Friedrich Wilhelm Murnau: il manipolatore espressionista

Creato il 21 luglio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Friedrich Wilhelm Murnau: il manipolatore espressionista
(1888, Bielefeld – Germania
11 marzo 1931, Santa Barbara – California )

Tormentato, riflessivo, kafkiano, metafisico, espressionista, il regista tedesco Friedrich Wilhem Murnau , laureato in filosofia a Heidelberg, è uno di quei registi che non sono mai riusciti ad integrarsi completamente nel sistema e nella logica hollywoodiane.

Inizia la sua carriera in Germania ma, come è spesso avvenuto per altri suoi colleghi, è costretto ad emigrare negli Stati Uniti , a causa dell’avvento del Nazismo dove girerà capolavori come “Aurora” e “Tabù”senza però avere il meritato successo commerciale.

Indubbiamente il nome di questo grande poeta sperimentale è legato al celebre ed imitatissimo capolavoro fantasy espressionista “Nosferatu, il vampiro “ del 1922 e condannato dal tribunale non per il suo contenuto ma per questioni di beghe legali, in quanto Murnau non volle pagare i diritti a Bram Stocker, autore del romanzo da cui è tratta la pellicola.

Nonostante la causa vinta dalla vedova dello scrittore, per cui tutte le copie furono distrutte, i negativi furono salvati. Murnau attraverso lo scheletrico ,  rigido , strisciante conte Dracula rappresenta l’irruzione violenta dell’irrazionale nella società borghese dell’Ottocento in crisi storica. Non ha certo il fascino né l’eleganza degli altri futuri non-morti, il “Nosferatu” di Murnau, come quello di Bela Lugosi o di Brad Pitt e Tom Cruise in “Intervista col vampiro” o ancora di Klaus Kinski nel “Nosferatu”  di Herzog.  La dialettica tra Bene e Male è resa accattivante attraverso la visionarietà e la potenza dell’allegoria per una vera e propria sinfonia dell’orrore. Un caposaldo della storia del cinema.

Ma la prima prova registica del regista tedesco risale al 1919 quando gira il dramma “Il castello di Vögelhod” sul tema del fratricidio; nel 1922 ancora un dramma con “Fantasma”, ricco di psicologismo. Nel 1924 Murnau affila gli artigli per affondarli nei pregiudizi delle formalità borghesi nel film “L’ultima risata” del 1924 puntando moltissimo sul kammerspiel ovvero sul primo piano per catturare tutte le sfumature dei personaggi, come se la cinepresa fosse un’ombra. “L’ultima risata” è un piccolo gioiello intimista che mette in risalto le tragedie esistenziali ma con un finale lieto, o forse più parodistico. L’anno successivo porta sul grande schermo la commedia di Moliere “Tartufo”rendendola più impertinente e dissacrante.

Ama la contaminazione di generi e il dramma del singolo, Murnau, si dimostra un grande esploratore romantico dell’animo umano in lotta contro la disumanità del capitalismo anche nella trasposizione cinematografica del “Faust” di Goethe, film che pare uscito da un quadro di Durer con effetti speciali e con un inizio folgorante che vede colloquiare Dio e Mefistofele che va a tentare Faust, il quale desidera l’amore di Margherita.

Non è semplice decifrare e definire la personalità e lo stile di questo geniale cineasta cosi poliedrico ed imprevedibile, sebbene abbia realizzato solo 21 film nella sua carriera di cui 9 sono andati perduti, ma certamente non si può non tenere conto della sua formazione culturale e artistica con Max Reinhardt, i suoi studi in filosofia e storia dell’arte che lo hanno portato  ad affinare, film dopo film, il linguaggio, a ricercare nuove forme poetiche attraverso citazioni pittoriche , le scenografie e lo spazio architettonico gestito sapientemente. Murnau attua una complessa topografia degli interni e degli esterni avvalendosi quasi sempre del decadrage, ovvero una tecnica di inquadratura che consiste del rendere decentrata una figura e di principi ispiratori quali la molteplicità e le forze della natura che conferiscono una più solida matrice drammaturgica all’opera, come risulta dal capolavoro (ritrovato e restaurato) “Aurora”(1927) con George O’ Brien e Janet Gaynor, la deliziosa attrice che prestò il suo volto per la creazione di Biancaneve.

L’aurora che porta  via propositi di male, i peccati  e le trasgressioni notturne. e concede la pace e la riscoperta di un sentimento d’amore. Un contadino vive felice con sua moglie e suo figlio in campagna, ma l’arrivo di una donna di città mette a durissima prova l’uomo e il suo matrimonio; la donna infatti spinge l’uomo ad uccidere sua moglie per lei, tormentandolo psicologicamente, addirittura gli suggerisce il modo  per farlo, annegandola durante una gita sul lago facendo sembrare il tutto un incidente. L’uomo acconsente ma, spaventato, non andrà fino in fondo, anzi chiede perdono alla moglie che , sconvolta si rifugia su un tram dove sale anche in marito , per andare in città. Qui i due si scoprono nuovamente innamorati e si riconciliano tanto che l’uomo vuole fare un giro romantico in barca, ma una tempesta manda in pezzi la barca e i due cadono in acqua, lei è dispersa e lui torna al villaggio chiedendo l’aiuto degli abitanti. Intanto la moglie è messa in salvo da un pescatore mentre l’ex amante torna a far visita all’uomo credendolo assassino per amore. Lui cerca di ucciderla ma  la notizia del ritrovamento della moglie interrompe la brutale azione; gli abitanti del villaggio festeggiano e mentre la donna di città si allontana per sempre l’aurora sorge sui due ritrovati amanti e sulla comunità.

La straordinarietà di questo cantico visivo risiede nella sua universalità, è la storia di due esseri umani, dell’Uomo e della Donna intesi come categorie filosofiche ed antropologiche, che appartiene a tutti, non è di nessuna epoca né di nessun luogo. Indissociabile poi l’apporto musicale di Hugo Riesenfeld alla piena riuscita del film.

Dopo i meno riusciti “I quattro diavoli” e “Nostro pane quotidiano” Murnau torna a girare, nel 1931, un altro capolavoro, il suo ultimo: “Tabù”.  Film maledetto insieme a “Nosferatu”, dal forte senso estetico dove il protagonista/eroe è il prestante Matahi innamorato della bella maori Reri che però non può toccare perché votata agli dei da un tabù.

L’amore impossibile tra due giovani , il loro idillio ,l’incomprensibilità e la freddezza del rito ,e un destino a cui non si può sfuggire, sono sublimati anche dalla natura tanto bella ed incontaminata quanto ostile.

Entusiasta romantico o ossessivo che sia stato,Friedrich  Wilhelm  Murnau era sempre protratto verso nuove sperimentazioni e contaminazioni, inesorabile ed irrequieto fin quando un incidente automobilistico pone fine alla sua vita.

di A. Grasso


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