Non è tutto oro quello che luccica.
È questo che mi ripeto ogni volta che penso al 2006 e più precisamente alla vittoria di Reese Whiterspoon agli Oscar.
Non mi è mai piaciuta come attrice, sempre troppo rigidina e laccata.
I ruoli che le affibbiano in ogni commedia, poi, non la aiutano di certo a conquistarsi la simpatia generale e di certo non la mia. Ne è l’ulteriore prova Fuga in tacchi a spillo, commedia che non brilla di originalità, in cui la biondina mascellona interpreta una poliziotta tutta grammatica e poca pragmatica a cui viene data la possibilità di uscire dalla sua guardiola per passare all’azione su strada scortando una testimone di giustizia coinvolta in traffici di droga.
La malsana idea di convertire un buddy movie in chiave rosa era già venuta a Paul Feig nel 2013, con quell’obbrobrio di pellicola “Corpi da reato”. L’eredi della Bullock e della McCarthy quest’anno sono state Sofia Vergara e, per l’appunto, Reese Whiterspoon. Un connubio di due personalità e fisicità contrastanti che avrebbe dovuto suscitare l’ilarità generale per mezzo di stereotipi agèe e gag riciclate.
Ciò che fa rabbia è che a dirigere questa pellicola priva di una trama fondata è stata la stessa mano che, nel 2009,ha dato alla luce una commedia brillante come Ricatto d’amore. Anne Fletcher, coreografa ancor prima che regista, sta volta non ha saputo far ballare le sue polle e più che a Fuga in tacchi a spillo pare abbia dato vita a Galline in fuga.
I dialoghi non spiccano d’originalità, la comicità è forzata all’inverosimile, l’interpretazione delle due attrici in alcuni punti risulta perfino sopra le righe e l’intento è la più che evidente necessità di tappare i buchi di sceneggiatura.
A salvarsi è solo la colonna sonora firmata Christophe Beck, per il resto è un film più che dimenticabile, come dimostra anche lo scarso successo al botteghino.
A fuggire, in tacchi a spillo o meno, a quanto pare sono stati gli spettatori!
Se avete visto Fuga in tacchi a spillo fatemi sapere se vi è piaciuto nei commenti!