Franco Rizzi, uomo di grande erudizione e cultura, è straordinariamente modesto. Così è anche nel suo modo di scrivere: mai esagerato, mai sovraggettivato, sempre pulito e garbato. Un linguaggio anche ingannevole, perché sembrando semplice richiede molta attenzione. I dialoghi non dominano la narrazione, che racconta i fatti in sequenza cronologica, con interventi esplicativi. Anche le descrizioni sono brevi e non sovrastano la narrazione, semmai ne fanno parte e si leggono come se si desse un rapido sguardo all’ambiente, o all’aspetto fisico della persona di cui si scrive in quel momento, senza mai perdere di vista l’obiettivo, che è il racconto delle vicende che portano nel primo libro Luca e Leone sulle tracce dell’intrigo che si dispiega lentamente davanti a loro due, piccoli eroi di grande statura morale, e nel secondo libro portano Luca ad incontrare Cecilie con cui condividerà l’orrore di una delle carneficine più spaventose della storia recente di Parigi. Direi quindi che il linguaggio non è lirico, non è accademico, non è presuntuoso: è semplice e asciutto e si apprezza se si legge senza foga né fretta … proprio come un buon vino! E quindi siamo davanti a due romanzi storici, il primo si sviluppa nel meridione italiano ai tempi dei briganti, e il secondo vive la macelleria della guerra civile a Parigi, nella primavera del 1871. I due libri possono essere letti separatamente, ma è meglio leggerli in sequenza, per meglio capire Luca Falerno, il protagonista, che prima è un eroe indiscusso e poi, suo malgrado, diventa una sorta di picaro buono.
Caccia nelle Murgie è una vera e prpria caccia all’uomo. Un poliziesco ambientato in Puglia nel 1870, dove l’elemento storico fa da contorno alle vicende umane che si narrano. Il protagonista, Luca Falerno, è un giovane tenente dei carabinieri appena trasferito in Lucania, e si avvale della collaborazione di Leone de Castris, un uomo che viene dalla terra e che, effettivamente, è forte e coraggioso come un leone. Leggendo scopriamo metodi d’indagine per noi remoti e lontani, malauguratamente lontani, basati prevalentemente sulla parola e sul linguaggio fisico. I nomi dei protagonisti hanno un loro motivo: Falerno fu un vino decantato in primis da Catullo, Falerno è un territorio nel casertano, Falerno è una nave, Falerno è una “confraternita” che ha lo scopo di rivalorizzare il vino. Così Luca Falerno: è esclusivo, raffinato, elegante, per intenditori, conosce i segreti della terra e sa che per meglio capirne i messaggi gli occorre l’aiuto di che da quella terra proviene. Quindi veniamo a Leone. Leone è il re della foresta, basta guardarlo per sentirsi in soggezione, è l’immagine della fierezza e dell’intuito, del coraggio e della maestosità. Così Leone, il braccio destro di Luca, è fiero e intuitivo, è terra fatta persona, è rozzo e semplice, ma dotato di un intuito felino e di una forza fuori dal comune.
Durante la caccia all’uomo, Luca incontrerà Luisa con cui vivrà una fulminante storia d’amore. Il padre della donna è il marchese di Sanfelice e verrà rapito dai briganti, gli stessi che stanno cercando i due investigatori.
Nella loro indagine, evidentemente, scopriranno corruttele e intrallazzi d’ogni sorta, ma i metodi investigativi sono quasi tribali e i due devono far tutto da soli, Luca e Leone, don Chisciotte e Sancho Panza, il sogno e la terra, l’intelletto e l’intuito, la capacità di analisi e la praticità, come dire, ho i piedi per calpestare la terra e la testa per stare più vicino che posso al cielo.
Diverso il discorso se parliamo di 1871, la Comune di Parigi, dove la cornice storica non fa da sfondo, ma è la protagonista per molte pagine di densa narrazione, e i capitoli si alternano tra il racconto del dramma parigino e il difficile ruolo di un uomo che non può essere protagonista di una storia non sua, perché la deve solo osservare. Infatti, Luca Falerno, promosso capitano, è un inviato dei Carabinieri che deve riuscire a capire quanto succede a Parigi, e quindi a informare il comando. Insomma: una spia, un reporter e uno scrittore storico. Ora, immaginate i metodi: penna inchiostro e calamaio, lume di candela, spirito d’osservazione, passeggiate, conversazioni e tanta, tanta pazienza. Cose da raccontare tante, territorio da esplorare enorme, momento storico difficile. Quando arriva in città trova il caos più totale: i combattimenti tra comunardi e versaglini si fano via via più cruenti e l’utopia di uguaglianza e giustizia ben presto sarà condannata a morire devastata dalla guerra civile. Luca si limiterebbe a fare l’osservatore e lo scribacchino se non fosse per l’incontro con Cecilie, che lo coinvolge anima e corpo in una guerra non sua. Lei è l’eroina del libro, lei rappresenta il coraggio di una città impersonificando una coraggiosa attivista e crocerossina della Comune, che lotta per i propri ideali libertari con impareggiabile tempra, ancora una volta ci troviamo davanti a una donna forte e determinata, che scava un solco nel cuore del defilato protagonista, riportandolo alla ribalta grazie al grande amore che i due riescono a vivere. Alla fine i giovani amanti si trovano a ripercorrere in lungo e in largo la città, lui cercando di fuggire dai combattimenti con la speranza di salvare la sua donna, lei cercando invece i luoghi di raccolta feriti per salvare la propria dignità di volontaria di un ideale. E mentre i combattimenti stanno decretando la fine di un ideale, i due passano da una porta all’altra di Parigi scoprendo che non c’è via di scampo, e ben presto vedranno la fine del sogno della Comune.
Sopraffatti dalla fatica, in prossimità del cimitero Pére Lachaise, si uniscono all’ultimo sparuto gruppo di federati, ma sarà un’uscita alla ricerca di acqua a interrompere la loro marcia verso una impossibile salvezza e Luca rischierà di essere una delle ignote vittime di questo massacro, quando un colpo di cannone deciderà il destino dei due giovani.
I due libri sono appassionanti e si leggono rapidamente, e credo che rappresentino tra i migliori esempi di narrativa storica italiana. La letteratura non è solo intrattenimento, ma è piacere, pensiero, sentimento, musicalità, immagini, apprendimento … tutto ciò si dispiega nella nostra mente quando leggiamo. Scrivere un libro richiede anni di lavoro, leggerlo richiede giorni… ma il contenuto sono vite intere che hanno una loro dignità. Il libro è un compressore decompressore, e se riesce nel suo intento di farci vivere vite non nostre, facendoci vedere la realtà con occhio diverso, ci ringiovanisce. E in questo, il nostro Franco Rizzi, è riuscito benissimo. Ora, se un libro di qualità viene identificato nella massa informe del panorama letterario italiano contemporaneo, occorre innanzi tutto segnalarlo, poi consigliarlo e eventualmente regalarlo agli amici. Già invece di un mazzo di fiori, regalate un libro… e con questi due titoli si farà belissima figura!