Pippo Di marca, uno di quei liquori alcolici di cui c'è sempre più astinenza, offrimi un po' della tua euforia da lassù dei tuoi trascorsi dei tuo percorsi dei tuo soccorsi. Dacci la tua anarchica linfa quotidiana, microfonato d'errori e d'intralci. Claudicante cerimoniale laico del lunedì di chiusura o d'apertura di nuovo corso.
Lautremont sul trono impacchettato alla Christo nel foyer imbiancato quasi illuminato di bianco più bianco che candido, battello ebbro dalle dinamiche imprecisate con sedie che seguono la corrente dello spettacolo e si girano con i colli e i tacchi da un lato all'altro, non un maremoto ma una piccola scossa, un'onda di sfogo elegante alle miserie sovvenzionate attuali.
Anticamera di un urlo spericolato, avanspettacolo di teste indomite, one man show a passo lento ma non attardato. Maldoror bello come l'incertezza dei movimenti muscolari nelle pieghe delle parti molli della regione cervicale posteriore e tu sei lì davanti a me e io vorrei baciarti dolcemente sul collo. E Michele spegni! buio e silenzio per il rito dopo Foxy Lady hendrixiana e la discesa dall'alto del divino reduce con scarpe da tennis e smoking e capo coperto di verde e spessissime lenti così come l'ingegno.
Qui si vola altrove e deragliatamente fuori dalla trama del raccontino prescritto, si omaggia Carmelo nel suo ritorcersi con tutta la mancanza di riverenza possibile al fu ministero di spettacolame di inizio novanta già clamorosamente cieco nei confronti di chi artifica e non mummifica. Si ritorna all'avanguardia, si rintraccia sulla scala la scaletta, si finisce con guest star poco abbottonata e molto attenta nel cesso risicato e lucido della nostra (de)generazione precarizzata dalle nostre incertezze ben più che dai nostri stenti. Baudelairizzandoci solo in parte poiché non in grado di finir sfiniti e fuori da noi perché ancora anche domani bisogna forse un po' studiare un po' lavorare un po' mangiare un po' viaggiare.
Esplosioni lirico-demenziali con trattato sugli stronzi in espansione della nostra rovinosa classe politica attuale e delle dis-cariche di cui si autoincensano. Quelli che si colgono a naso più che a occhio. Puzzano da lontano o d'improvviso. Da un Daniele voltagabbana alla sua omonima feroce. Rappresentanti e dei figli di puttana. E delle troie soprattutto e innominate. Ferite e feritoie esplorate e non più esplorabili. Voglia di rompere. Impressioni illuminate. Mostri esoterici. D'altri mondi che non questo derubricato a intrattenimento per polli d'allevamento e omologati alla finta trasgressione con brand. Dimostranti un altro modo di disconnetterci dal presente, afferrandolo per il collo e bastonandolo per quel coacervo di contraddizioni anomale in cui più o meno con brio siamo invischiati.
I soldi son un equivoco, sono sott'acqua come quelli del drugo Lebowskiano. Andate senza pace, seminate i vostri passi con tutta la scorrettezza che ci vuole. E tornate la settimana prossima.