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Frankenweenie

Creato il 23 maggio 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

frankenweenie-posterStop & Burton

Burton stoppa e torna indietro nel tempo. Frankenweenie (2012) rievoca echi della cinematografia burtoniana in un turbinio di bellezza estetica.

Victor Frankenstein non ha amici. È appassionato di scienza e si può considerare un bambino solitario. Il suo unico amico è Sparky, un cane che un giorno viene tragicamente investito da un’auto. Distrutto dal dolore, Victor, ricordandosi di un esperimento in classe eseguito su una rana, decide di disseppellire l’animale e tentare di riportarlo in vita. L’impresa riesce, ma ora viene la parte più difficile: tenerlo nascosto.

Nasce tutto nel 1984. Cortometraggio degli esordi, Frankenweenie viene riproposto in lungo nel 2012 e accompagnato dall’esperienza e da una comprovata maturazione registica. Difatti la pellicola animata cita e sa di celebrazione. Non è un caso che nella versione originale la voce di Elsa sia di Winona Ryder, attrice che è esplosa sotto la ala protettrice di Burton, e che quella del prof. Rzykruski sia di Martin Landau. Non c’è Depp (strano), tuttavia la fisionomia di Victor Frankenstein ricorda un giovane Victor Van Dort, protagonista del bellissimo La sposa cadavere (Corpse Bride, 2005), personaggio da lui doppiato. E ancora la periferia statunitense e le sue villette a schiera, l’estremo sapore gotico, il bianco e nero, la “controfigura” di Vincent Price (il prof. Rzykruski), Frankenstein di Mary Shelley (declinato all’animale e non all’essere umano) e la sua parodia più riuscita, ovvero Frankenstein Junior (Young Frankenstein, 1974). Nel film di Burton c’è tutto questo e molto altro: ironia, orrore anni settanta, amore, amicizia e diversità (che qui fa rima con solitudine). Frankenweenie è personale, ammiccante e nostalgico. Un trattato d’amore per le sue origini e il suo cinema. Il regista torna allo stop motion e, sotto bandiera Disney, realizza un film dalle sembianze, volutamente, innocenti. Perché proprio la sete di potere che attraversava la vicenda del professor Frankenstein, qui scompare (o rimane confinata nei compagni di classe del giovane Victor). Nel film c’è una forte dose di amore, perché la “cosa” ha un nome. È un cane, si chiama Sparky e viene riportato in vita da Victor per volontà e affetto, non per dimostrare a tutti il suo intelletto superiore.

Cuore,scienza e consapevolezza costruiscono il personaggio di Victor, considerato diverso (e strano) non solo dalla piccola comunità, ma dagli stessi genitori. Quindi Burton, nel momento in cui sembrava avere meno idee, ne ricicla una e raggiunge uno dei vertici più alti della sua carriera, senza mai dimenticare di riflettere sulla morte e la diversità. Un grande regista pare tornato a gloriosi fasti. Un pizzico di semplicità, una confermata bellezza estetica e una vicenda che sappia appassionare e coinvolgere. Bentornato Tim.

Uscita al cinema: 17 gennaio 2013

Voto: ****


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