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Vi si narra una giornata di Leonida, un importantissimo funzionario statale austriaco nel pieno della sua carriera e del suo fulgore. Ossessionato dal fardello di un nome insolito, figlio di un vecchio professore di ginnasio, l'uomo è stato in grado, per un gioco inspiegabile del destino, di sedurre la figlia di una delle più importanti famiglie aristocratiche di Vienna, una Vienna che vien fuori dalle cartoline o dai libri di Stefan Zweig. Amelie Paradini ha strappato il suo Léon alle braccia di chissà quante pretendenti, il suo uomo che fino a qualche anno prima era un povero squattrinato studente, che accede al bel mondo indossando il frack di un suo amico ebreo, morto suicida nella stanza accanto alla sua in una vecchia pensioncina universitaria.
Lungi dal dimostrare assoluta dedizione, nonostante le lusinghe del potere e del capriccio della moglie, Leonida si abbandona ad altri incontri fuggevoli. E si dà il caso che la non meno inquieta, la sprezzante Vera Wormser, che salda l'aristocrazia culturale ebraica viennese con l'intelligentsja di Heidelberg, non accetta di sparire in una segreta di ritratti sbiaditi e di fantasmi: è sua, la scrittura femminile azzurro pallido su una busta di carta velina che piomba a casa di Leon, provocando un'odissea sfiancante di contraddizioni e di ripensamenti di un giorno. A causa di questi caratteri grandi, un poco ripidi e severi, l'uomo sconvolgerà il suo equilibrio e, dalla mattina alla sera, vedremo il felice e assai piacente rampollo degli dei diventare un distinto e stanco signore di mezz'età. Non solo Leonida cessa di riconoscersi nella vita viziata dagli agi e dalla certezza dei beni, un'esistenza nobile e serafica, ma anche chi gli sta accanto fatica a ritrovare in lui il funzionario infallibile e il mondano, impenitente e cosmopolita seduttore:
Oh, che esperienza indimenticabile era stato quel giorno guardarsi allo specchio che per la prima volta gli aveva restituito l'immagine di un vincitore con addosso il frac del suicida!
Ambientato a pochissimi anni dallo scoppio del secondo conflitto mondiale in un'Austria che deve fare i conti con gli Ebrei e l'impegnativa e pressante vicinanza della Germania, Una scrittura femminile azzurro pallido è un romanzo per alcuni aspetti folgorante, che attraversa la memoria, la coscienza e la giornata stessa del lettore. La vita di Léon, che si rivela tutt'altro che scevra da privazioni, vi precipita dentro come in un abisso inatteso, attraverso i tratti vergati su una lettera con spietata alterigia e interpretati nella loro dimensione empatica, estetica e linguistica:
Il volto di Vera era intero, adesso, ma Leonida continuava a non ravvisare in esso l'immagine che per tanto tempo gli era stata negata. Quel volto slittava, era come se fosse solo una riproduzione, la traduzione del sembiante perduto nella lingua straniera di un'altra realtà.
Franz Werfel mostra un innato istinto drammatico: la sintesi tragica di certe soluzioni è inebriante, ma la sua è una scrittura in prosa, non lirica. Con felina sicurezza, il lettore sprofonda in un alternarsi di analisi minuziosa e tagliente su una struttura che non esita a parodiare anche il mélo. Perciò, senza essere ruffiano, l'autore riesce a conquistare senza troppa fatica il suo pubblico in questo suo calligrafico psicologismo tutto viennese. Una scrittura femminile azzurro pallido, romanzo di ombre e soprattutto di colori, s'imprime nella memoria con la forza archetipale di ciò che non sbiadisce.
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