La Costa d’Avorio è quella, tra le ex-colonie francesi, che quasi certamente ha più sofferto e continua a soffrire del “pugno di ferro” della “françafrique .
Questo almeno, secondo l’autore del libro.
Ed è mia impressione che lo stesso scenario ,se non peggiore, mutata mutandis, sarà poi quello che si prospetterà in Mali a guerra, se e quando, terminata.
Anche se resta comunque il “fatto” piuttosto serio che il fondamentalismo islamico estremo è una realtà anche in Africa, dove tenta d’insinuarsi e che va assolutamente combattuto e occorre farlo con ogni mezzo possibile e immaginabile.
L’importante è che il cosiddetto”male assoluto” non sia però lo spauracchio tendenzioso o il paravento di comodo di ben altri reconditi interessi internazionali,come da sempre accade nel continente.
Tony Akmel, autore di questo agile saggio, un centinaio di pagine, che può essere tranquillamente letto in un pomeriggio uggioso come quello di questo febbraio, affronta il tema dell’intervento francese in terra ivoriana, il 19 settembre 2002, in appoggio alla feroce ribellione interna tra opposte e agguerrite fazioni politiche.
E, ripercorrendo le tappe e gli eventi storici non disconosce che le sgradevoli conseguenze politico-economico-sociali di oggi, per la gente comune, in Costa d’Avorio, sono tutte da ricondursi a quelle motivazioni del lontano conflitto, che si verificò nei primi anni del nuovo millennio.
Akmel è dichiaratamente schierato con l’ex-presidente Gbagbo, di cui per altro, a breve, ci sarà il processo penale e certamente una condanna.
E tuttavia non è il solo a pensarla così.
Molti ivoriani, presenti in Italia, perché fuggiti fortunosamente da quell’inferno che era diventato il loro Paese, dopo le elezioni vinte da Ouattara nel 2011, tra brogli e la longa manus della Francia, sono dello stesso parere.
E lamentano molto, inoltre, l’impossibilità per alcuni di loro di poter ottenere il ricongiungimento con i propri familiari.
Intendo moglie, e sopratutto figli piccoli, costretti a crescere senza una famiglia unita.
L’ingerenza francese, per l’autore del libro, scaturisce quasi certamente dall’intenzione di bloccare l’apertura del ricco mercato ivoriano alle multinazionali cinesi, giapponesi e americane, cosa che sarebbe stata e sarebbe anche oggi tutta a discapito degli interessi di Parigi.
Questa è ovviamente la “sua” chiave di lettura, quella propria di Tony Akmel, anche se la complessità dell’argomento stesso, non meno che quando si ragiona dell’”affaire”Mali, ne può avere diverse altre ancora.
Ciò che è impressionante è la constatazione inossidabile di quanto la “storia” si ripeta e di quanto grandi siano , in ogni tempo e in ogni luogo, costantemente, tanto l’avidità che l’egoismo dell’uomo, pronti a schiacciare come un rullo compressore il più debole e il più indifeso,non appena l’occasione è propizia.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
ndr.) L'immagine in alto,a corredo del testo, è quella riportata sulla copertina del libro dall'editore.