

Mi sembra appropriato che The Snowman, in italiano Il pupazzo di neve, di Raymond Briggs rientri nelle weird pages che di solito tentano di destreggiarsi tra libri in lingua originale e non, perché si tratta di un libro che non si legge, non nel significato letterale del termine. The Snowman viene sentito con il cuore, e lì è possibile ignorare regole grammaticali. Il libro è uscito nel 1978, una favola per bambini senza alcuna parola scritta. Sono seguite negli anni numerose versioni televisive e teatrali, la prima delle quali nel 1982: una trasposizione a cartone animato della durata di 26 minuti, che fece il proprio debutto su Channel Four il 26 Dicembre e finì per essere nominata agli Academy Awards (ne esiste una versione in cui l'introduzione è interpretata da David Bowie!). Il fatto che venga riproposta ogni anno è ormai un evento tradizionale. The Snowman è la storia di un bambino che costruisce un pupazzo di neve (inaspettato, vero, visto il titolo?) durante un freddo pomeriggio invernale. Più tardi, allo scoccare della mezzanotte, il pupazzo di neve prende vita, il bambino sgattaiola in fretta fuori dal letto e così non si perde il miracolo. Il libro e la versione animata sono, come è facile intuire, piuttosto diverse, ed io voglio provare a descriverti la magia del libro, perché è a lui che sono più affezionata: la storia attraversa due fasi, prima quella durante la quale il pupazzo di neve tenta di capire ed utilizzare gli ammennicoli di una casa (giocattoli, attrezzature elettroniche, soprammobili persino), il tutto cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare i genitori. La seconda vede il bambino e il pupazzo avventurarsi all'esterno ed è allora che l'autentica magia de The Snowman si rivela. Perché a questo punto, come per ricambiare il bambino di ciò che gli ha mostrato, il pupazzo di neve decide di fare lo stesso, lo prende per mano e i due VOLANO. Potresti pensare che il mio uso delle lettere maiuscole sia gratuito ed inutile, ma è soltanto un disperato tentativo di tradurre qui l'esplosione che è quel volo appena spalanchi la pagina. Se prima di allora la divisione in vignette, pur morbida e poco invadente, è stata piuttosto regolare, le pagine del volo occupano tutto lo spazio disponibile in un tripudio di colori che sembrano muoversi nel vento notturno. I due solcano i cieli bui in giro per il mondo, spalancando il panorama in modo così vasto che l'unico sentimento a non essere spazzato via dalla neve é il desiderio di comunione. Il che è bizzarro, perché nel libro non c'è alcun riferimento al fatto che sia Natale, eppure l'insieme è così appropriato che l'aggiunta dell'albero e di Babbo Natale nel film e a teatro non risultano stonati. Anzi, è questo momento in cui suona Walking in the Air, universalmente riconosciuta come la colonna sonora di The Snowman, l'unico momento in cui anche la rappresentazione teatrale, altrimenti solo musicata, sceglie le parole per meglio esprimere la meraviglia. In entrambi i casi è da togliere il fiato. Ma il sole sta per sorgere, purtroppo bisogna tornare a casa e il bambino deve infilarsi di nuovo sotto le coperte perché i suoi genitori non si allarmino. Voltare l'ultima pagina è uno dei momenti più cruciali della mia infanzia, quindi se a te non fosse ancora successo non ti rovinerò ulteriormente l'effetto. Basti dire che, sembrerà un paragone azzardato, nel suo essere una storia da volo spezzato, il ritorno da questa meravigliosa rêverie è struggente quanto l'Ode a un Usignolo. Quest'anno la tradizione si rinnova, che è un Metasemema Ossimorico che altrimenti mi fa venire i brividi ma sul quale in questo caso sono disposta a sospendere il giudizio fino a visione avvenuta: nel trentennale del corto animato originale, alle otto di sera della sera di Natale andrà in onda per la prima volta The Snowman and the Snowdog. Le tecniche utilizzate per realizzarlo sono le stesse, tradizionali, del primo. Avremo un nuovo bimbo, a quanto pare figlio del primo ormai cresciuto, il pupazzo e un cane di neve. Io personalmente conto soltanto di poter tornare bambina ancora una volta, quando le parole non mi servivano per esprimere gioia e stupore, né per salutare un amico che se ne va.
Libro in inglese

Autore: Terry Pratcjett
Prezzo: 7.99£
Dati: 448p.,paperback
Editore: Corgi
Per il titolo in inglese ho pensato a Hogfather di Terry Pratchett, principalmente perché è piuttosto fastidioso che, pur appartenendo alla saga del Mondo Disco, non rientri ancora nel catalogo tradotto in italiano. In breve, se per caso non fossi familiare con l'ambientazione, Discworld è, EtuDiraiMaNonMiDire, un disco, una superficie piatta quindi, in equilibrio su quattro elefanti che sono a loro volta in equilibrio sul carapace di un'enorme tartaruga. È un confine molto sottile quello su cui balla Terry Pratchett, tra parodia/umorismo/satira e ispirazione/ritorno alla mitologia/folklore. C'è posto per tutti, Tolkien, Lovecraft, Shakespeare, tradizione delle favole e della superstizione. Tutte insieme compongono questo orizzonte vastissimo, dentro cui si muovono decine e decine di personaggi, il primo titolo della serie è Il colore della magia, uscito nel 1983. Hogfather è uscito nel 1997 e, come in almeno altri quattro volumi della saga, ci si scontra con gli Auditors. Gli Auditors, tradotto I Revisori, sono uno degli elementi più deliziosamente malvagi del Mondo Disco: si tratta di una razza di burocrati soprannaturali, la personificazione di un concetto (per questo non hanno una forma fissa), comunicano senza parlare e fondamentalmente rappresentano un principio astratto ed ostile alla vita mortale, perché quello che odiano più di ogni altra cosa è il disordine e l'imprevedibilità, di cui gli uomini sono allo stesso tempo motore e risultato. Benché siano disgustati dall'idea di mortalità e l'esistenza umana appaia loro come grottescamente breve, il loro nemico principale è Death, il quale non è affatto nemico della vita, ma una parte integrante di essa, la parte necessaria perché un ingranaggio funzioni. Per questo, quando gli Auditors decidono di eliminare Hogfather (che è un personaggio equiparabile a Babbo Natale, esaudisce i desideri dei bambini e porta loro doni la notte del 32 Dicembre) perché trovano non rientri nella loro visione dell'Universo in quanto fonte di disordine cosmico, è Death a tentare di mettere loro i bastoni tra le ruote. Tutto ciò che può fare è vestire i panni di Hogfather per fare in modo che la gente continui a credere in lui, ma naturalmente la faccenda si complica, perché Death ha una comprensione piuttosto limitata della condizione umana, e finisce per prendere alcuni desideri in maniera troppo letterale. Mentre questa prima (nobile?) missione procede, la nipote di Death deve scoprire cosa ne sia stato di Hogfather per tentare di rimettere le cose al loro posto. Si tratta certamente di una delle storie più cupe del Mondo Disco, non tanto per la trama, quanto per la pura malvagità dei suoi cattivi. Pur non avendo letto tutti i libri ambientati nel Discworld, ne conosco un po', e riflettendo su come sintetizzare quello in esame mi sono ripetutamente imbattuta nell'elemento novità e cambiamento. Perché c'è un'unica obiezione che trovo si possa fare a saghe di questo genere: benché in ciascun libro ci sia una storia, succedano cose, etc. etc. niente davvero cambia radicalmente. Il che ci lascia con due approcci possibili:
- Lamentarci della potenziale ripetitività di luoghi, situazioni, personaggi.
- Affezionarci a quei luoghi, situazioni, personaggi ed apprezzare ogni volta ci venga data l'occasione di rivederli.