Francesco Marino Mannoia, nasce a Palermo nel 52 è conosciuto ai più come “mozzarella“, figlio di un affiliato della cosca Santa Maria di Gesù, una delle più temute, a cui appartengono nomi di spicco di Cosa Nostra, che è anche la stessa “famiglia” del picciotto pentito Di Maio morto suicida qualche giorno fa. Mannoia si sa è stato uno dei più stretti collaboratori di Stefano Bontate e si è occupato prevalentemente dell’eroina, infatti per anni a Palermo è stato chiamato come il chimico o “u dutturi”. ma nella seconda guerra di Mafia Bontade perde la vita e Mannoia si salva solo perchè in quel periodo è ristretto in carcere. nel 1983 evade e si lega a Riina ed ai Corleonesi. Mannoia però torna in galera nel 1986 e, nel 1989 si pente, verrà condannato a 17 durante il maxiprocesso di Palermo e, entra a far parte di un maxiprogramma di protezione internazionale dove anche l’FBI è coinvolta.
Mannoia, attualmente però vive in una localita’ segreta in Italia, ha provato a uccidersi con un cocktail di farmaci; ma la moglie, insospettita dal tono di una sua telefonata, l’ha raggiunto e salvato. Ora e’ fuori pericolo. Quello del collaboratore di giustizia e’ il secondo tentativo di suicidio in quattro mesi, da quando, cioe’, ha fatto ritorno in Italia, lamentando la scarsa attenzione nei suoi confronti dopo 22 anni di collaborazione con la giustizia. Attraverso il suo avvocato, Mannoia ha chiesto di parlare con i magistrati.
In questi mesi però Francesco Marino Mannoia si vede solo e disperato: alcuni giorni fa, ha tentato di suicidarsi, ingerendo un cocktail di farmaci, ma sua moglie è riuscita a salvarlo in extremis, portandolo in ospedale. Era già accaduto un’altra volta, un mese fa. E qualche giorno dopo Mannoia aveva affidato il suo sfogo al procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che era andato a interrogarlo per una vecchia inchiesta: “Sono deluso, amareggiato, dopo tutto quello che ho fatto per la lotta alla mafia, dal 1989″. Probabilmente Mannoia è molto scosso, ma attualmente dopo anni vissuti in America, a 60 anni compiuti ha deciso di tornare in Italia, perché la moglie e i due figli non si sono mai integrati oltreoceano. Ma è stato l’inizio di altri problemi: l’ex chimico delle cosche, grande esperto nella raffinazione della cocaina, si è ritrovato senza una casa, e oggi è ancora più preoccupato per il futuro dei suoi due figli.
Mannoia ventanni fa aveva detto a Falcone (verbale, l’8 ottobre 1989): “Il mio pentimento è un gesto di fiducia nelle istituzioni, anche se non noto un vero impegno dello Stato nella lotta alla mafia”, ma è nota pure la vicenda legata al suo pentimento, le morti in famiglia si susseguono e Mannoia ne viene ferito anche se dirà : “Non mi fermeranno, voglio cambiare vita”. Ora sembra che dà un pò lo Stato non ha i soldi per pagare l’affitto e Mannoia di questo ha paura, teme che il già fragile sistema di protezione stia lentamente terminando. E se il giovane Di Maio ha scelto la morte a causa della solitudine, le cose non vanno meglio, a parlare sulle pagine de La Repubblica è Manuel Pasta, accusa: “Lo Stato non fornisce assistenza in nulla ai collaboratori, limitandosi allo stretto indispensabile, che si esprime in un tetto, un sussidio quando arriva e le spese per gli impegni di giustizia. Si poteva evitare quel suicidio – scrive Pasta, anche lui ex esattore del pizzo, in una lettera aperta – Di Maio aveva già tentato di togliersi la vita in cella, nel momento in cui è uscito bisognava dargli assistenza psicologica. Forse, c’è una volontà superiore affinché questo fenomeno del pentitismo sia disincentivato.Ci sono tanti Di Maio che vanno aiutati”, è il suo appello: “Il nucleo di protezione non riesce ad affrontare l’enorme lavoro con un numero esiguo di personale, e spesso non c’è nemmeno un protocollo da seguire, se non quello dell’anima”.
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