Ma mettiamo che il vicino (che lascia il wifi aperto) sia uno stronzo. Così, eh, tanto per dire.
Mettiamo pure che oggi non sia andato al mare. Che sia rimasto a casa, con mio padre che dorme e delle zanzare che banchettano allegre sulla mia pelle (e col mio sangue).
Dopo essersi fatti tre docce e sei canne (ok, questo no)le occupazioni qua finiscono.In tre giorni ho già girato tutti i negozi del borgo, e la tv trasmette unicamente programmi in grado di arrecare danni permanenti ai due neuroni che mi sono rimasti (se mai ne ho avuti altri).
Escludo subito anche l'ipotesi di allenarsi coi quiz per la patente, cominciare a organizzarsi per università e altre
La noia diventa, a questo punto, tangibile e densa, tanto da poter essere tagliata a fettine. Un po' come la polenta. Allora, usare il wifi del vicino per un giro su internet non appare poi così grave. Soprattutto se il suddetto vicino non è esattamente simpatico, come già spiegato. E ci sono due cose possibili da fare:
1) Smaltire la rabbia per l'ormai ben noto maglione McQueen che non sono riuscito a comprare, impossessandomi di questo di Zzegna:
(Z Zegna SS 2013 Ads, Va da sé che il figone non sia io)
La proposta è interessante, soprattutto dopo aver scoperto che la mia nonna ricca, morta anni fa, mi ha lasciato un ricco fondo per gli studi universitari(l'altra -quella rimasta- è quella anormale e anticonformista, lo dico per amor di cronaca). Ma usare dei soldi per un motivo di cultura mi sembrerebbe voler tradire nel profondo la mia identità ignorante. E quindi potrebbero benissimo essere usati per foraggiare il mio shopping, tra cui il maglione.
2) Scrivere un post. Che è quello che state leggendo (quindi, ma solo per il momento, l'ipotesi maglione è stata accantonata). Un post(momento di pausa mentre scrivo, ho appena ucciso una zanzara. Questo è il bello della diretta!) da vero intellettuale dell'ombrellone, come da titolo.
Riflettevo su alcuni "simboli" di ribellione giovanile e controcorrenti usati nell'abbigliamento, come i teschi, le borchie, il mimetico. Tutti e tre hanno vissuto un passaggio che li ha portati a diventare vocaboli importanti nel linguaggio della moda,(quella delle grandi maison e delle sfilate): "Chaos to Couture", per citare la mostra che si è appena chiusa a New York. Un processo di "normalizzazione" che inizia già dopo la prima guerra mondiale per il mimetico (1919 la prima volta, ci dice Wikipedia). L'evoluzione delle borchie è più graduale, e va avanti dagli anni '70 ad oggi, quando, con la collezione Rockstud, Valentino le ha rese il massimo del borghese (per leggere due righe di più, la voce di Voguepedia sulle borchie). Il teschio, invece, è legato alla figura di Alexander McQueen, lo stilista inglese che è riuscito a mantenerne intatta l'allure macabra. Poi, complice forse anche il fatto che la casa eponima, dopo la sua morte, sia diventata molto più commerciale, anche questo è diventato un decoro svuotato di ogni messaggio angoscioso e anticonformista. Ora si trova addirittura applicato su quelle orride similbirkin in plasticaccia verde fluo, immancabili al braccio di molte 14enni romane (probabilmente -speriamo- solo per pochi mesi).Tutte queste intelligenti osservazioni nascono dopo aver visto questo maglione di Valentino:
(da Ssense - sapete, ho un paio di mutande molto simili, ma vi risparmio la foto;))
Mi piaceva, ma proprio qui stava il problema. Non sono mai stato un fan del mimetico, e così mi sono chiesto: ma mi piace davvero o è solo perchè è di marca? Ci ho riflettuto molto, ho partorito il piccolo mostro che ho scritto tutto qua sopra, e poi sono giunto a una conclusione.
Quindi, in fin dei conti, promosso.
Do you agree?
PS.: Il servizio del post del giorno è chiuso per ferie. ;)