Posted By Andrea Perrucci on 18, nov, 2013 | 0 comments
“L’animo preferisce la vittoria alla pace”.
Annibale
La parola “Principe” ci fa venire in mente molte cose. Innanzitutto il Medioevo, l’epoca feudale e la sua società di stampo gerarchico. Poi al capolavoro letterario-filosofico di Macchiavelli. Ci fa venire in mente anche il mondo dei personaggi a volte fieri a volte meschini degli scritti di Shakespeare. Insomma, la parola “Principe” fu termine chiave e di uso abitudinario fino al Settecento. E nell’epoca moderna, nella nostra era? Per molti negli anni ’80-90 del secolo scorso è esistito un solo ed unico principe, Enzo Francescoli, classe 1961, forse dopo Schiaffino il giocatore uruguayano più importante della storia del calcio. Attaccante di rara leggiadria ed eleganza, proprio come un Federico Arturo di Homburg o un Enrico V sui campi di battaglia, Francescoli fu inserito dalla Fifa 100 tra i migliori 125 giocatori di sempre.
In quasi 20 anni di professione girò quattro nazioni (Uruguay, Argentina, Francia e Italia), dimostrando il suo valore e il suo estro praticamente dappertutto, segnando raffiche di reti ed entrando nella leggenda. I primissimi suoi anni da calciatore sono legati alle giovanili prima ed alla prima squadra poi ai bianconeri del Montevideo Wanderers, club dove militò dal ’80 al ’83, giocando in maniera sorprendente tanto da attirare l’attenzione di una delle squadre argentine più famose, il River Plate. La sua velocità e la sua classe con la palla fra i piedi sono i punti trascinanti del trionfo l’anno successivo in nazionale con la Coppa America ’83. Il Principe viene classificato miglior giocatore della competizione ed il suo gol su punizione all’Estadio Centenario di Montevideo nella finale d’andata contro il Brasile, vinta poi 2-0 (di Aguilera il secondo gol, il futuro giocatore genoano che con Skuhravy formò la coppia d’attacco più bella dei primi anni ’90) porta all’Uruguay il 12° titolo ed il primo trofeo da attaccante per Enzo. E’ l’inizio di una lunga serie di vittorie.
Nella prima stagione con la formazione di Buenos Aires, pur non vincendo la Primera Division, segna 24 gol in 33 partite. Ed è il preludio calcistico, solo un assaggio, per la futura conquista del campionato argentino tre anni dopo, nella stagione 1985-1986, dove con 25 segnature è il miglior marcatore dell’anno. Ma Enzo non finisce di stupire e dopo le mirabolanti prestazioni in campo, abbaglia anche i riflettori e gli occhi sgranati del pubblico quando decide di lasciare i fasti del River Plate per intraprendere una umile carriera in Francia con la maglia del RC Parigi, squadra di media categoria dove Francescoli diventa il campione assoluto. Saranno tre anni francesi magri di vittorie ma fuori dall’Europa Enzo ha il privilegio di alzare un’altra volta la Coppa America di Argentina ’87, dove nella secca ed incredibile finale di Buenos Aires contro il Cile, venne espulso assieme al compagno Perdomo e ai due rivali cileni Gomez ed Astengo, una gara dura come il granito finita in 9 contro 9 ma sollevata dal risultato di 1-0 per gli uruguayani. Competizione da urlo che vedeva campioni quali Francescoli stesso, Maradona e Valderrama nelle loro rispettive nazionali.
Dopo la partita decisiva nel girone finale di Copa America ’89 persa malamente con il Brasile di Romario e Bebeto (clicca qui per la sua storia), nella prima ed unica stagione con la maglia dell’Olympique Marsiglia, il Principe fa centro e vince la Division 1 (la nostra serie A) realizzando 11 reti e giocando a fianco di grandi giocatori come Papin e il giovane Deschamps. Le avventure sudamericane di Enzo risultano ben migliori di quelle mondiali: dopo Messico ’86 che vide l’Uruguay uscire agli ottavi contro l’Argentina di Diego (anche se il pronostico del dio del furbo Schiaffino fu diverso: “Raramente siamo stati forti come adesso”, disse in una intervista), anche ad Italia ’90 Enzo e compagni si fermano nella medesima posizione, sconfitti dagli azzurri di Vicini. Il fermarsi agli ottavi in Italia è un segno per il Principe uruguayano. Infatti, dal 1990 al 1994 passerà a giocare al Cagliari ed al Torino. Francescoli non vincerà mai nel nostro paese ma, soprattutto con la formazione sarda, assieme ad ottimi giocatori come Fonseca, darà dei contributi importanti ai rossoblù, portando il Cagliari ad una storica qualificazione in Coppa Uefa nel ’93.
Ancora oggi Enzo è considerato dai cagliaritani un vero e proprio mito, forse il giocatore più importante a vestire la maglia dopo Gigi Riva. Ben diverso l’anno a Torino, una stagione senza infamia e senza lode. Gli ultimi anni di Francescoli nel mondo del calcio lo riportano all’amata River Plate dove, non stanco di successi, conquistò da totale protagonista tre tornei d’Apertura del Campionato Argentino (1994, 1996, 1997) ed uno di Clausura (1997) ma soprattutto la Coppa Libertadores del ’96 vinta contro i colombiani dell’America de Cali. Un anno positivo per Enzo se non fosse per quella piccola macchia del 26 novembre dello stesso anno quando si vide sfumare il titolo Intercontinentale contro la Juventus di Lippi dopo un gol di Del Piero ad una manciata di minuti alla fine della partita. Ma la sua maglia, anche quando decide di appendere le scarpette al chiodo l’anno successivo è ancora lì, nella bacheca del River Plate, come è anche quella del Marsiglia, del Cagliari e della sua nazionale, l’Uruguay. Leggenda ultra-calcio, El Flaco, come lo chiamavano in Argentina per via della sua magrezza, è tutt’oggi omaggiato da personalità di spicco. Zidane ha chiamato suo figlio Enzo in suo onore, Diego Milito ha il suo soprannome “El Principe” per via di una forte e veritiera somiglianza fisiognomica col suo volto. Insomma, Francescoli è ancora sulla bocca di tutti ed è cosa rara per un calciatore restare nel perpetuo, capita a pochi, capita ai migliori, a quelli che se lo meritano per le cose fatte in campo.
E’ capitato a Pelè, a Maradona, a Cruyff. E’ capitato anche ad Enzo Francescoli, il più grande giocatore uruguayano degli ultimi 30 anni.