Perché scrivere una sonata per chitarra, anzi quattro, al limitare del XX secolo?
La risposta la si può percepire ascoltando le Sonate che Franco Cavallone ha dedicato a questo strumento, riversando nella bellezza della scrittura chitarristica una forma tanto blasonata quanto apparentemente fuori dai tempi massimi. Tuttavia nella letteratura chitarristica il tempo non ha seguito una linea coeva a quella di altre esperienze strumentali, ne è testimonianza il cospicuo numero di lavori che nel XX secolo ha adottato questa forma, con risultati che paiono dispiegarsi su un immaginario ventaglio aperto a soluzioni diversissime, una sorta di Cerebro multiforme in grado di far germogliare perle contraddittorie impossibili da incasellare nelle solite quanto trite casistiche estetiche. Le Sonate di Cavallone parlano una lingua notturna e segretamente misterica, dove il peso specifico della materia musicale si espleta in soluzioni di scrittura apparentemente tradizionali, che strizzano l’occhio a precedenti sedimentati nella coscienza musicale collettiva, attraverso un sapiente riuso di quanto nell’ambito della scrittura chitarristica è stato testimoniato.
La Sonata n. 1 si apre con un primo tempo che pare guardare al fantasma di Ponce attraverso una lente distorta, che ne modifica i lineamenti in chiave espressionista Fiori colorati e velenosi sbocciano nel secondo tempo per esplodere in un finale di episodi frammentati e determinatissimi nel dichiarare le proprie ascendenze.
La Sonata n. 2 si disvela con un primo tempo di memoria quasi tarreghiana, una Lagrima filtrata da esperienze raveliane, per poi giungere ad un secondo tempo come sprettro di romanza, incalzante il finale nei suoi feux d’artifice.
Nessuna concessione epidermica nella Sonata n. 3, tre tempi che scavano nella coscienza profonda, sequela di reminiscenze fantasmatiche, ne stia alla larga chi pensa che la chitarra non sia in grado di palesarsi in un universo drammatico e altrettanto faccia chi nelle sei corde non riconosce il volto poco rassicurante volto di spettri e demoni della memoria.
Materiale da maneggiare con cura anche per la Sonata 4, che pare ribadire una volta di più le ormai astratte coordinate che musicalmente ne sono alla mutiforme base. Respiro cosmico risvestito di inquietudini assolutamente contemporanee. Quattro lavori che dovrebbero essere parte fondante del mazzo di carte da giocare nei tempi a venire.
Superlativa l’interpretazione di Cristiano Porqueddu, un artista a cui evidentemente, e per fortuna, non interessano le mezze misure. Supportato da una presa sonora tanto scarna quanto efficace, lontana dai clichè di una chitarra fintamente evocativa.
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I Dodici Studi in quattro sonate di Franco Cavallone sono editi da Sinfonica.
Link per l’acquisto online > www.sinfonica.com/italian/per_id.php?id=195
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Prima registrazione assoluta delle quattro Sonate di Franco Cavallone contenuta nel cofanetto “Novecento Guitar Sonatas” distribuito da Brilliant Classics.
Qui il III movimento della Sonata III.
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