«Se ci sei nato dentro, poi, riesce tutto facile». Parole di Franco Di Mare, l’autore del romanzo Il paradiso dei diavoli (Rizzoli, 2012). Franco Di Mare è nato a Napoli nel 1955. Giornalista, dopo vent’anni come inviato di guerra, è passato alla conduzione televisiva di programmi di successo delle reti Rai. Di Mare, con questo suo romanzo, vuole ripercorrere il vissuto di chi vive ai piedi del Vesuvio, con un doloroso inno d’amore alla sua Napoli, la città dalle tante contraddizioni, il palco teatrale in cui tutti recitano una commedia da loro non voluta. Un copione scritto e ben collaudato, fatto di attori e figuranti. Una città bella e dannata, quasi un affresco sbiadito dal male di vivere. Un romanzo scritto con gli occhi di chi ci è nato e cresciuto, ma, grazie alle proprie forze, è riuscito a fuggire lontano, lasciando una ferita aperta nel cuore. La storia raccontata nel romanzo ha inizio negli anni ’80 e, ad oggi, ancora non è giunta al termine. Si parla di un dualismo ontologico in cui Napoli è il riflesso di bellezza e minaccia. Aristocrazia e plebe. L’eterna storia di una città dai due volti, bellissima e dolente. Il paradiso dei diavoli, ovvero il paradiso e l’inferno fusi insieme, come quelli vissuti nei sobborghi di Napoli, città immersa nella periferia. La periferia è nella città. L’autore racconta la sua Napoli e lo fa attraverso i racconti di uomini e donne, convinti che nulla cambierà per la propria esistenza su questo mondo. I protagonisti della storia accetteranno con molta rassegnazione il proprio domani, voluto da qualcuno che non sia tu. UNO, DUE e TRE. Non sono numeri da giocare nella smorfia di Napoli. Sono gli spari di pistola, di giovani ragazzi in cerca di gloria. Accetti il pacco che ti viene assegnato, che non è quello dei quiz televisivi, bensì l’uomo da eliminare voluto dalla banda malavitosa a cui appartieni. Magari, gli anni vissuti in carcere rinforzeranno il tuo mito, fra tutti i giovani privi di ogni logica sociale. «Napoli, il golfo più bello del mondo e culla del male che contagia senza distinzione di cultura». Ripercorri, con il Liberty, regalo del tuo amore, il quartiere in cui sei stato svezzato. Improvvisamente immagini il mondo che si trova al di là delle mura di casa tua. Imbocchi la discesa di via Posillipo, verso piazza Salvatore di Giacomo, la teoria di ville e palazzi dell’Ottocento immersi tra alberi e macchie di buganvillea. Ammiri il maestoso lungomare di via Caracciolo, passando per Castel dell’Ovo, l’ombelico esoterico del golfo.
Che meraviglia, pensava Lena ogni volta che guardava quel paradiso unico e indimenticabile. Sognando una carriera lavorativa diversa e raggiungibile, accanto all’amore di tutta la vita. «‘O dottor, come titolo “accademico” sognato e meritato, sin da quando mammà ti cullava fra le sue braccia», come riscatto da una vita a te avversa. Magari, metti in ridicolo tua figlia, esibendola in tv, come spettacolo da baraccone. Tutti devono ammirare la tua bambulella dal corpo infantile e dalla voce da cantante vissuta. Fuseaux neri, canottiera bianca aderentissima con un décolleté da perdere il fiato e tacco dieci al seguito. Tutto il vicinato deve schiattà dall’invidia. E se poi la tua carriera festivaliera finirà lì, un giorno sposerai il malvivente del quartiere. Nicola, il ragazzo che scontò più anni di carcere, solo per non aver fatto il nome del suo complice. Ti rende uomo alla vista dei fan del quartierino. Il romanzo è scritto con un linguaggio schietto, naturale, privo di fronzoli e di racconti strappalacrime. Le lacrime non servono a ripagare un destino da te non voluto. «Il mio rapporto con Napoli mi ricorda quello dei personaggi della commedia di Bizet che si innamorano della Carmen: tu lo sai che lei è fatta così, come puoi pensare di cambiarla. Ecco: io lo so che la mia Carmen, la mia Napoli mi tradisce. E vorrei strangolarla ogni volta che ci torno. Eppure mi scorre sotto la pelle e non posso fare a meno di amarla, nonostante tutto». Franco Di Mare, racchiude in sé, odio e amore, per una città oppressa dalle tante problematiche di coloro che vivono a contatto con la camorra. Il tempo passa in fretta e, ti accorgi solo dopo, di aver annullato per sempre tutti gli affetti della tua adolescenza. «Mamme, amori e gioventù li piangi quando non ci stanno più». Forse era proprio vero che i detti antichi non sbagliano. Chi nasce a Napoli, non può cambiare la propria vita, deve assecondare il proprio destino non voluto da lui. Napoli è a città di Pulcinella e do’ Vesuvio. Napoli è ‘u teatro vivente, come ‘u presepe a Natale, ricco di statuine in bella mostra. I colori che fanno i panni stesi sui balconi, sembrano festoni di carnevale. I banchi di frutta e le edicole votive, rendono a città più bella. «Veco pe vic / facce chiene e pucundria, / addò è fernuta l’alleria. / O munno teneva mmiria e stà città / co mare o sole, e a felicità».