Magazine Cultura

Friedrich Hölderlin: Iperione, una Lettura Politica

Creato il 02 luglio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Mario Turco 2 luglio 2013 Friedrich Hölderlin: Iperione, una Lettura Politica

Trentasei anni trascorsi in una torre, quella di Tubinga per la precisione. Anche come possibile spunto per una canonica storia di cavalieri medievali risulterebbe superato data la non tenera età dell’eventuale fanciulla prigioniera da salvare. Figurarsi che non si sta nemmeno scrivendo di una dama, bensì di un poeta che in siffatta dorata reclusione trascorse, ad abundantiam, la seconda parte della sua esistenza. Non fu scelta ieratica di un solitario intellettuale né provvedimento giurisprudenziale causato da un temperamento incendiario. Il poeta era sì maledetto ma da un’acuta forma di follia che rese necessaria quella pietistica forma di internamento. Se il mondo seguisse ancora l’egida dei valori romantici ci piacerebbe dire che Hölderlin manifestò i primi sintomi della sua malattia alla notizia della morte dell’amata Susette. E noi oggi diremo ciò mentre domani ci accoderemo al corteo positivistico del nostro tempo ricercando le ovvie cause patologiche. Sappiamo che la vita di un autore dovrebbe influenzare solo la sua opera, mai la lettura di questa ma per questo articolo vi chiedo di perdonare questa svenevolezza. Chiediamo venia anche dell’assenza delle tante postume letture celebri che hanno accompagnato la riscoperta del poeta svevo nel corso del Novecento, da Nietzsche a Heidegger a Jakobson. A noi qui di Johann Christian Friedrich Hölderlin interessa la sua opera più programmatica e lirica, Iperione, che cominciata nel 1792 ad appena 22 anni conobbe diverse stesure fino a quella definitiva del 1799. Noi in particolare faremo riferimento all’edizione Universale Economica Feltrinelli con la traduzione a cura di Giovanni Vittorio Amoretti. L’opera segue la moda del tempo ed è redatta secondo la forma di un epistolario che il protagonista omonimo intesse con l’amico Bellarmino. Questa struttura dà alla narrazione il pregio di poter spezzarsi ogni qual volta l’autore lo desideri senza dover sottostare al rigido intreccio del romanzo classico. Ciò è congeniale a Iperione – Hölderlin cui non interessa informare circa i pochi avvenimenti cronachistici quanto piuttosto abbandonarsi all’effluvio lirico che da questi scaturisce. Bellarmino è infatti solo il pretesto, vero o finto poco importa, per cui la coscienza del ragazzo greco vuole ripercorrere le tappe che l’hanno portato all’unione finale con la Natura.

Friedrich Hölderlin: Iperione, una Lettura Politica

Iperione è difatti una delle più compiute teologie panteistiche che la letteratura abbia mai prodotto. Attraverso la vicenda esemplare del suo protagonista Hölderlin ha inteso rappresentare il sogno di una ancora possibile riconciliazione dell’uomo con la natura. I saggi insegnamenti di Adamas educano Iperione da subito al culto dell’antica Grecia ove quel rapporto era vissuto con altissima e semplice armonia. Allontanatosi nolente dal suo maestro egli è spinto dall’inesauribile volontà di ripristinare la feconda libertà dei tempi antichi a intraprendere propositi di sollevazione dell’odierna Grecia, oppressa militarmente dalla Turchia. Trova un valido aiuto nel prode Alabanda, con il quale progetta una rivoluzione velleitaria. Tutta questa prima parte soffre di eccessivo idealismo nonché di un sentimentalismo ormai vetusto agli occhi di un odierno lettore. L’amicizia tra i due protagonisti terreni, imbevuta di riferimenti mitici, rischia in più passi di incagliare in una troneggiante epicità di cui non si scorgono gli effetti. Annunci tanto arditi sul piano contenutistico quanto esili sul piano rivoluzionario, dettati perlopiù da passeggiate a cavallo in luoghi impervi. La svolta però, a livello stilistico e fattuale, avviene con la conoscenza della setta segreta alla quale Alabanda vorrebbe far affiliare Iperione. I tre congiurati prima di parlare vengono passati al setaccio di un’acuta descrizione psicologica. Essi sono maschere simboliche con cui Hölderlin intende svelare le problematicità di una rivoluzione solo politica, portata avanti da una necessità che intende salvare sì gli uomini ma senza toccare il loro cuore. Così si esprime infatti un esponente della setta: «Ma se nessuno vuole abitare dove abbiamo edificato, non è colpa nostra, non è a scapito nostro. Abbiamo fatto quanto ci spettava. Se nessuno vuole raccogliere dove abbiamo arato, chi ci può biasimare per questo? Chi maledice l’albero, se la sua mela cade nel pantano? Mi son detto spesso “stai celebrando un sacrificio alla putrefazione”, eppure ho portato a termine il mio lavoro giornaliero». Hölderlin a quei tempi aveva naturalmente in testa la Rivoluzione Francese, eppure il messaggio è ancora attualissimo proprio perché quei combattenti si fecero portatori del più forte messaggio di sovvertimento della Storia. «Ma non è il peggio ciò che sopravvive alla giovinezza. Dal metallo rovente viene forgiata la fredda spada».

Friedrich Hölderlin: Iperione, una Lettura Politica

È con questa splendida metafora che il poeta tedesco ha racchiuso il senso di un’ideologia che troppo facilmente sa prescindere dagli entusiasmi giovanilistici per trasmutarsi in fredda dottrina di lotta perenne. Il movimento fine a sé stesso che rovescia le istituzioni ma non sa farsi portavoce delle ansie umane finirà infine col diventare il più reazionario dei governi. Iperione, allibito, fugge e rompe con il suo sodale amico Alabanda. A Calauria, isola dell’Egeo, incontra Diotima che con una semplice formula saprà compendiare la delusione del suo amato: «Tu non volevi uomini, credimi, volevi un mondo». Per un breve e felicissimo tempo il più idilliaco degli amori lo saprà distogliere dai suoi intenti catartici. Sarà la visita nei ruderi di Atene a rinfocolarli poiché quel monumento alla gloria passata gli rinnova il desiderio di perpetuarla in questi tempi decadenti. Così si unisce nuovamente alle truppe greche di Alabanda approfittando della guerra che la Russia aveva dichiarato alla Turchia. Soltanto la sua amata Diotima gli vaticina la delusione di questo ennesimo sforzo rigenerativo: «Conquisterai – esclamò Diotima – e ne dimenticherai il perché? tutt’al più otterrai con la forza un libero stato e ti chiederai: a quale scopo l’ho costruito? Ahimè! tutta la vita bella che avrebbe dovuto animarsi in esso si sarà esaurita perfino in te! La lotta selvaggia ti strazierà, anima bella, tu invecchierai, spirito beato e alla fine, stanco di vivere, domanderai: dove siete ora, ideali della giovinezza?». Qui lo stesso Hölderlin sembra preso da uno scoramento metafisico, quasi come se intendesse qualunque tipo di rivoluzione vano, atto soltanto a deprimere lo spirito vitalistico dell’uomo in un agone senza fine e sterilizzante. Il suo alter ego letterario al conseguimento della prima effimera vittoria vedrà allora le sue stesse truppe abbandonarsi a furiosi eccessi dettati da una rivalsa triviale. È lo stesso discorso di sempre: una volta ottenuto il potere perfino le anime belle si lasciano incancrenire. E allora cosa resta? Solo una palingenesi di proporzioni bibliche potrà salvare l’uomo? È necessario morire per poter rinascere? Dopo la sconfitta rivoluzionaria e la morte dell’amata Diotima, Iperione nelle ultime penetranti pagine del romanzo descrive il suo ritorno a Madre Natura in un abbraccio finalmente pieno ma inevitabilmente lontano dal consorzio umano. Eppure Hölderlin ha voluto lasciare aperto il più enigmatico spiraglio con la frase finale «Presto, di più!», quasi a significare che l’anelito di cambiamento dell’uomo resta nonostante tutto indomabile.

 

In copertina: una parte dell’opera Psyché et l’Amour (1822) di François Gérard

 

Friedrich Hölderlin: Iperione, una Lettura Politica

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :