È una riflessione sugli aspetti più belli di quest'estate. In cui non parlerò di mattine in spiaggia a Levanto, ma di vita quotidiana nella afosa Bereguardo.
Quest'anno ho potuto prendere un congedo più ridotto dell'anno scorso: due mesi (luglio e agosto) al posto di 3. L'ho fatto non solo per risparmiare ancora il congedo e non caricare troppo le mie colleghe, ma anche perché sono arrivata all'estate meno stanca e scoraggiata rispetto all'orribile 2009.
Luglio e agosto a casa, si diceva. Ma di partire non se ne parlava fino a metà agosto. Mi si prospettava un sacco di noia e avevo già pensato di fare l'abbonamento in piscina. Invece, giorno dopo giorno, si è instaurata questa routine: alzarsi abbastanza tardi (tra le 7.30 e le 8.30), scendere pigramente a fare colazione e poi lasciar fare ai bambini. Il risultato è stato che loro hanno giocato moltissimo tra loro e io riuscivo a fare quello che volevo: cucinare, caricare e scaricare lavatrice e lavastoviglie, riordinare, lavorare per Viola, guardare i Tudor in streaming, leggere.
Per carità, ora non figuratevi i bambini abbandonati al chiuso. Prima di tutto, a luglio la casa era l'unico posto in cui si stesse bene, perché fuori si soffocava e si veniva attaccati dagli insetti. Secondariamente, abbiamo fatto anche cose insieme: ero con loro quando trasformavano la vasca in piscina o quando uscivamo a far visita al papà e/o alle mucche, per non contare i giri "di servizio".
Però è innegabile che Ettore e Amelia abbiano trascorso un sacco di tempo insieme, quest'anno. Hanno sviluppato i loro giochi preferiti, un loro linguaggio, un loro modo di scherzare. Non sono diventati una comunità chiusa, perché sono stati sempre piuttosto ben disposti verso gli altri bambini con cui sono entrati in contatto: dai Minici al bambino anglofono di una mia amica, dai bambini del parco giochi di Levanto al Tupilotto.
Sono semplicemente diventati amici, compagni di giochi e di vita. Hanno litigato furiosamente e si sono spalleggiati a vicenda. Hanno sviluppato un modo di relazionarsi tra loro che mi sembra somigliare al rapporto tra me e Luca: capaci di scannarsi su una stupidaggine, ma pronti alla coesione nel momento del bisogno.
Stamattina, ho avuto un'ennesima riprova del legame che si è sviluppato tra loro. Ettore non voleva lasciarmi andare, all'entrata al nido. Amelia l'ha abbracciato e consolato, e allora Ettore mi ha mollata. Me ne sono andata senza pianti.
Qualcuno dice che un legame simile sia un male, e mi sembra che la politica prevalente delle scuole sia separare i fratelli ove possibile (detto tra noi, a me pare una stronzata darsi questa regola a priori: se il legame non è esclusivo né morboso, non vedo perché costringere due bambini che si vogliono bene a stare lontani).
Qualcun altro dice che tanto quando saranno grandi sarà tutto diverso, e vedrai se ci sono dei soldi di mezzo (beh, tanto non ce ne saranno...).
Io spero che nessuna di queste profezie sia vera. Spero che i miei figli si vogliano bene e si stimino per tutta la vita, come si fa con gli amici d'infanzia. Spero che capiscano di avere la grande opportunità di non essere soli al mondo, e che la sfruttino nel modo giusto. Spero che, essendo così diversi e complementari, riescano a fare squadra e bilanciare i rispettivi difetti con le rispettive virtù.
Forse sono ingenua, perché non so come funziona tra fratelli: io non ne ho e non ne ho mai sentito la mancanza, a dire il vero. Però ho amici e amiche che risalgono anche a 25 anni fa, e anche solo sapere che ci sono mi è di conforto. E mi ricordo di un amico che a 30 anni mi raccontava di usare ancora con sua sorella (maggiore di 2-3 anni) il linguaggio e i codici che avevano inventato da bambini: mi è sempre sembrata una cosa bellissima che loro riuscissero a mantenere la loro complicità nonostante l'età adulta e le vite differenti che conducevano.
Ecco, io sogno che tra 30 anni Ettore parli con qualche amico/a e gli/le dica: ma sai, questo fa parte di un gioco tra me e mia sorella.
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