? – ma si puó avere ricordo, poi, senza provare nostalgia? -: innanzitutto la pratica dell’insistenza, la disciplina dell’attenersi al compito di non durare: “noi avemmo il privilegio di non/ durare/ricordi?”, p 20, che é la posizione assertiva del mantenersi in un vitalismo costante, tanto più impegnativa quanto piú il tempo del giudizio si appressa, il tempo delle – fottute trombe – quando – sará come essere tutti addormentati/galleggiare nel brodo/uno vicino all’altro/ in eterno”, p 26.
Conta, certo, ció che é stato prima, nel ventre della molle vita, dove piú che il senso, vale l’animale accadere: “- I topi battono la coda nella melma/dove striscio la pancia battono la coda”, p 27.
Giá: la vita sembra costruirsi intorno ai ritagli nel nulla; nella momentanea assenza dell’orco, i bimbi sono chiusi in gabbia in attesa di essere divorati.
Costruita su questa banale quanto tremenda veritá dell’esistenza, che strada potrá prendere la futura poesia di Francesco Tipaldi? Certo, quella di aver scelto come musa impietosa, l’odore delle cose basse, l’aura tragicomica che ispirano gli esseri intravisti nella loro posizione meno naturale e quindi la meno artificiosamente sociale: i culoni bassi delle contadine, le loro mammelle ricurve, rosse come i pomodori che raccolgono, come le mele rosse…
E poi -
…storpi, scatole di bimbi neri,
stitici, scimmie
Partorire, partorire marmocchi -
utero rotto, utero dei fiori, fiore della placenta,
osmosi, lampade a gas.
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Il verso di Minola, dunque, tende a instaurare una lotta silenziosa con l’ angelo del disordine, senza evocarlo, peró, ma affrontandolo con le armi del rallentamento – si tratta di precisare delle strutture, dei destini -
Sono scene, dunque, in cui vediamo avvenimenti psichici o mentali descritti con gli stessi strumenti delle fenomenologie celesti, proprio perché sfuggenti a un ordine, a un significato ordinario.
Cosí, per esempio,
I meccanismi si muovono in richiami,
vibrano lucide le mucose profondissime.
Strofinate a terra, nel sonno della prima fessura
sono controllate nei punti deboli, negli affanni.
Si veda, dunque, il tentativo di descrivere qualcosa che non é descrivibile se non attribuendo a psiche lo stato di meccanismo, quindi in qualche modo prevedibile, anche se non controllabile.
Una materia evidentemente innominabile, é cosí detta:
Le sostanze sono chiare, piene di radiazioni,
portano il filtraggio, lo spurgo
dalle lunghe ore di sonno.
Stati, dunque, misteriosamente in bilico tra quiete e dominio, come due corpi opposti che si fronteggiano, come fosse l’amore l’ago di una bilancia sensibilissimo ai cambiamenti, alle sfasature delle leggi naturali.
Senza emissioni le vibrazione dei sessi
rimangono nell’ordine
ispezionate nel lungo stato di chiarezza.
Non cederá il corpo venuto di pazienza e spazio
nel legno fra le cose esatte.
E quindi il pericolo: (Luce stravolta nello stile).
Ció che si muove, che disequilibra, sembra dunque mostrare una carica eversiva, di pericolo – le cicatrici dei sensi, lo spazio é nocivo, stagni molli, inutili ambienti, catastrofi e centimetri -
Proprio per questo la poesia di Luca Minola ha bisogno di edificare i suoi spazi minimi sulle fondamenta di uno stato di quiete da cui poter osservare i sommovimenti. E questo avviene a giugno, “il minore,/ il più lungo mese nella luce”, mentre tuttintorno “sono pieni di motori nelle braccia/cercano di migliorare il cielo”.
Sebastiano Aglieco