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Franny di Andrew Renzi: la recensione

Creato il 22 dicembre 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

locandina1I demoni della mente di un Richard Gere border line

Pellicola che tenta di espiare il senso di colpa di un miliardario, dipendente dai medicinali, e di fargli ottenere il conseguente perdono, Franny è l’esordio dietro la macchina da presa di Andrew Renzi. Un film che ha poco da dire e, nonostante una prima parte lievemente accattivante, finisce per essere sbrigativo e abbastanza fumoso.

Franny è un miliardario proprietario di un ospedale. Cinque anni prima ha perso tragicamente i suoi due migliori amici e da quel momento si rintana dentro una suite, ma quando Olivia (figlia della coppia scomparsa) si rifà nuovamente viva, Franny deve uscire allo scoperto e mettere a nudo le sue debolezze e le sue insicurezze.

Richard Gere, in questa parte di carriera, si imbarca in progetti traballanti e si prodiga nell’interpretare personaggi border line. Difatti è lui il vero motore di Franny, un film che mette a fuoco il miliardario omonimo, un personaggio destabilizzante, con un conto in banca solido, una gran voglia di elargire favori e regali alla sua “figliastra” Olivia e al marito Luke e una preoccupante dipendenza da farmaci. Il film si appoggia sull’interpretazione dell’attore americano e nella prima parte regge il contraccolpo della tragedia consumatasi nella prime battute. Tuttavia Franny si fa progressivamente poco credibile e gonfio di buchi di sceneggiatura, che finiscono per far perdere l’interesse nei confronti del dramma personale del miliardario dalla lunga convalescenza.

L’esordio dietro la macchina da presa di Renzi è potenzialmente una tragedia approcciata con il contagocce e dispensata con i guanti di velluto. Non basta mettere in mostra l’autolesionismo del protagonista, la sua disperazione e la sua rabbia per rendere credibile un film che affronta argomenti come il senso di colpa e il perdono. Ciò che manca realisticamente a Franny è l’oscurità, la discesa agli inferi e la disperazione, che porta a conseguenze tracimanti dolore. Invece nella pellicola di Andrew Renzi tutto si consuma in una suite lussuosa, una gabbia dorata nella quale tutto il dolore è soffocato in giustificazioni e scuse. Mentre il perdono si fa largo attraverso uno snodo prevedibile e la volontà di essere sbrigativi.

Film che lascia parecchio a desiderare e che annega il fascino di Gere nell’esasperata prova recitativa di un freak che può permettersi di esserlo, Franny non convince e lascia il pubblico con l’amaro in bocca. Insomma un esordio alla regia privo di carattere e brillantezza.

Uscita al cinema: 23 dicembre 2015

Voto: **


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