di Tim Burton (USA, 2012)
VOTO: ****/5
A uno come Zdenek Zeman (scimmiottando un buffo spot pubblicitario che vediamo in questi giorni) basterebbero tre parole per recensire Frankenweenie, ovvero: solo per appassionati. Una frasetta che è il più delle volte critica e un pochino polemica, ma che invece stavolta calza a pennello per l'ultimo lungometraggio di Tim Burton. E' semplice: Frankenweenie è in pratica la summa di tutto il suo cinema, quasi un testamento artistico per il maestro di Burbank, il che non aiuta affatto a sciogliere il dubbio con cui ci eravamo lasciati recensendo Dark Shadows.Vi ricordate? All'epoca scrivemmo che Burton era ormai arrivato a un bivio nella sua carriera (vedi qui): decidere, cioè, se diventare 'grande' e cercare di rinnovarsi, evolvendo la sua idea di cinema a standard più consoni al suo estro, oppure adagiarsi su se stesso continuando a ripetere all'infinito gli stessi film, cambiando personaggi e ambientazioni ma propinandoci sempre la stessa minestrina...
Frankenweenie, diciamolo subito, non aiuta a fugare i dubbi. Apparentemente si potrebbe dire che Burton abbia scelto la seconda strada, la più facile, in quanto è andato a ripescare addirittura un suo cortometraggio di quasi trent'anni fa, che all'epoca fece imbestialire la Disney fino a farlo licenziare e che oggi invece, grazie alle glorie passate (e ai dollari accumulati), il prode Tim può permettersi di ampliare e far diventare un film vero e proprio, che riassume tutti i canoni del suo pensiero: l'elogio dei 'diversi', degli emarginati, dei timidi, le atmosfere gioiosamente dark (dove solo lui riesce a non entrare in contraddizione), l'idea di un aldilà che è un mondo più giusto e più sereno di quello dei vivi.
Insomma, lo spettatore che va a vedere Frankenweenie troverà esattamente quello che cerca e quello che già conosce di Tim Burton, niente di più niente di meno. E anche se, nel caso specifico, questa non è affatto una tragedia (anzi!) il sospetto che questo sia un film di 'transizione' di un regista che sta ancora sfogliando la margherita, inevitabilmente viene...Dall'altra parte però c'è un lungometraggio che, è bene dirlo a chiare lettere, è un'autentica delizia per gli occhi e una grande lezione di cinema e di vita per grandi e piccini: in Frankenweenie Burton, seppur citandosi addosso, ritrova lo smalto degli anni migliori, deliziando lo spettatore con le allegre trovate di quello spirito libero, visionario e gioiosamente macabro che tanto piace al suo pubblico. Il film è stilisticamente perfetto e artisticamente toccante e divertente, profondo e sbarazzino in egual misura. Girato 'all'antica', cioè con la tecnica dello stop-motion anzichè in digitale come ormai fanno tutti, e in un bianco e nero d'epoca (senza alcun snobismo intellettuale), Frankenweenie ci riporta a un'idea di animazione più 'umana', più artigianale, forse ormai fuori dal tempo, ma innegabilmente più vicina al pubblico (e proprio per questo, a nostro avviso, l'unico appunto che ci sentiamo di muovere è sull'inutilità del 3D, forse il prezzo da pagare alla produzione).

Come abbiamo già scritto molte altre volte, un grande regista è colui che riesce a rendere bellissime le cose normali: Burton in questo caso ci riesce perfettamente, addirittura riciclando un suo vecchio lavoretto e basandosi su un romanzo immortale e talmente sfruttato cinematograficamente da rischiare la scottatura immediata. E invece Frankenweenie lo vorremmo rivedere subito, oggi stesso, perchè un film così fa bene al cuore e contribuisce a renderci più altruisti e più disponibili nei confronti di chi ci sta vicino. E se nel frattempo, caro Tim, stai cercando di trovare nuove idee e nuove ispirazioni, ci teniamo a dirti che il 'passatempo' che ci hai lasciato per ingannare l'attesa funziona proprio bene!





