Realizzato dalla britannica Hammer Film Productions, è il quinto di sette capitoli appartenenti alla saga che l’etichetta di William Hammer ed Enrique Carreras dedicò al mostro nato dalla penna di Mary Shelley, ma il quarto diretto dal grandissimo Terence Fisher, il quale aveva firmato La maschera di Frankenstein (1957), La vendetta di Frankenstein (1958) e La maledizione dei Frankenstein (1967), lasciando, invece, La rivolta di Frankenstein (1964) nelle mani di Freddie Francis.
Mai distribuito nel mercato dell’home video italiano, Distruggete Frankenstein! (1969)
La ghiotta occasione per rivedere all’opera il mitico Peter Cushing nei panni del barone dedito ai consueti esperimenti su cadaveri, il quale, già a tratti ambiguo nei precedenti film, rappresenta qui l’eroe negativo portato al massimo.
Infatti, coadiuvato dai suoi assistenti, rapisce un dottore mentalmente disturbato per trapiantarne il cervello malato nel corpo del professor Richter alias Freddie Jones; ottenendo, ovviamente, una mostruosa creatura ibrida che non manca di finire fuori controllo per seminare terrore e violenza.
Al servizio di oltre un’ora e mezza di visione destinata ad accompagnare uno dei momenti più felici dell’epopea frankensteiniana targata Hammer, impreziosito da un buon ritmo narrativo e non privo di memorabili sequenze (citiamo solo quella in cui un tubo dell’acqua esplode portando allo scoperto una salma che era stata nascosta sotto terra).
Ma, per chi preferisce una versione al femminile delle vicende relative al resuscitato in laboratorio,
Mentre, tra una coppia aggredita durante un rapporto sessuale consumato all’aperto e due profanatori di tombe uccisi, la donna arriva a chiedere al dottor Marshall, ovvero il fantozziano Paul Muller, di far trapiantare il suo cuore ed il suo cervello nel corpo di un garzone, in modo da ottenere un essere forzuto da spingere contro l’altro, decisamente pericoloso.
In un elegante e fortemente exploitation mix di atmosfere cupe ed erotismo qui arricchito dal trailer cinematografico e dalla featurette di venti minuti Lady Rosalba, con interviste alla Neri e al critico Fabio Melelli.
E, rimanendo nell’ambito di orrori su celluloide legati al gentil sesso, non possiamo fare a meno di soffermarci,
Perché non si tratta altro che di una sorta di rifacimento inglese e non dichiarato del classico a stelle e strisce Il bacio della pantera (1942) di Jacques Tourneur, la cui trama riguardava una ragazza convinta di trasformarsi nella belva nera dopo ogni rapporto sessuale.
Qui, in maniera analoga, abbiamo la giovane Leonora, che, con le fattezze di una ottima Barbara Shelley (Il villaggio dei dannati e Totò, Peppino e i fuorilegge nel lungo curriculum), non solo ha problemi mentali e un marito che la tradisce, ma è stata da bambina vittima degli abusi da parte di uno zio e, a causa di una antica maledizione, si trasforma in un pericoloso felino che non manca di dedicarsi all’uccisione di chi incontra.
Con presentazione del già citato Cozzi nel comparto extra.
Francesco Lomuscio