Lei, la figlia di eccentrici inglesi - forse è necessario essere eccentrici e inglesi per segnare un destino così - che a solo otto anni aveva annunciato di voler scrivere il seguito dell'Isola del tesoro. E che presto non si accontentò di cercare l'altrove con le parole, perché c'era tutto un mondo da scoprire, a piedi, a cavallo, perfino a dorso di mulo.
Lei su cui nessuno avrebbe davvero scommesso, da ragazzina. E che pure ai tempi in cui una donna sola non andava nemmeno al pub si lasciò incantare dall'Oriente e girò a lungo e in largo per i deserti. Imparò l'arabo, amò le oasi e le rose. Seppe inebriarsi di silenzio e lontananza.
Viaggiatrice di genio, così la onorò la Royal Geographical Society. E per quanto mi riguarda ammetto la mia ignoranza. A lungo non ho saputo chi fosse, Freya Stark. Solo ad Asolo, in Veneto, all'ingresso della villa abitata per molti anni, ho incontrato per la prima volta il suo nome. Me lo voglio tenere stretto, ora. Voglio leggere i suoi libri. Non può che meritare una scrittrice, anzi, una viaggiatrice che il piacere del viaggio lo spiegava così:
Si arriva, con un piacevole senso di gratitudine, a realizzare quanto ampiamente siano sparse nel mondo la bontà e la cortesia e l'amore per le cose immateriali, che fioriscono in ogni clima, su qualsiasi terreno.