Storie come quelle di “Freeheld: Amore, Giustizia, Uguaglianza” raramente tendono ad andare fuori dal loro obiettivo, vuoi perché sono vere, vuoi perché sono importanti, vuoi perché costruite a puntino e ottimamente interpretate.
La lotta intrapresa dalla malata di cancro Laurel Hester contro i funzionari della contea del New Jersey che, nel 2002, non volevano concedergli il diritto di lasciare la sua pensione alla compagna Stacie Andree, solo perché la coppia era unita da una relazione omosessuale, è del resto un argomento delicatissimo e sensibile, che trattato al cinema come ha deciso di fare il regista Peter Sollett, altro non può risultare, se non un documento d’informazione e di interesse.
In certi contesti, insomma, la forma è destinata a passare in secondo piano, privilegiando il racconto, la sua forza e i dibattiti morali che ne conseguono, annullando praticamente ogni altra discussione superficiale e/o tecnica solitamente alla base di una pellicola cinematografica. Da queste parti tuttavia le cose girano diversamente. E allora diciamo che nella parte più profonda del suo lavoro “Freeheld: Amore, Giustizia, Uguaglianza” non fa una piega, espone i fatti di cronaca in linea retta, schivando qualsiasi genere di sbavatura e strappando persino qualche risata con Steve Carell e il suo splendido personaggio attivista implacabile. Dove invece Sollett poteva fare decisamente qualcosa di più, anziché allestire un lenzuolo di accompagnamento piuttosto blando, è nella fase di incontro e di unione tra Julianne Moore ed Ellen Page (bravissime entrambe, ma meglio la seconda), probabilmente quella in cui la finzione gli concedeva se non mano libera totale, sicuramente meno paletti a cui sottostare.
C’è uno dislivello notevole tra i due pezzi che spaccano “Freeheld: Amore, Giustizia, Uguaglianza” praticamente a metà, un dislivello che mostra evidenti incertezze di sceneggiatura e che impedisce all’emotività di sbloccarsi per correre fin dentro alla pancia dello spettatore. Nella storia d’amore tra le due donne infatti a mancare è la drammatizzazione, quella punta romanzesca o quella scena esaustiva, che solitamente è utile costruire per cospargere di verità e passione un racconto dichiaratamente programmato a sfociare nel dolore e nella lacrima facile. Paradossalmente Sollet riesce a intercettare tale guizzo nel rapporto tra il personaggio della Moore e il suo partner di polizia Michael Shannon - inizialmente innamorato di lei - mentre invece lo manca clamorosamente in pieno proprio laddove sarebbe dovuto essere necessario e fondamentale. Il problema del regista, forse, è quello di aver scelto di affidarsi un po' troppo al pilota automatico, interessandosi poco dei preamboli e non vedendo l'ora di atterrare nella fase più solida che sapeva di avere in mano. Non a caso, quando il comando passa alla questione etica, alla lotta, alla questione maggiormente ostica da affrontare, la sua pellicola subisce immediatamente un’accelerata, quella folata di ritmo e di partecipazione fino a un momento prima insperata.
Per cui è innegabile, "Freeheld: Amore, Giustizia, Uguaglianza" è un buon film, soprattutto per ciò che rappresenta e per quello che vuole dire, ma è innegabile, allo stesso tempo, che l'operato di Sollet non è esente da errori e mancanze che avrebbero potuto, se curate, rendere la sua pellicola senza dubbio più potente e ferma nella nostra mente.
Capace di strappare una lacrima non solo nei titoli di coda attraverso le foto, reali, dei protagonisti.
Trailer: