Io, in tutta onestà, non riesco a criticare più di tanto un film come From the Dark (2014). Non perché mi abbia particolarmente colpito, né perché apprezzi particolarmente il regista, quel Conor McMahon che qualcuno forse ricorderà per Stitches (2012) che recensii qualche annetto fa. No, alla fin fine From the Dark è il solito film, con la solita trama, i soliti protagonisti che fanno cose
Dicevo, solita trama, con una coppia in gita che va chissà dove e la macchina che si arresta in un pantano. Ovviamente l'unica soluzione è andare alla ricerca di una casa in mezzo al nulla. Peccato che presto farà buio e che quel buio nasconde i mostri. Come ha sempre fatto.
Se alla fin fine McMahon gira il solito (survivor) horror con le solite meccaniche e rispettando i soliti canoni del genere, è pur vero che lo fa alla grande. Il suo stile è privo di sbavature, è un bravo regista e lo dimostra gestendo i primi minuti di pellicola tra silenzi e una paura alla luce del tramonto, per poi sbatterci in faccia la solita coppia e il loro chiacchierare costante che ce la fa conoscere. Ovviamente il regista non si perde in chiacchiere troppo a lungo e ci vuole poco per far entrare il film nel vivo di una situazione scontata e carica dei soliti cliché: due protagonisti in difficoltà che decidono beatamente di dividersi, cellulari senza campo, una casa isolata, il nulla più profondo e la notte. Quella stessa notte che è uno scrigno di paure e ansie, tanto che basta lei a colmare i buchi di budget, i pochi personaggi (quattro in croce) e la ripetitività del tutto. Quasi si girasse senza meta solo per far capire allo spettatore che del buio bisogna avere ancora paura. Una paura fottuta.
D'altro canto la luce è nemica dei mostri che si celano nell'oscurità, ma anche della suspance. Con la luce tutto diventerebbe chiaro, persino i limiti di una pellicola che soffre la povertà dei mezzi. Con la luce il mostro prende forma è non è più così terribile, così pauroso, mentre nella notte senza stelle McMahon può gestire la creatura, farcela percepire, intuire, intravvedere. Ma mai mostrare (se non alla fine). E sinceramente, vedere il suo profilo su per la collina, la sagoma di un cacciatore notturno che si staglia nel suo mantello come un mostro romantico di stokeriana memoria, mi ha fatto quasi più paura di tante scene di fantasmi in tanti inutili film fotocopia. Tutto procede nel più scontato dei modi, tanto che sai dove si andrà a parare e in che modo. Si urla, si grida, ci si fa forza (la forza di una coppia che tra poco non sarà più) e alla fine si cade nel silenzio. Un silenzio che fa male e che mette i brividi. Perché chi non ha più nulla non ha più nulla da dire e a quel punto ci si può solo attaccare alla vita con tutte le proprie forze.
Ripeto, in From the Dark non c'è nulla di nuovo e forse nulla per cui valga la pena di guardare questo film. Si sta lì, tra The Descent, Jeepers Creepers e un qualunque film di mostri/zombie/vampiri. Eppure qualcosa mi ha colpito e forse basterebbe la scena di addio più bella che mi sia parsa di vedere negli ultimi anni a farmelo promuovere. Senza consigliarlo, che ai più non piacerebbe. E forse avrebbero ragione.