Il nuovo accordo fiscale destinato ai frontalieri ieri è stato al centro del dibattito della seduta della Commissione Speciale Rapporti Lombardia Svizzera, presieduta da Antonello Formenti (Lega Nord). A spiegare i contenuti del documento, che ancora deve passare in Parlamento, è stato il negoziatore per il Governo Italiano Vieri Ceriani, alla presenza dell’Assessore Francesca Brianza (già Presidente della Commissione) e dei Consiglieri Francesco Dotti (FDI), Mauro Piazza (NCD), Luca Gaffuri e Alessandro Alfieri (PD), Daniela Maroni e Lino Fossati (Lista Maroni) Stefano Buffagni e Paola Macchi (M5S). Numerose le parti in causa che hanno partecipato tra cui i sindaci dei Comuni di frontiera, i frontalieri e le organizzazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL, ACLI italiana e svizzera, UIL frontalieri, SSP/VPOD Ticino, UNIA e USS, SYNA, OCST, INAS Svizzera). I temi più discussi sono stati la nuova tassazione e il pagamento della sanità per i frontalieri, i ristorni ai Comuni e numerose altre questioni.
Il Presidente della Commissione Antonello Formenti (Lega Nord) con l’assessore regionale Francesca Brianza e Vieri Ceriani, consigliere del Ministro per le politiche fidcali del MEF
Frontalieri, in Regione incontro tra le parti: in aumento le tasse, al lavoro per ristorni e sanità. L’accordo, che sarà operativo nel 2019, in sostanza cambia il meccanismo di tassazione, prevedendo che alla Svizzera resterà il 70% (oggi era il 100% salvo poi il ristorno del 40% per i Comuni di frontiera) mentre lo Stato di residenza applicherà le proprie imposte sui redditi delle persone fisiche. Vieri Ceriani ha aggiunto che le nuove norme saranno sottoposte a eventuali revisioni ogni 5 anni e che si prevede un adeguamento al nuovo trattamento entro 10 anni. Mentre sui ristorni è previsto un apposito articolo nella legge di ratifica. Preoccupazioni sono state espresse sia dai rappresentanti delle Province e dei sindacati che hanno segnalato due perplessità: l’incertezza sui ristorni ai Comuni che potrebbe creare ricadute occupazionali e l’aggravio di tassazione per il lavoratore frontaliere e di conseguenza per la sua famiglia.
Le parole dell’assessore regionale Francesca Brianza. “Sono soddisfatta del fatto che tante problematiche siano state affrontate proprio in questa commissione e hanno permesso anche a noi di Regione Lombardia di conoscerle meglio. Originariamente avevamo chiesto di essere parte dei tavoli che avrebbero partecipato alla revisione degli accordi bilaterali, così purtroppo non è stato. Al contrario della Provincia di Sondrio che adesso ha anche la possibilità di avere rapporti internazionali con la vicina Svizzera, Regione Lombardia non ha questa possibilità e trovo surreale questa cosa. Benvenga per Sondrio, dispiacere per noi di non poter fare altrettanto. Abbiamo fatto chiarezza su alcuni passaggi e si sono aggiunti elementi importanti. Anche sulle tempistiche di una futura sottoscrizione entro giugno e di un’entrata in vigore a seguito della legge di ratifica per il 2019, con la conferma dei dieci anni. Lo snodo cruciale è proprio quello della legge di ratifica che vedrà coinvolto il nostro Parlamento, che tratterà temi essenziali per noi: i ristorni, con il saldo dei comuni che deve essere uguale a quello attuale, e le problematiche legate al trasporto transfrontaliero, che sono sempre aperte e negli anni sono andate ad acuirsi. E’ fondamentale, inoltre, il trattamento fiscale dei frontalieri: all’interno della legge di ratifica noi come Regione Lombardia continueremo ad interloquire tramite i nostri atti di indirizzo e attraverso momenti di confronto come questi. Mi fa piacere che hanno partecipato tutti i sindacati e che hanno trasmesso tutte le loro esigenze, puntuali e dettagliate. Trovo positivo anche che i frontalieri si stiano organizzando per essere finalmente parte attiva di un dialogo. Così possiamo sapere cosa sta succedendo da un lato tra Roma e Berna e dall’altro cosa succederà nel nostro Parlamento e poter intervenire tempestivamente. L’ultimo passaggio è quello della sanità: purtroppo ci stiamo rendendo conto che in questi anni, per una serie di dinamiche e problematiche, i rapporti sono andati a surriscaldarsi, creando una tensione difficilmente gestibile. Da un lato le misure ticinesi, sulle quali ci siamo sempre confrontati e abbiamo sempre trovato riscontro: i carichi pendenti, il casellario. Dall’altro lato anche in Italia si sono verificate una serie di attività che hanno destato preoccupazioni e allarmismo, con la situazione che è andata via via degenerando. L’ultimo tassello è stato proprio quello del servizio sanitario nazionale, applicato in Regione Lombardia a macchia di leopardo con alcune ASL che lo applicano ed altre che non lo fanno. Il tutto è nato da una circolare inviata dal ministero nel 2015 ed è andata ad inserirsi in un momento storico di incertezza, quando c’era già sul tavolo la revisione degli accordi bilaterali e quando si parlava di un 2018 di mutamento del regime fiscale con la doppia imposizione, quindi in tutto questo paniere si è inserita anche la questione del servizio sanitario nazionale. Interpretata da alcune parti in un modo, da altre in un altro, il tema è stato sollevato e sarà oggetto a brevissimo di una seduta congiunta delle due commissioni competenti perchè è evidente che questa situazione così facendo non ha senso di esistere. Non si può andare in questa direzione, ci deve essere un’applicazione univoca che evidentemente vada nel senso in cui ci siamo detti. Il frontaliere con il sistema dei ristorni già paga la sanità e non è da considerarsi un evasore”.
Le parole del consigliere regionale Alessandro Alfieri. “La sanità è competenza di Regione Lombardia e il presidente non aveva approfondito il tema. Così abbiamo spiegato loro come interpretare la circolare. Spero che mandino direttive chiare in modo tale che nessuno paghi. Dovranno così essere rimborsati quelli che hanno già pagato. Sui ristorni c’è l’impegno di tutte le forze politiche: nel momento in cui ci sarà la ratifica si dovrà mettere un articolo ad hoc che dica ‘quella parte in cui introita lo stato italiano deve esser lasciata ai comuni di frontiera’. Su questo noi ci batteremo perchè il sistema dei ristorni, sotto una formula diversa, è necessario si mantenga e possa permettere a mantenere quel livello di servizi che con la tassazione normale non può essere garantito. I ristorni potrebbero essere minori, ma diventerebbero più certi: noi oggi siamo soggetti alle intemperanze dall’altra parta perchè è capitato venissero bloccati più volte. Proprio per questa ragione dovremo inserire questo nella legge di ratifica, ma il governo è già disponibile a farlo e con tutte le forze politiche possiamo fare questa battaglia insieme per confermare l’ammontare, che oggi è garantito dal sistema dei ristorni da un fondo preciso presso il ministero dell’Economia e delle Finanze. Il confronto è necessario tra tutti e farlo in questa sede istituzionale è fondamentale. Io penso che finora sia stato fatto molto allarmismo. Nell’articolo 2 della legge di ratifica bisognerà andare a individuare la fase di transizione e come verrà recepito l’accordo: complessivamente quale sarà l’impatto della tassazione fiscale in Italia rispetto a quella che viene fatta in Svizzera e lì bisognerà considerare la franchigia di 7500 euro e tutte le detrazioni che oggi non sono possibili per chi viene tassato oltre confine. Ad oggi, secondo le stime, non sappiamo ancora quanto saremo tassati. Non è possibile. Chi ha cominciato a ragionare in questo senso, vale a dire il ministero delle Finanze, dice che per i redditi medio-bassi addirittura potrebbe esserci un piccolo vantaggio, senza fare però l’errore opposto”.
Le parole di Paolo Lenna, sindacalista CGIL di Varese per i frontalieri. “Dalla riunione sono emersi due temi, quello relativo alla sanità e quello della tassazione. Per la sanità credo sia stato proficuo: la posizione sindacale della CGIL di Como ha difatti ottenuto il consenso da parte di tutte le forze politiche, Lega Nord, Pd e Movimento 5 Stelle, e noi ci muoveremo con una nota scritta nei prossimi giorni, per dimostrare che i frontalieri non devono pagare la sanità, visto che è compresa all’interno dei ristorni. Per la tassazione, invece, il lavoratore frontaliere avrà complessivamente un trattamento migliore rispetto a quello italiano. Il Governo, infatti, ha imposto il problema dell’equità fiscale e dovremo lavorare sulle conseguenze, che saranno spalmate e andranno a regime nei prossimi trent’anni. Come CGIL, inoltre, abbiamo stimato che le retribuzioni medio-basse non saranno danneggiate, mentre ad avere un po’ più di svantaggi saranno quelli con stipendi medio-alti. Continueremo a monitorare la situazione, presentando le problematiche ed evidenziando ogni singolo caso”:
L’opinione di Alessandro Casali, vicesindaco di Luino.”Occorre l’impegno da parte di tutte le forze politiche affinché gli accordi siano rivisti. La tassazione che verrà applicata ai frontalieri non può essere diversa da quella del precedente accordo. Il Governo, infatti, non può mettere in ginocchio intero territorio svendendo 60mila famiglie per i suoi accordi sul rientro dei capitali”.
Il commento finale del sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione Comuni italianidi Frontiera (ACIF), Pietro Roncoroni. “Per quello che riguarda i comuni di frontiera, con il nuovo metodo di calcolo per il ristorno cambia ben poco. Dal 38,8% attuale si passa al 40% del calcolo che lo stato italiano farà in base ai dati concessi dallo stato svizzero. Cambia, però, il senso: oggi, nei comuni, arriva quasi il 40% dalle tasse sui frontalieri e si spera avverrà anche in futuro, quando il prelievo sarà attuato. Il Governo attualmente ha garantito il ristorno ai comuni di frontiera, ma con la ratifica dell’accordo in sede parlamentare, potrebbe avvenire che ogni anno la finanziaria modifichi le percentuali. Quindi è giusto chiedersi se è meglio sottostare alle direttive svizzere o se mettersi nelle mani del Governo che potrebbe cambiare la quota di versamento di queste tasse nei comuni. A chi diamo maggior fiducia? Oggi c’è il ministro Padoan, ma se domani dovesse cambiare, cosa succederà? Per quanto riguarda la tassazione, invece, il negoziatore ha affermato che il frontaliere ‘subirà’ una giustizia sociale, parificandolo al lavoratore italiano. Questo accade già in altri paesi esteri ed è difficile da controbattere. Il tema caldo è quello relativo alla franchigia di 7500 euro, verso il rialzo, con la decurtazione della base imponibile che riconosce il disagio del lavoratore estero. Questo va bene per paesi come la Francia, San Marino e l’Austria, che sono paesi comunitari, ma per la Svizzera, che è un paese extracomunitario con una moneta diversa, la questione è diversa. Dovremo combattere sul trattamento fiscale per far crescere la franchigia, che dovrà essere riconosciuta a livello parlamentare in sede di ratifica”.