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Fried Fish di Annalì Riva

Creato il 14 novembre 2013 da Roberto Milani
Fried Fish di Annalì Riva
Fried Fish  di Annalì Riva Piscinacomunale Spaziodarteincopisteria   15 novembre - 7 dicembre 2013 via Campiglio 13 , Milano
Un momento di transizione forte quello che Annalì Riva ci mostra nelle sue opere del 2013, una transizione che riprende i temi centrali della sua poetica – terra, morte, natura – e li contamina con il teatro della vita e le sue ipocrisie, le sue porte chiuse.
Reduce dal successo del progetto fotografico Stultifera Navis sviluppato col collettivo CultBar, Annalì Riva rende omaggio ai personaggi del circo che lo avevano animato, custodi di un mondo parallelo in cui ci è permesso di entrare solo attraverso il palcoscenico: un’umanità che lascia vedere il suo lato ludico, dipinto, teatrale, per nascondere poi dietro le quinte le brutture, la solitudine, le menomazioni.
Il circo come mondo parallelo, affascinante ma insondabile, simbolo delle menzogne con cui camuffiamo le nostre vite, impegnati come siamo a scrivere la sceneggiatura quotidiana di noi stessi dimenticandoci ogni verità ed essenza.
Un teatro sociale ipocrita che Annalì esorcizza con il pesce, simbolo eroico di fede, un Cristo delle acque che ci impone di recuperare qualcosa di vero in cui credere, perché la salvezza è una scelta che abita ben lontano dalla ribalta e dalle luci di scena.
A vincere è comunque la natura, a cui le nostre radici ci riconducono sempre, qualsiasi trucco o maschera decidiamo di indossare lungo il cammino. Terminato lo spettacolo, spente le luci, la verità della terra fagocita tutto con la sua ultima sentenza, incorruttibile come il rosso che Annalì tatua sui suoi quadri pastosi e materici dove è la sostanza delle cose ad avere la meglio.
L’estetica dell’ineluttabilità, di cui i dipinti della Riva sono sempre pieni, ora diventa monito, un invito a recuperare essenza e valori, per ritornare alla verità delle cose di cui ci siamo per troppo tempo dimenticati.
Annalì Riva ci suggerisce di ritrovare la nostra unicità, entrando in un dialogo nudo con la vita che conduciamo: per quanto ci possa far paura, solo lontano dall’omologazione la bellezza può essere ritrovata, riabbracciando le nostre radici e accettando la vulnerabilità come un unguento che può guarire, la semplicità come chiave di salvezza.
“Le profondità del mare, così come il circo, mi intrigano e mi respingono – dice Annalì – lasciandomi sempre in bilico tra fascino e repulsione, tra attrazione e paura.”
La storia dell’uomo è tutta qui, in fondo.
Elena Torresani

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