Dati: 210,288p.,paperback
Peter Ackroyd è, tra gli altri grandiosi traguardi da lui raggiunti, l'autore diLondon. The biography, un capolavoro assoluto per riuscire a sentire la città pulsarti sotto i piedi, intorno e negli occhi mentre cammini; è un libro che dimostra come Londra, per certi versi, sia da capire come se fosse una creatura vivente, con caratteristiche senza tempo lungo la sua storia millenaria da percepire vagando attraverso le vene e le ossa che sono le sue strade (è la versione di Ackroyd del concetto di psicogeografia).
Capolavoro a sua volta, a mio parere, è infatti Hawksmoor: genere impossibile da definire, uscito nel 1985, è ambientato in doppia linea narrativa (con numerosi echi e riflessi dell'una nell'altra): la prima nel diciottesimo secolo racconta le vicende di Nicholas Dyer, architetto, assorbito dalla costruzione di numerose chiese nell'East End a Londra.
Contrapposto a Dyer come la luce all'ombra è Christopher Wren: sono uomini legati e divisi dal lavoro e dai temi cruciali che li caratterizzano come esseri umani. Perché i due sono agli estremi opposti di uno spettro che va dalle pratiche sataniche al razionalismo, Sir Wren la voce razionale cui è consolante credere (l'uomo ha la capacità di capire e trovare l'illuminazione), Dyer un fantasma del peggior anti-intellettualismo medievale, un relitto della superstizione e del pessimismo secondo cui l'uomo non può, per natura!, fare a meno di unirsi alla rabbia e al maligno. La seconda linea narrativa, nel ventesimo secolo, segue il detective Nicholas Hawksmoor, chiamato ad investigare una serie di misteriosi omicidi collegati alle chiese progettate da Dyer.
Se questo ti porta a pensare che si tratti di un giallo non cedere: è un tranello. Hawksmoor è una detective story che gioca con le sue premesse rendendo il fluire tipico del genere (crimine-investigazione logica-soluzione) completamente impossibile.
E per dimostrarlo diventa evidente in fretta come partecipino al gioco ombre cupe e forze sconosciute dal passato in una storia da leggere dopo il tramonto, possibilmente con la pioggia che batte sul vetro delle finestre, per lasciarsi spaventare e confondere al meglio.
Ackroyd ha definito il concetto di tempo in Hawksmoor con la magnifica frase "il perpetuo presente del passato". Visto che in questo il romanzo è una problematizzazione del pensiero razionale che pretende di esaminare il fluire della Storia cercando casualità e linearità, è fondamentale arrendersi al suo trattamento del tempo per capirlo e goderselo.
Il libro deve molto anche a William Blake e T.S. Eliot - di entrambi Ackroyd ha scritto biografie superbe - in particolare Il matrimonio del cielo e dell'inferno e The Waste Land, che ha in comune con Hawksmoor il senso di continuità temporale della Storia.
Particolarmente stimolante è ricercare i personaggi, i luoghi e gli eventi reali nel tessuto nella finzione (per esempio: l'architetto che nel 1711 fu scelto per la costruzione delle chiese si chiamava Nicholas Hawksmoor ed è su di lui che Nicholas Dyer è modellato. Storicamente corretto è anche Sir Christopher Wren, fin nel suo interesse per le scienze).
Uno dei punti cruciali della storia è la disconnessione/connessione tra la Londra del ventesimo secolo ed il suo passato: se nel mondo di Hawksmoor (personaggio) il razionalismo di Wren ha avuto la meglio, è altrettanto vero che le chiese di Dyer rimangono come gli spettri della paura, della superstizione e dell'occultismo. La lontananza temporale non equivale ad uno scudo (siamo in scenario wibbly-wobbly, dopo tutto), perché la geografia degli eventi di Dyer si sovrappone a quella della vita di Hawksmoor, confondendo le linee, i pensieri, le parole.
Ti consiglio di leggerlo con un blocchetto accanto.
Non solo per annotarsi i luoghi e i numerosissimi nomi, ma soprattutto per avere subito davanti un grafico dei simboli utilizzati, che alternano luce-ombra, danno importanza alla memoria delle pietre, attribuiscono ruoli multipli agli animali.
È scritto in maniera superba, con attenzione alla Storia senza diventarne schiavo, è oscuro e viscerale, ripetitivo come sanno essere gli incubi e le paure; ed è un duello tra passato e presente con una conclusione diversa da quella che ci si potrebbe aspettare.
Titolo: Un' inquietante simmetria
Autrice: Audrey Niffenger
Dati: 2009,439p.,rilegato
Un'inquietante simmetria è, oltre al titolo in questione, quella che unisce i due libri di cui parlo. Her fearful symmetry di Audrey Niffenegger è intensamente ambientato a Londra ed è molto evidentemente legato a doppio filo a William Blake attraverso la poesia The Tyger. Si tratta della stessa autrice di La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo (che, mi vergogno a dirlo, ancora mi manca). Qui si tratta di una storia di fantasmi aggiornata al ventunesimo secolo, in cui si parla di amore, perdita ed identità.
Metto le mani avanti fin da qui: è necessario un patto d'incredulità con i contro-fiocchi-armati.
Quando Elspeth muore di leucemia lascia il suo appartamento (vicino ad Highgate Cemetery) alle nipoti Julia e Valentina, le figlie gemelle di sua sorella gemella Edwina. Condizione dell'eredità è vivere nell'appartamento per almeno un anno.
Edwina ed Elspeth non si sono parlate per anni e a separarle è un segreto di cui Julia e Valentina non sanno nulla. Le ragazze si trasferiscono a Londra ed iniziano a prendere le misure con quella che era la vita della zia che ignoravano di avere, cioè principalmente i vicini di casa: Martin nell'appartamento sottostante e in quello del piano di sopra Robert, che era l'amante di Elspeth e la intravede nei lineamenti di Valentina. Impercettibile a tutti per il primo anno ed intrappolata nell'appartamento, c'è anche Elspeth stessa, fantasma invisibile e muto finché non trova il modo di comunicare con le nipoti. È Valentina, la più debole sia emotivamente che fisicamente delle due sorelle, che si accorge degli umori di Elspeth ed inizia a vederla.
Se la trama si è retta fino ad adesso da qui in avanti le cose partono per la tangente.
Si arriva a parlare di un ripetuto scambio di gemelle che neanche Genitori in Trappola, spiriti che vanno e vengono e un sapore da soap-opera soprannaturale.
Ma mi collego al discorso tirato fuori per il libro precedente del "sogno o storia poco importa".
Uso questa citazione da tanto tempo e per tanti argomenti, perché è una di quelle che trovo più vera, adattabile all'argomento e persino musicale nel suo suono, il che non guasta.
Per Un'inquietante Simmetria io credo si tratti di una questione molto personale se e come il libro riuscirà a parlarti: ci sono momenti in cui la storia poco realistica minaccerà di perderti per strada; oppure, se ti é capitato di vivere momenti impossibili da raccontare, sai che a volte la vita riserva sorprese che, se trasmesse ad altri, otterranno solo sguardi increduli e " Ma dai, non é possibile! ".
Non é detto che questo libro non riesca a catturarti: io credo ci siano momenti in cui la trama è davvero troppo magra, in cui le decisioni dei personaggi non sono supportate da alcun complemento di spiegazione e le idee sono un po' ammassate senza le sufficienti aggiustature per ordinarle nello splendido romanzo che questo libro avrebbe potuto essere.
È vero, come detto prima, che il patto d'incredulità deve essere a prova di bomba. Ma forse basta pensare che dire che qualcosa non è vero non significa dire che non è reale.
È così sbagliato credere nell'incredibile?
Prova a dire ad un bambino che i mostri sotto il suo letto non esistono: non smetterà di avere paura. Per lui quei mostri esistono eccome, e chi sei tu per sostenere il contrario con assoluta certezza? Insegnagli a domarli, quei mostri, a tenerli contenti con un biscotto ogni tanto. Allora sì non avrà più paura del buio e gli spaventi dell'infanzia se li lascerà alle spalle. Che questo sia un bene o un male devi deciderlo tu.