L'opera è così densa, che mi sembra una semplificazione quella con cui la Shelley in persona riconduce il suoFrankenstein al clima e alle atmosfere del romanzo gotico, alla stessa cultura cimiteriale da cui aveva tratto origine buona parte della letteratura romantica europea (non ultimo, il carme Dei sepolcri di Foscolo). Intanto è un romanzo a più voci: c'è la voce dell'esploratore Walton, che racconta il suo viaggio e l'incontro con un uomo; poi il racconto di questi, Frankenstein, appunto, e della nascita della sua creatura. Infine, il monologo della creatura stessa e il dialogo tra i due si incuneano nel cuore dell'opera per dare sostanza e ritmo alla seconda parte. Chiunque legga davvero il romanzo, rimarrà sorpreso dalla quantità di sentimenti e di affetto che trapelano dalle sue pagine e dalla carne del mostro: è la storia dell'amore deluso, della vendetta di chi non è stato né capito, né amato nonostante la sua dedizione e la spaventosa avidità di vita
Il passaggio dalla cultura illuministica (e in particolare rousseauiani) a quella romantica, con tanto di paesaggi naïf dei dintorni (guarda caso) ginevrini, poi inglesi, quindi polari, si avverte a ogni piè sospinto: la nobiltà originaria, l'aristocrazia naturale e un po' manichea della bellezza, l'importanza della dimensione sociale, ma anche la corruzione delle forme e dell'animo, perfino di quello più obbrobrioso, conferiscono corpo e sostanza a una storia splendida e avvincente. Ma è forse il senso del creare che alimenta la parte filosoficamente e culturalmente più intensa del romanzo: una creazione che è insieme quella divina (vista dal lato del creatore e dal lato della creatura) e quella dell'artista, alle prese con la sua opera. Di che natura è, quest'opera? Qual è la sua forma? Da dove trae origine e qual è il suo destino?
La dimensione etica e quella religiosa non prendono il posto del racconto, ma non si può negare che il racconto ne sia pregno: il bello di un classico come Frankenstein è che si riesce a pensare mentre si sta ascoltando una storia che è romanzo-romanzo, per noi un archetipo del genere e della forma del gotico. Forse un gusto moderno taglierebbe alcune pagine, a me sembra che Frankenstein di Mary Shelley sia bello così, anche quando indugia, o direi anche "rallenta": ha grazia, intelligenza, profondità. Puro spasso intellettuale.Pubblicato da Roberto Oddo a 4:21 PM